Una delle operazioni più difficili da accettare, ad ora, rimane l’idea di darmi credito.
E’ facile montarsi la testa quanto spalmarsi di merda fino a rendersi immeritevole di attenzione.
Riuscire a riconoscersi un valore e una dignità, ad ora, rimangono obiettivi auspicabili e raggiungibili nonostante strascichi di umiliazioni che da sempre fanno da muro invalicabile. La maestra che grida, le ragazze che respingono, gli insuccessi, la paura del fallimento, il fallimento che inevitabilmente arriva, le forzature a seguire strade che non ti appartengono, la sopportazione, la rabbia, le frasi subite con sufficienza, le accuse ingiuste, le menzogne, gli errori, l’ansia, la depressione, il senso di oppressione nel sentirsi senza uscita, la vergogna, il disagio di un aspetto esteriore vissuto totalmente come alieno rispetto alla media e innumerevoli sensi di inadeguatezza rispetto ad ogni situazione mescolato al senso di vivere perennemente fuori luogo.
Obiettivi non solo auspicabili ma, alla fine, nemmeno poi così lontani come sembrano.
In fin dei conti l’esistenza è costruttiva nel senso che ogni piccolo pezzettino di merda è utile quanto quelle piccole schegge di luce che illuminano le giornate più buie. Non mi sento debitore solo con chi in momenti cruciali della vita ha saputo dirmi, a suo modo magari, “mi fido di te” lasciando intendere di vedere un valore che volevo negare, ma anche con chi ha rappresentato una profonda esperienza negativa. Perché anche nei brutti momenti sono sempre io, perché tutti quegli aspetti sgradevoli che spesso ho preferito soffocare, sono sempre io. Quelle parti negate sono mie, sono sempre io. Sono parti che non mi piacciono, ma sono sempre io, anche loro meritano di uscire.
Un atteggiamento vissuto come difetto per altri può essere un valore.
Il valore c’è, in chiunque.
Ma se negli altri sono stato in grado di vederlo la maggior parte delle volte, in me era una condizione inammissibile. Almeno fino a quando la stanchezza non ha iniziato a diventare eccessiva come il numero di scarpe che si pulivano sulla mia schiena.
Prima di tutte, poi, proprio le mie.
Che pesavano più di tutte.
Ed è stato, ed è difficile tutt’ora, riconoscerlo. E’ banale poterlo dire, ma è un’altra questione poterlo comprendere, il mio peggior nemico sono stato sempre io ogni volta in cui mi negavo di essere ciò che sono, qualunque cosa significhi.
Io, ogni volta in cui ho cercato di controllarmi, io, quando mi contenevo con ogni mezzo, io che volevo essere “un bravo bambino” dimenticando che si può essere buoni anche essendo incazzati, anche facendosi rispettare e dicendo quello che si pensa.
Perchè essere buoni non equivale ad incassare e fare da bersaglio.
A stare in silenzio per paura.
Paura di non essere accettati, di pensare diversamente, di non essere d’accordo, di apparire stupidi.
Di arrabbiarsi.
Anche se quella rabbia la tieni sempre lì pronta ad uscire, quasi mai con chi ne è la diretta causa. Perché ogni volta cala il pensiero “forse mi sbaglio e sono avventato” mentre la situazione è già chiara oltre ogni ragionevole dubbio.
L’ossessione dell’apparenza che non mi appartiene, ma che mi viene tramandata da una generazione che, invece, mi appartiene ma da cui voglio prendere le distanze in quello che non riconosco mio, nella consapevolezza che tutti possiamo sbagliare.
E anche su questo ci sarà da lavorare perché a volte è inammissibile l’eventualità che alcune persone possano sbagliare.
L’esperienza è una prova amichevole se affrontata come occasione di conoscenza e non come ricerca del successo.
E forse solo allora i contenuti potranno emergere, visibili come tatuaggi sulla pelle senza il bisogno di doverseli tatuare addosso.
Credo di “starci dentro” alla grande in quel che hai scritto, stessa rabbia repressa troppo a lungo, stessa voglia di sentirsi riconoscere un valore non per quello che dobbiamo per forza essere in questo mondo di merda ma, per quel che siamo, per quello che siamo veramente. Ho detto sempre e solo si, adesso inizio a dire no e pazienza se quei no portano a discussioni assurde, pazienza se sconvolgo chi mi ha sempre pensata quieta e “manovrabile”. Basta stare sotto gli altri, magari non arriverò mai sopra ma almeno a fianco ci posso stare. Non sono cattiva ma non sono nemmeno buona, non sono un demonio ma nemmeno una santa e se c’è qualcosa che ho fatto a meno di fare per sembrare “una brava bambina” adesso è il momento di fare di testa mia, sbagliando forse oppure facendo per la prima volta la cosa giusta per me.
Be Yourself – Audioslave –
Someone falls to pieces
Sleepin all alone
Someone kills the pain
Spinning in the silence
To finally drift away
Someone gets excited
In a chapel yard
Catches a bouquet
Another lays a dozen
White roses on a grave
To be yourself is all that you can do
To be yourself is all that you can do
Someone finds salvation in everyone
And another only fame
Someone tries to hide himself
Down inside their selfish brain
Someone swears his true love
Untill the end of time
Another runs away
Separate or united?
Healthy or insane?
To be yourself is all that you can do
To be yourself is all that you can do
To be yourself is all that you can do
To be yourself is all that you can do
And even when you’ve paid enough, been pulled apart or been held up
With every single memory of the good or bad faces of luck
don’t lose any sleep tonight
I’m sure everything will end up alright
You may win or lose
But to be yourself is all that you can do
To be yourself is all that you can do
Shadow in the sun e Be yourself mi sono sempre piaciute.
Per me la sorpresa più grande degli ultimi tempi è stata che non è dagli altri che devo avere dei riconoscimenti ma prima di tutto da me stesso e che la stessa rabbia che ho provato non era rivolta solo agli altri ma prima di tutto verso di me che permettevo si verificassero certe situazioni.
Non credo si riduca tutto ad essere solo stessi (ammesso e non concesso che veramente ci si conosca fino in fondo) ma credo sia di non poco aiuto, se non altro per evitare di trovarsi allo stretto..
Concordo. Non ci si conosce mai fino in fondo.
Del resto anche scoprirsi giorno per giorno può essere piacevole, specialmente quando si è in grado di riconoscere di avere risorse inaspettate..
Il problema sorge quando tu le risorse senti di averle ma te le schiacciano come mosche d’estate, te le stroncano, te le prosciugano. Scoprirsi piacevolmente ogni giorno e poi sentirsi sprecati… non lo so… forse è meglio non cercarsi proprio, restare “comfortably numb”…
Non sono d’accordo. Cercarsi implica arrivare alla consapevolezza dei propri limiti e tutelarsi di conseguenza.. Se le persone schiacciano, stroncano e prosciugano è anche in parte perché lo permettiamo, perché non ci sappiamo difendere, io penso..
in effetti temo sia proprio così… per me almeno; non so difendermi.
Nessuno credo lo sappia fare ma lo si può imparare..
Rileggo me stessa nelle tue parole. Siamo i peggiori sabotatori di noi stessi, una volta che lo abbiamo capito non dobbiamo permettercelo.
Riconoscersi non solo le colpe ma sopratutto anche i meriti con la medesima onestà è un notevole traguardo..