In questo periodo ho un gran bisogno di fuggire e di andarmene lontano, in altri posti. Lontano dall’essermi reso conto che certi lavori non li farei nemmeno per 4000 euro al mese e mi ritrovo a farne uno di questi per molto meno. Però, come mi ripeto di frequente, “potrebbe andare peggio potrebbe piovere“. Così sono partito e me ne sono andato a Milano a farmi un giro per qualche mostra, giusto per obbligare il mio cervello a fare qualche sforzo diverso dal leggere o dormire davanti ad un film.
Mi portano in Piazza Scala – Gallerie d’Italia, la cosa che mi stupisce più di tutte è quella parola che mai si sente dire all’entrata dei musei : gratis. Non si paga nulla. E se solitamente le mostre gratuite sono delle cazzate clamorose questa, al contrario, non solo è allestita bene, ma i locali sono lindi, puliti, nuovi, organizzatissimi anche se un pochino reazionari (apprendiamo nostro malgrado che non si può parlare al cellulare e veniamo subito bacchettati) e si dimostra insolitamente molto interessante. Arte Moderna, Canova e Cantiere del Novecento. Assolutamente da vedere. All’interno opere del famoso Fontana e altre meno note (almeno per me) dell’entourage milanese e non, diviso per correnti pittoriche. Di particolare interesse (per quanto mi riguarda, in luce dei miei trascorsi “studi” [forse l’espressione è un po’ forte] sulle illusioni ottiche) la stanza sulle sperimentazioni visive degli anni ’70.
Avrebbe poco senso mettersi qui a parlare di tutte le opere e quindi pongo attenzione solo su due. Una per un motivo futile e stupido, l’altra no.
La prima è un’opera di Carla Accardi che mi ha colpito per quanto sia inguardabile. Non nel senso di brutta. Ma nel vero senso della parola. Guardarla dal vivo per più di qualche secondo fa venire male alla vista e dona un senso di fastidio difficilmente sopportabile.
Fenomenale.
La seconda opera in realtà è un’installazione di Emilio Isgrò, L’ora italiana. Consiste in una stanza alle cui pareti sono appesi venti supporti rotondi, ognuno dei quali dotato di un orologio su cui è segnata un’ora diversa. L’orologio è il tema ricorrente (gli stessi supporti sono rotondi come un quandrante) e fa riferimento al famoso orologio della stazione di Bologna. L’installazione è infatti dedicata alla memoria delle vittime della strage alla stazione ferroviaria. Si entra nella stanza buia (suppongo, sia quello il punto di inizio dell’installazione) accompagnati da un leggero ticchettio di orologio. Poco alla volta la luce aumenta di pari passo con l’ossessività del ticchettio che si fa sempre più insistente, forte e proveniente da entità multiple. All’apice di questa climax la stanza è pervasa da un rumore quasi assordante, che si interrompe quando la luce arriva alla sua massima intensità. A quel punto tutto si ferma, rimane il silenzio e la stanza illuminata per alcuni secondi, prima che tutto si faccia buio.
Il tempo che lentamente arriva all’attimo della deflagrazione che in un unico bagliore cancella tutto, fino a far cadere il buio della morte su tutto.
Veramente efficace.
Riesce a turbare e ad emozionare dal profondo. Vedere le rappresentazioni di persone senza volto è inquietante. E’ come se la luce dell’esplosione strappasse i volti e cancellasse presente, passato e futuro rendendoli dei simulacri di uomini e di quotidianità.
Vuoti.
Come se avessero perso l’essenza del loro essere.
La vita.
E’ l’orrore della morte, la spoliazione di tutto ciò che rende vitali. Sparire nel nulla in bianco istante di luce che precede la buia tenebra.
I delitti degli uomini che cancellano la propria identità insieme a quella delle proprie vittime.
Grande Isgrò.
Anche se non sapevo chi cazzo fossi.
Tu e Carla Accardi.
Al pomeriggio vado al PAC (Padiglione di Arte Contemporanea) a cui un genio ha anteposto un “2”, diventando “2PAC“. Un omaggio dissacrante ma geniale anche per uno come me che non apprezza particolarmente il rap. Purtroppo il PAC è chiuso e mi tocca ripiegare sulla Galleria d’Arte Moderna (in prima battuta ho scritto Moderda, chissà cosa voleva dire il mio inconscio con questo lapsus….) a Villa Reale. Non c’è molto da dire a parte che mi sono annoiato. Però è gratis. E poi scopro che il ritratto di Manzoni che si vede sempre in giro e quello di Rosmini (non ho tempo di spiegare chi sia) che ricordo sul libro di Filosofia dell’università sono stati fatti da Hayez.
Eh vabbè.
E dire che “Il bacio” mi era piaciuto.
A me 2pac piaceva e piacciono anche le mostre gratis e il senso di evasione che mi regalano e per questo penso dovrebbero essere ad un prezzo sociale perché c’è sempre bisogno di evadere un po’.
Descritta molto bene l’idea di Isgrò, bella!
Sono piuttosto digiuno in materia di rap e di 2pac conosco solo un paio di canzoni.. Hai assolutamente ragione, dovrebbero essere molto più alla portata economica di tutti. Tra l’altro la mostra in Piazza Scala è proprio bella.
Infatti ultimamente ho TANTO bisogno di evadere. 😉
Grazie mille.. 🙂