A nemmeno pochi giorni dall’elezione di Trump appaiono i primi “lasciatelo lavorare“. Sapendo come era andata a finire con Berlusconi gli americani mettono già le mani avanti con le frasi fatte.
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La visita ignota – Racconto
Oggi sono depresso.
E quando sono depresso l’unica soluzione è bere. Perché niente potrà salvare la mia anima marcia di alcol. Seduto a questo tavolino ci siamo solo io e te. E qualche donzella di vetro. Anche tu sei vuoto ma ogni volta ti riempo per svuotarti nuovamente. E’ un gioco piacevole anche se alla lunga mi provoca qualche cedimento alle gambe e alla coscienza, che scivola via tremante tra le ginocchia.
Sei un bel bicchierino.
Squadrato, trasparente, l’unica tua pecca è che la scritta che tanto mi inorgogliva nell’esibirla agli amici si sia sbiadita negli anni. Anche in questo non siamo poi tanto diversi. Anzi, tu sei l’esatta rappresentazione di quello che negli anni sono diventato. Una specie di ubriacone sbiadito senza identità.
Ma se proprio dobbiamo dirla tutta non me ne frega niente. Al punto in cui sono arrivato dovrei spegnermi una sigaretta sul braccio per riuscire a provare qualcosa per questo mondo schifoso e per il pattume che sono diventato. Eppure nemmeno mi vergogno. Semplicemente me ne frego. L’importante è che tu ci sia, sempre pieno, sempre torbato.
Il tavolo è coperto di giornali per evitare di sporcare. Non perché io li compri, sia ben chiaro. Li chiedo alla vicina di appartamento senza nemmeno leggerli. Sono polifunzionali e vanno bene per tutto. Ci apparecchio persino la tavola. A dire il vero l’ho fatto una sola volta e poi Continua a leggere
Dipinto di un crepuscolo
Coricato sulla sdraio verde, palmi delle mani sotto la nuca, me ne sto a guardare un cielo senza nuvole. Una specie di corda annodata che penzola dal gazebo si staglia in contrasto con il blu e si muove lentamente a destra e a sinistra. Sembra una ballerina che danza. Dovrei fotografare quel nodo, me lo dico da diverse sere ogni volta in cui lo vedo, ma non lo faccio mai. Le prime due stelle della sera si vedono Continua a leggere
Anche le rane s’incazzano
Mi sei venuta in mente poco prima di andare a dormire.
Erano quasi undici anni che non ti pensavo. Non è vero, precisamente undici anni che non pensavo a quella frase. E non sono più riuscito a prendere sonno. Ero tutto smielato nel farti capire che mi piacevi e come pronta risposta mi sentii dire Continua a leggere
Elogio della barba
Una delle cose (poche a volte) che mi entusiasmano dell’essere uomo non è poter pisciare in piedi ovunque come recitava la barzelletta (anche se è fonte di grandi soddisfazioni e piaceri incommensurabili non vincolati a “posizioni” e porte che non si chiudono) e nemmeno altre varianti legate a quella zona specifica, bensì Continua a leggere
Il cadavere di Venezia
La prima volta in cui sono stato a Venezia avevo sedici anni ed ero con la scuola. L’età e la situazione giusta per non capire un cazzo di quello che avevo intorno. Infatti ho pochissimi ricordi di quei giorni e negli anni avevo conservato la sensazione che non mi fosse piaciuta più di tanto, peraltro senza aver visto praticamente nulla. Gli anni del liceo sono quelli in cui Continua a leggere
Ricordi in musica
La prima canzone di cui abbia un ricordo, seppur indiretto, è “Find the cost of freedom” che per me era “Fain de cos do frido”. Me la cantava mio padre quando ero piccolo, molto piccolo. E ora che sono “grande” mi piacerebbe veramente sapere dove sia la libertà. La seconda canzone è il remix di “Living on my own” di Freddie Mercury. C’era anche quello di “Time“. Bellissimo. Ho conosciuto prima lui dei Queen. L’avevo sentita via Continua a leggere
Mi capisci quando parlo?
La ricorrenza dei malintesi nella vita è piuttosto comune ma uno in particolare si sussegue con precisione svizzera. Ed è riassumibile con un episodio della mia infanzia.
Erano le elementari e mi trovavo sul pulmino della scuola. Ero quasi arrivato alla mia fermata. Me ne stavo sul mio sedile a farmi i cazzi miei quando un altro bambino mi si avvicina e mi fa:
<< Mi capisci quando parlo? >>
Il bambino in questione non era il ritratto dell’avvenenza e puzzava pure. Non solo. Ogni volta che parlava Continua a leggere
Child in time
Mi hanno sempre incuriosito i collegamenti mentali. Quelli che ti vengono in mente da un input qualunque e che dopo una lunghissima catena di cose unite una all’altra ( in una personalissima e opinabile rete di nodi) ti portano altre cose che non c’entrano un cazzo con quella da cui eri partito. Senti dire “panino” e dopo una serie di flash ti ritrovi a ricordare un evento accaduto anni fa. E questo passando per tutta una serie di episodi e parole, legate solo con la precedente e la successiva, nel tempo di una frazione di secondo; nel cervello vedi passare la laurea, quella persona che una volta ti ha detto quella cosa, una torta sacher, il film di Moretti, una poesia, una tragedia, per arrivare ad una cazzata. Perché alla fine tutto si riduce alle stronzate. Viste, fatte, sentite o vissute, l’estrema riduzione di ogni fatto è quella. Che magari risulterebbe più gradevole definire come Continua a leggere
La grigola
Esco di casa e vedo la gatta della mia vicina ferma ai bordi del campo in posizione di caccia. Sculetta e muove la coda rapidamente a destra e a sinistra. Si lancia e in un paio di salti prende la sua preda. Non ho il tempo di vedere bene cosa sia ma sembra una lucertola.
Una grigola, Grigua in genovese. Così le chiamava mio nonno quando voleva aizzare il suo cane. Prinz. Uno stupido barboncino bianco.”Prendi la grigola! Prendi la grigola!” gli gridava mentre il piccolo botolo
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