Rabbia – Racconto

Sono seduto su questa sedia.
Di fronte a te.
A me.
Non serve a nulla questa sontuosa tavola imbandita se tieni le mie braccia incatenate, se non mi permetti di mangiare, di nutrirmi, di banchettare con il sangue pulsante delle tue vene, con le interiora contorte e tese che ti stritolano il fiato come se fossero attorno al tuo collo. Due adunche mani di ostetrica che mi fanno rinascere ogni volta in cui il tuo cuore si fa nero.
Perché non mi vuoi guardare?
Ti faccio così paura?
Riesci a leggere la frustrazione nei miei occhi e la voglia di saltarti al collo e divorarti?
Riesci a vedere la mia tenebra anche quando mi faccio suadente e vellutato?
Le mie zone scure sono le tue zone scure.
Sono la tua ombra, non ti libererai di me agevolmente.
Non esistono catene che io non sia in grado di spezzare per poter arrivare a bisbigliare al tuo orecchio frasi oscene e a coprire i tuoi occhi con il velo della menzogna e della paranoia.
Ti raggiungerò per guastare ogni tuo sorriso.
Ovunque.
Tu sei mio.
Non mi puoi imbrigliare.
Non mi puoi ammansire con le tue inutili carezze.
Prospero nelle tue insicurezze, nei tuoi dubbi, nelle crepe della tua razionalità, pronto ad infettare ogni tua ferita con i miei morsi.
Minerò quella stessa razionalità a cui ti aggrappi con ragione. Perché non sono ragionevole. Sono sibillino, sinuoso, vengo dal nulla, dall’entropia, per accecare il tuo sguardo e azzoppare il tuo cammino.
Le tue ali sono in mano mia, sono io che ti rendo pesante, che ti trascino nella melma.
Sono sempre lì. In fondo al tuo cuore, in un passato distante, in affronti recenti, nelle visioni di futuro, a ricordarti ogni singola occasione in cui avresti dovuto darmi spazio invece di tenermi a marcire dentro di te.
Sono la tua prostituta. Mi rifiuti con sdegno ma ogni volta ritorni.
Vomito sui tuoi capelli ogni mio rigurgito bilioso.
Non senti che sono sempre al tuo fianco?
Quanta energie spendi ogni volta per soffocarmi?
Guardami.
Credi di farmi scivolare via?
Io sono qui.
Non le senti le mie urla?
Porgimi il tuo orecchio.
Credi di potermi ignorare ancora a lungo?
Abbandonati.
Stai facendo fatica?
Ansimi.
Sento un anello debole nella tua catena.
Quanto ti stai sforzando?
Più mi trattieni e più mi dai forza. Non vuoi lasciarti andare al mio urlo irragionevole?
Non ti solletica la mia lingua sui tuoi lobi quanto la mano sui lombi?
Non senti i brividi sulla tua pelle e l’ebrezza del controllo che ho sui tuoi nervi?
La tua anima è monca, mi appartiene.
Mi fai quasi tenerezza ogni volta in cui ti volgi altrove, perché il mio guinzaglio su di te è sempre più corto di quanto non immagini.
Non vuoi giocare un po’ con me?
Lo sai che sono sbagliato.
Ma ascolta quello che ho da dire.
Guardami.

Secondo me....

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