Giulia de Martino (Matilda de Angelis) è una giovane promessa del Campionato Italiano GT a cui muore il padre allenatore. Rimasta sola con il fratellino piccolo deve vincere assolutamente il campionato per poter saldare tutti i debiti contratti dal padre e riscattare la casa ipotecata, aiutata dal solo fedele meccanico Tonino (Paolo Graziosi). A casa loro si trasferiscono però nel frattempo il fratello maggiore Loris (Stefano Accorsi), ex talentuoso pilota che non vedeva da dieci anni, insieme alla fidanzata. Entrambi tossicodipendenti, inaffidabili e totalmente imprevedibili rischiano di creare ulteriori gravi problemi all’interno di una situazione già molto delicata ma Giulia è costretta, in quanto minorenne e con un fratellino piccolo, ad accettare momentaneamente la presenza di Loris nella veste di tutore per evitare l’arrivo dei servizi sociali. Diretta ad una gara di campionato, la ragazza offre dei soldi a Loris per aiutarla come tuttofare fino a quando non scorge le rimanze del vecchio talento, gli propone di allenarla e…da qui poi è meglio guardare il film.
Il panorama cinematografico italiano degli ultimi anni è diventato talmente deprimente e nelle mani di un esiguo manipolo di persone capaci che quando ci si imbatte in un film sopra alla media non si può fare a meno di essere entusiasti.
E’ una soddisfazione guardare Veloce come il vento e constatare che è ancora possibile fare qualcosa di bello senza finire nelle macchiette, nei luoghi comuni, nel piattume. L’unico vero difetto di questo film è quello di essere abbastanza prevedibile dall’inizio alla fine perché segue uno svolgimento piuttosto lineare e già visto ma, attenzione, perché “prevedibile” non significa necessariamente banale. Infatti nell’affrontare una storia già raccontata quello che finisce per fare realmente la differenza è il modo con cui essa ci viene narrata e, da questo punto di vista, Matteo Rovere è ineccepibile. Non ha grandi virtuosismi visivi, e nemmeno è sua intenzione cercarli, ma segue i giusti ritmi narrativi per coinvolgere nella visione della più pura essenza di una storia e soprattutto senza pietismi farlocchi, accanimenti posticci o giudizi eccessivi. Con quel poco che ci lascia vedere fa capire tutto, senza ricadere nei luoghi comuni. Gli si può rimproverare solo una mezza gigionata alla fine per provare a fare il “colpo di scena”, veramente troppo telefonato affinché ci si caschi (senza spoilerare mi riferisco al minuto successivo al termine della gara) ma sono sottigliezze. In un genere che ha dato i natali a cagate abominevoli come “Driven” con Sylvester Stallone, paccottiglia di inutilità inarrivabile, Veloce come il vento spicca per il garbo e la sincerità degli intenti.
E non è dire poco.
Conquista l’attenzione dall’inizio perché da subito mette in condizione di parteggiare con i due personaggi principali, Giulia e Loris, anche se per motivi diversi. Tanto la prima ha bisogno del riconoscimento che merita quanto il secondo è alla ricerca di riscatto. Si tifa per entrambi, perché si vuole vedere un sogno realizzato come si vuole vedere rialzarsi chi è caduto in basso. I talenti e le occasioni sprecati immancabilmente mettono malinconia, perché in un mondo che stritola e schiaccia c’è bisogno di persone che sappiano rimettersi in piedi. Scomodare Ernest Hemingway è sicuramente eccessivo, eppure il personaggio di Loris, ispirato per altro alla vita del rallysta Carlo Capone, calza con la frase “se un uomo ha avuto una cosa una volta, ne rimane sempre un poco” ed è per questo motivo che inevitabilmente si è indulgenti con la sua persona, perché aldilà dei suoi modi, si riconoscono i barlumi di una dignità che prende le redini dopo ogni caduta. Quando si entra in una spirale discendente è molto difficile uscirne, non impossibile ma difficile, e facilmente si cade nel biasimo verso chi non riesce a risalire.
Interpretazione decisamente pregevole per la giovane Matilda de Angelis al suo lungometraggio di esordio che le è valso diversi riconoscimenti e premi vinti, molto brava e senza sbavature. Notevole anche Stefano Accorsi che pur attestandosi leggermente sopra la sua media (fatta oggettivamente di alti e bassi, di momenti realm
ente non eccelsi e di una recitazione piuttosto simile anche in ruoli diversi) è veramente molto ispirato e in parte. Recita come al suo solito ma senza gli sfiatamenti insopportabili visti ne L’ultimo bacio o i toni di voce monocorde e sempre uguali a cui ormai ha abitutato il suo pubblico. E lo dice chi personalmente ne ha un profondo rispetto prima di tutto per aver preso parte a Santa Maradona (capolavoro!) ma anche per diverse interpretazioni come in Romanzo Criminale, Le fate ignoranti e La vita facile. In periodi adolescenziali si possono anche apprezzare Radiofreccia e Jack frusciante è uscito dal gruppo ma inevitabilmente quando rivisti da adulti hanno il solo effetto di irritare quanto un prurito infrachiappe. Gli altri attori ci sono e non hanno particolari pecche ma nemmeno guizzi significativi, oscurati come sono dai due protagonisti.
Pregevole, godibile e da non lasciarsi scappare per errori di sottovalutazione; merita di essere visto per ricordarsi che in Italia c’è ancora la voglia di raccontare qualcosa che non venga da un manipolo di dementi chiusi in una casa.
Bello.
Giudizio in minuti di sonno: Nonostante l’ora tarda per la prima volta da qui a tre anni circa (o forse di più) sono riuscito a vedere un film, non al cinema, senza dormire un solo minuto.
Incredibile.
Vero, gran bel film. Per quanto riguarda l’irritazione infrachiappe sono d’accordo in parte, perchè se per Jack Frusciante si necessita di appositi farmaci anti-prurito a base come minimo di cortisone sino ad arrivare al napalm, per Radiofreccia direi che una bella grattata potrebbe bastare.
E Santa Maradona è un capolavoro, grazie soprattutto a quella sagoma di De Rienzo XD
Bella recensione!
Se vogliamo distinguere direi di si..
De Rienzo è favoloso in quel film anche se è aiutato molto dai dialoghi..