Dovrei imparare tante cose

Sono ritornato in quella chiesa il giorno dopo.

Ovviamente troppo tardi per trovarla aperta e guardare i dipinti che conserva al suo interno (il tempismo, ribadisco, non è il mio forte) che l’amico con cui mi ero incontrato consigliava di vedere (vedi “Un giorno riderò di tutto questo“). Sono andato con l’intenzione di riuscire a fare finalmente qualche foto, è dal 17 di Dicembre che non riesco a farne una che mi piaccia (praticamente non riesco proprio a farne. A Milano [ Vedi “Le due giornate di Milano (cinque mi sembravano troppe)“] sono stato un’ora e mezza in piazza del Duomo senza fare un solo scatto. Ero lì a guardare la gente che passava aspettando di trovare l’istante significativo da fissare ma proprio non ci riuscivo. Fino a che non ho deciso di andarmene e prendere la metropolitana dove, al contrario, c’erano due innamorati stupendi poco più in là dal posto in cui mi trovavo io. Il resto del mondo non esisteva per loro, intenti come erano a cercarsi, a tenersi, a guardarsi, a sorridersi [la prima fase dell’innamoramento quella in cui ti senti volare. Ma la realtà suggerisce che sicuramente uno dei due finirà per tradire l’altro, prima o poi]. Nella mia mente avevo un fermo immagine della foto che avrei voluto fare, ma ovviamente non potevo senza essere visto e senza risultare una specie di maniaco, anche se sarebbe stato bello prendere l’istante in cui erano persi l’uno nell’altra [un po’ come “Le baiser de l’hotel de Ville“, per intenderci {benché quelli di Doisneau pare fossero due attori} ma dubito il risultato sarebbe stato lo stesso]) e mi sono messo a girare cercando di vedere qualcosa di bello, di significativo, che mi dicesse qualcosa.

Giravo da solo con la mia macchina fotografica in mano per questo viale alberato guardandomi intorno, sperando di avere una specie di folgorazione. Non c’era nessuno. Dopo poco arriva una macchina e parcheggia accanto alla mia, davanti alla chiesa, alle mie spalle, mentre io sono nel viale. Guardo gli alberi tutti in fila e vedo una persona che viene verso di me dal fondo del viale con un cane al guinzaglio. Mi fermo e aspetto che si avvicini. Il cane tira per venire verso di me; lo guardo e sorrido. Alzo lo sguardo e vado ad incappare negli occhi della ragazza con i dreadlocks che teneva il guinzaglio. Mi sorride e mi saluta senza che ci conoscessimo. Io rispondo con la voce un attimo roca (sono senza voce in questi giorni) e abbozzo un sorriso, forse stentato, ma giuro, sincero e spontaneo.

Va oltre e lascia libero il cane che subito inzia a scorrazzare per il campo saltellando in tutte le direzioni. Mi muovo a cambiare obiettivo e avere quello giusto per poterlo fotografare. Voglio prenderlo mentre è in movimento, quando salta, quando scorrazza, quando felice fa le feste alla sua padrona. Ma quando ho fatto il cambio non si muove più. Rimango ad aspettare. La ragazza si avvicina alla macchina parcheggiata che era arrivata poco prima. Scende una donna e si mettono a parlare. Continuo ad aspettare con la macchina fotografica in mano senza perdere di vista il cane.

Dopo una decina di minuti salgono tutti in auto e vanno via.

Sempre quota zero con le foto.

Ma porto a casa un sorriso in un momento in cui ne ho pochi. Dovrei imparare da te che sai sorridere e fare un regalo ad uno sconosciuto, dovrei imparare a dire qualche parola in più, dovrei imparare ad essere diverso.

Dovrei imparare tante cose.

Secondo me....

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