La trama della prima opera di Dickens ruota intorno alla figura di Samuel Pickwick, protagonista e fondatore di un omonimo circolo, che viaggia nell’Inghilterra della prima metà dell’800 in compagnia dei suoi amici Winkle, Snodgrass e Tupman descrivendo situazioni paradossali e bizzare attraverso cui delinea una società edulcorata molto ben diversa dalla realtà cinica e disillusa che emergerà nei suoi romanzi successivi. Alle vicende dei protagonisti si intrecciano quelle dei due truffatori Jingle e Job Trotter e quelle di svariati altri personaggi tra amori, equivoci e comicità garbata.
Considerato uno dei capolavori di Dickens (ai tempi della sua travagliata pubblicazione pare che l’uscita mensile dei vari capitoli divisi in fascicoli fosse un vero “eventone” tra le famiglie inglesi), questo suo primo romanzo si dipana per più di mille pagine raccontando le avventure umoristiche e, a tratti ironiche e dissacranti, di un personaggio che si muove all’interno di una Inghilterra a noi distante e di alcune sue contraddizioni (gli avvocati, la prigione per i debitori, la politica, l’informazione,..) che ritrova molte assonanze con la società attuale ma tuttavia trasposta in un clima di cavallerismo buonista, a tratti zuccheroso e stucchevole, in cui una finta formalità sorridente vuole dipingere una positività troppo illusoria per non fare a cazzotti con una ben nota realtà deprimente. Lontanissimo dalle incursioni sociali e dai drammi sviscerati nelle sue opere successive, si scorgono tematiche più cupe e disilluse in alcuni racconti drammatici e toccanti, intrisi anche di soprannaturale, che con pretesti sempre diversi interrompono la narrazione principale per fare spazio a quello che rappresenta il vero lato migliore di questo romanzo, quello in cui emerge il Dickens noto al grande pubblico, con delle perle coinvolgenti ed intense che anticipano la poetica che lo renderà celebre. Lo stile generale è fluido ma non avvolgente e si perde in dettagli infinitesimali e descrizioni senza fine in una mancanza evidente di fatti salienti che portino avanti la narrazione, con personaggi che risultano privi di spessore psicologico e perlopiù piatti.
A tratti sembra di leggere Tre uomini in barca ma scritto da qualcuno notevolmente più bravo e capace ma che ha imperversato per molte, ma molte, più pagine.
Personalmente una lettura faticosissima, un parto. Tuttavia è valsa solo per questa frase del capitolo conclusivo “Vi sono ombre scure sulla terra, ma le luci sono più forti per contrasto.“
Perché alla fine un briciolo di positività non bisogna mai perderla, il resto lo dice la frase.
Il circolo Pickwick e` stato uno dei romanzi della mia giovinezza, letto con un entusiasmo senza riserve e maestro per me di uno spirito dissacrante verso il conformisnmo sociale che non mi ha piu` abbandonato.
mi chiedo che effetto mi farebbe rileggerlo oggi, ma certo la tua recensione mi meraviglia un po`. 😉
🙂 Sono cosciente del fatto che non sia condivisibile, anche perché si parla di un mostro sacro, ma mi sono sempre ripromesso di non farmi piacere qualcosa per pura adesione formale..
In generale è molto probabile che non sia riuscito a cogliere lo spirito che ti ha entusiasmato. Credo, e sono sicuro che sarai d’accordo con me, che alla fine sia solo una questione di sensibilità diverse.. oppure, come diceva Freud, “se non capisci il libro, sei tu il deficiente e non l’autore.” 😀
no, potrebbe esserci una spiegazione diversa, mi viene in mente adesso.
il fatto e` che per me, che lo leggevo alla fine degli anni Cinquanta o poco dopo, quella socielta` formale e zuccherosa, che Dickens prende in giro ferocemente, era viva e presente, e quindi io coglievo lo spirito dissacratorio del libro dall’interno quasi di quello stesso mondo (escludendo qualche variante locale titpicamente inglese).
tu sei cresciuto invece in una societa` completamente diversa, alquanto disinibita per non dire inselvatichita e non puoi cogliere la devastante critica contro quel mondo, che ti rimane estraneo; e infatti, a sorpresa grande per me, a te Dicknes sembra una espressione di questo stesso mondo e non un suo critico.
Penso sia vero. Ho visto dell’ironia e della critica ma non con l’immediatezza e la forza a cui il tuo commento invece mi riporta o che mi aspettavo di trovare. Sono probabilmente distante da quegli aspetti comunicativi e da una contestualizzazione altrettanto distante per me.
Diciamo di si, non sono riuscito ad apprezzare questi personaggi che risolvono ogni divergenza nella bontà e nel “va tutto bene e ci capiamo” (che in realtà è solo uno degli aspetti di un libro sicuramente molto più elaborato) di cui il protagonista è l’incarnazione. Invece i racconti disseminati qua e là mi hanno coinvolto perché sono struggenti, sporchi, tragici, emotivi. Qui però penso che sia realmente una questione di gusto perché tendenzialmente preferisco leggere romanzi più viscerali, oltre al fatto che la relazione con una lettura per me è molto immediata, a pelle, se non riesco ad entrare nella storia non c’è verso.
Sono convinto che se avessi letto qualche suo altro romanzo lo avrei apprezzato molto di più.