Riggan Thompson (Michael Keaton) è stato un grande attore di film spudoratamente commerciali in cui interpretava il ruolo del supereroe Birdman che, ormai finito nel dimenticatoio e troppo invischiato con quel personaggio, cerca di riscattare le proprie capacità attraverso il teatro a Broadway, mettendo in scena l’opera di Raymond Carver “Di cosa parliamo quando parliamo di amore”. L’ossessione di lasciare una grandiosa (e mai riconosciuta) eredità artistica lo conduce non solo ad una lotta con i propri fantasmi interiori ma anche con le ostilità dell’ambiente critico teatrale che si oppone al suo progetto sminuendone il valore e pure, come se non bastasse, con tutta una serie di difficoltà personali nel barcamenarsi con: i problemi finanziari sottolineati da Jake (Zack Galifianakis), i difficili rapporti che con la figlia Sam (Emma Stone) nella cui vita non è mai stato presente o con l’attore primadonna Mike Shiner (Edward Norton) che..da qui in poi è meglio guardare il film.
Ultima fatica del messicano Iñárritu, conosciuto per 21 Grammi e Babel, con cui il regista ha fatto incetta di nomination agli Oscar 2015 e con conserva lo stile asciutto visto nelle pellicole precedenti ma che non sembra fare un così tale salto di qualità da giustificare la pioggia di entusiasmi unanimi che sembrano arrivare un po’ da tutte le parti. Se il film può essere registicamente interessante con la scelta ossessiva di seguire sempre gli attori da dietro negli spostamenti con interminabili piano sequenza, con primi piani ostentati per sottolineare i momenti di verità e con musiche scarne assegnate quasi completamente all’uso di una batteria d’accompagnamento, di cui è chiara la ponderatezza delle scelte (che tuttavia possono risultare fastidiose per l’eccessivo manierismo) dall’altra parte risulta allo stesso tempo freddo e asettico, come se non avesse un’anima. I drammi rimangono sullo schermo come mera esposizione e senza fare un salto verso lo spettatore che, si, ogni tanto ride anche, ma sembra assistere ad un autocompiacimento referenziale. La critica all’ambiente pseudo intellett
uale ed elitario di Broadway e al narcisismo vanesio e ridicolo delle celebrità del cinema, non bastano a dare spessore ad un film in cui nemmeno la superficie viene scalfita ma in cui si rimane su di un livello cronachistico del raccontare una storia che aveva superiori potenzialità anche nei suoi frequenti sviluppi surreali e nei continui cambi di fronte che, per quanto risultino sempre fonte di sorpresa, sono anche parecchio abusati e finiscono per dilungarsi troppo sul finale.
Cast interessante con un Michael Keaton sicuramente al di sopra delle sue potenzialità in un ruolo che avrebbe potuto avere risvolti decisamente migliori e con un inedito Zack Galifianakis finalmente in un ruolo diverso da quello dei vari rincoglioniti a cui ci aveva abituati. Al duetto Edward Norton – Emma Stone spetta il premio per il miglior momento (seppur prevedibile e banalotto) di una commedia drammatica in cui si ride poco e il dramma si respira solo a distanza, nonostante un’idea potenzialmente buona ma sviluppata con piglio hollywoodiano (e quindi senza autenticità) alimentata solo dall’intenzione di mandare un messaggio; pretesto che non basta per mandare avanti due ore di film, nemmeno con l’ausilio di virtuosismi e di innegabili bravure da primo della classe.
Tecnicamente buono, potenzialmente interessante, a volte imprevedibile, a tratti stancante, ironico e divertente, semplicemente manca di un’anima e se proprio non annoia, a volte poco ci manca. A distanza di tempo emotivamente non rimane nulla. Rimangono alcune suggestioni visive. Basta.
Sopravvalutato e dimenticabile per un film che suscita alte aspettative.
Giudizio in minuti di sonno: sveglissimo per tutta la durata e rimasto fino allo spegnimento totale di tutte le luci in sala nella speranza di un ultimo spezzone che mi provasse che il pensiero “non può essere tutto qui” non fosse vero.
…è da un po’ che penso di vedere questo film e leggere un parere diverso dalla massa mi fa piacere: le mie aspettative risultano un tantino ridimensionate. Giusto per non rimanere troppo delusa 🙂 ultimamente mi è successo con più di un film eccessivamente osannato. La tua recensione mi sembra molto equilibrata.
Di solito non mi fido della massa però avevo letto delle recensioni talmente entusiastiche che ho deciso di andarlo a vedere. Non so se dipenda dal fatto che avevo aspettative troppo alte o dal fatto che io trovi certi tipi di piani sequenza profondamente irritanti ma, in generale, non mi sembra di aver visto un capolavoro, mi saprai dire..
Nemmeno io normalmente mi fido troppo, a volte mi sono dovuta ricredere, a volte sono rimasta delusa (credo di essere una delle poche persone al mondo a non aver apprezzato completamente Gone Girl); vediamo con questo come va, ormai sono curiosa. Ti farò senz’altro sapere 🙂
Sai che non l’ho ancora visto Gone Girl? Non aveva attirato la mia attenzione più di tanto ad essere sinceri fino in fondo..
Allora attendo! 🙂
Birdman voglio proprio vederlo. Magari quando non se ne parlerà più e avrò meno aspettative. Sono quelle che poi ti fregano, anche quando il film è oggettivamente piacevole.
Hai ragione, di solito anche io mi tutelo dalle aspettative e dalle polemiche facendo passare parecchio tempo, anche se tendo ad essere oggettivo, però questa volta avevo proprio voglia di andare al cinema.. 😀
Credo che lo vedrò in dvd invece. Al cinema sicuramente no…
Davvero bella recensione, se ti va ho scritto 5 motivi per cui per me, invece, Birdman è un bel film:
https://vitadolceamara.wordpress.com/2015/02/18/5-motivi-per-guardare-birdman-2014/
Negli ultimi tempi invece ho trovato davvero sopravvalutato Whiplash
https://vitadolceamara.wordpress.com/2015/02/18/5-motivi-per-non-riguardare-whiplash-2014/
Se ti va fammi sapere cosa ne pensi.
Ho letto quella su Birdman e condivido alcune cose come era scritto nel post.. il giudizio in minuti di sonno non è mai un giudizio di valore ma solo statistica personale.. 😉
Whiplash non l’ho visto, quando mi capiterà ti dirò..