Mary and Max – Adam Elliot

Mary Daisy Dinkle è una bambina australiana con una grossa voglia sulla fronte che vive insieme alla madre alcolizzata ed al padre che lavora in fabbrica e preferisce impagliare uccelli piuttosto che stare con lei. Un giorno, sfogliando l’elenco telefonico di New York, si domanda se anche negli Stati Uniti le persone trovino i bambini nella birra come le aveva spiegato il nonno e decide di domandarlo ad una di quelle persone. Scrive allora una lettera ad un nome a caso che risulta essere quello di Max Jerry Horowits, un grasso uomo di 44 anni, ebreo, ateo, comunista, asociale e affetto dalla Sindrome di Asperger che trascorre le sue giornate nella solitudine del proprio appartamento, insieme a diversi animali e alle proprie bizzarre abitudini. Inizialmente Max è terrorizzato dalla domanda su come nascano i bambini ma poimary and max decide di rispondere iniziando una corrispondenza epistolare che..e da qui in poi è meglio non farsi scappare assolutamente questo capolavoro di cartone animato.

Semplicemente stupendo.

L’effetto magone è stato devastante pur conoscendo il finale (che non spoilero) quindi non oso immaginare cosa possa fare a chi non ne è a conoscenza.

Girato in stop motion, è una perla di bellezza che riesce tranquillamente ad oscurare i suoi simili tecnici di registi più famosi, come Tim Burton, con una semplicità disarmante. Max and Mary racconta con il cuore la storia di un’amicizia a distanza tra due fragili emarginati che trovano l’uno nell’altra un appoggio inaspettato nei confronti della vita. Anagraficamente e geograficamente distanti, Mary e Max condividono il fatto di percorrere lo stesso tipo di strada accidentata che, al contrario, li accomuna e per questo li rende meno soli. Non potrebbero essere più diversi eppure allo stesso tempo più simili: una bambina con una famiglia disagiata che deve affrontare i problemi della crescita e un uomo maturo che non è mai riuscito a risolverli, quei problemi.

Ma anche nell’isolamento più cupo e nella solitudine più profonda si nasconde l’implicito desiderio di apertura perché esso non è mai totalmente assente ma è solo molto più spesso ostacolato dalla paura, per questo da una semplice richiesta ingenua qualcosa si evolve e si trasforma in maniera tanto delicata quanto imprevedibile.

C’è una quantità enorme di temi e di rimandi che possono echeggiare all’interno dello spettatore che sono difficili da identificare in maniera completa perché in ogniindex sequenza ci possono essere miriadi di spunti personali: c’è l’amicizia, la rinuncia, l’emarginazione, l’amore, l’abbandono, il lutto, la crescita, la capacità di andare avanti, l’apparenza, il lutto, la depressione, la trascuratezza, e così via, in poche parole c’è tanta vita districata in un’ora e mezza di tempo. La semplicità con cui certe domande vengono fatte (“How could someone be an accident?“) o con cui vengono espressi alcuni concetti (il cervello può sorridere anche se il viso non lo fa) rimanda ad una dimensione di profondità che travalica l’espressione del concetto in sé e per sé e va oltre l’apparenza, portando verso inversioni di prospettive impattanti nella personale visione delle cose, nell’esatto momento in cui si prova ad assumere lo sguardo di un altro con reale partecipazione.

Una storia indimenticabile ed originale, lontanissima dagli schemi stucchevoli e melensi a cui siamo ormai assuefatti ma che, al contrario, propone spesso situazioniindex dolorose e un linguaggio crudo e diretto che non fa sconti ma che, proprio per questo, riesce a mescolarsi con una visione coinvolgente dell’esistenza arrivando all’essenza della poesia più delicata. Sorprende per il candore e per il netto contrasto con la forza emotiva di certe situazioni di abuso e di degrado. Non viene fatto nessuno sconto sul dolore e sulla sofferenza ma allo stesso tempo nemmeno sulla possibilità di sorridere e di provare un’ampia gamma di variegate emozioni positive, imagesdolci e amare attraverso un’ironia sottile e leggera, priva di mistificazioni auliche ma ben ancorata alla realtà. La numerosa quantità di riflessioni e di osservazioni contenute conferiscono un valore esistenziale e poetico nel delineare senza falsità gli andamenti di una relazione amicale. Si prende, si interrompe da una parte, si riallaccia, si interrompe dall’altra ma in qualche modo c’è sempre qualcosa di più intenso che la fa riemergere per la sua autenticà nella dimensione dell‘incontro autentico.

Mettere fiducia nella relazione la rende più forte e a prova di qualunque sollecitazione

Adam Elliot ha girato più che altro cortometraggi e questo è il suo unico lungometraggio ma, che dire, un lavoro strepitoso non solo dal punto di vista dei contenuti ma anche visivo. Le immagini fotografiche dall’atmosfera gotica e scura di New York, alternatate a quelle di un’australia daimagesi colori tenui e dai cieli stellati, riportano a metafore psicologiche in cui la commistione ambientale è inevitabile.indexb Il colore e l’assenza di colore sottolineano provenienze e contaminazioni tra i due mondi che vanno ad interferire ed intersecarsi nell’evidenza che, non sono queste caratteristiche esteriori ad avere valore, ma l’investimento di cui vengono caricati gli oggetti, simboli e prolungamenti dell’essenza di una persona.  Al cast delle voci hanno partecipato Philip Seymour Hoffman ed Eric Bana ma, pur riconoscendone la bravura in generale e non nello specifico, tutti i meriti vanno insindacabilmente al regista e al suo lavoro di anima.

Imperdibile. Ho fatto veramente fatica a non svelare il finale, semplicemente commovente, di cui bisogna godere a fondo, perché il peso che possiamo avere nella vita degli altri è veramente imprevedibile.

imagese

Toccante.

Giudizio in minuti di sonno: Sveglio dall’inizio alla fine e troppo coinvolto per correre il rischio di dormire anche solo per sbaglio.

 P.S. Devo la scoperta di questa preziosa perla a questo blog il cui curatore ha smesso di pubblicare post da quasi 3 anni ma a cui vanno comunque i miei ringraziamenti.

4 pensieri su “Mary and Max – Adam Elliot

  1. Eh sì, davvero notevole… La cosa che non capisco è come mai non siano riusciti a fare una versione doppiata in italiano (i distributori dormono?) ed invece continuino ad ammorbarci con film dallo spessore culturale da filo interdentale!

Secondo me....

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