Si può fare – Giulio Manfredonia

Nello (Claudio Bisio) è un sindacalista che non trova il suo posto “esistenziale” per via delle critiche che arrivano alle sue idee da ogni fronte. Almeno fino a quando non gli viene proposto di dirigere la cooperativa 180, dalla Legge 180 o Legge Basaglia, in cui sono impiegati pazienti usciti dai vecchi manicomi. Qui, a dispetto delle intenzioni del Dott. Del Vecchio (Giorgio Colangeli), Nello vuole dare un’impronta diversa alla cooperativa, che fino a quel momento aveva vissuto si_puo_fareeddi “elemosine”, creando un’impresa che lavori realmente sul mercato con il contributo concreto di tutti i pazienti. Dopo l’assemblea dei soci si decide quindi di avviarsi nella messa in posa dei parquet. Ad ognuno viene trovato un ruolo congeniale rispetto alle proprie capacità di lavoro e.. da qui in poi è meglio guardare il film.

Stupendo.

Ogni ovvio paragone con Qualcuno volò sul nido del cuculo, rischia di risultare impietoso e neanche poi così lecito. Si può fare si muove su di un terreno completamente diverso da quello del film di Forman, capolavoro intramontabile del cinema ed entrato nell’immaginario comune con diverse scene indimenticabili, in cui l’intento era chiaramente di denuncia con toni decisamente rivolti ad un versante drammatico. Manfredonia invece, fa tesoro dei capisaldi legati alla commedia all’italiana (quella storica, non quella recente) e costruisce una narrazione in cui, come nella miglior tradizione, si alternano momenti leggeri ad altri amari, senza mai perdere di vista la possibilità di veicolare un messaggio di valore.

Il risultato è una piccola perla di gran pregio.

La riflessione è sincera e autentica nel proporre una visione umana del disagio, non come una malattia limitante ma anche come una potenziale risorsa. Nello indexddsnon fa altro che valorizzare alcune capacità che risultano eccellenti se indirizzate nel posto giusto ed ognuno di loro riesce a lavorare al meglio se messo in un ruolo che gli si addica. C’è chi risponde al telefono per poter fare la voce suadente in attesa che la chiami Marco Predolin, c’è quello che separa i pezzi rotti di parquet dividendoli per colore, c’è chi si occupa della composizione creativa della messa in posa perché precisissimo, c’è chi guida (anche se non va oltre la seconda marcia perché ha già visto troppi incidenti) e così via. Ognuno di loro, grazie ad un trattamento umano inizia a migliorare effettivamente e a stare meglio (e questa non è finzione cinematografica ma realtà o buonsenso. Sull’altro versante anche una persona “normale” [qualunque cosa questo possa voler dire] se viene trattata come un coglione per anni prima o poi inizierà a sentirsi un coglione) accedendo ad una vita più compatibile con la dignità di un essere umano e del suo valore.

Non si tratta di un percorso facile e nemmeno esente da errori di percorso, i cui i beneficiindexedeaa psicologici sulla maggior parte sono però innegabili. La realtà di una verità che  porta al cambiamento. La possibilità per un attimo di provare empatia, mettersi nei panni dell’altro, sentirsi simili e restituire dignità a chi ne è stato privato è sicuramente quanto di più curativo possa accadere ad una persona. Se possono sembrare briciole è altrettanto vero che queste briciole vengono immediatamente raccolte da chi non ha mai avuto nemmeno quelle. Ed hanno un enorme valore. Troppo spesso nel raggiungere gli obiettivi ci affidiamo all’efficienza e non all’umanità, dimenticando che in quanto esseri umani abbiamo bisogno di relazione con i nostri simili per stare meglio.

Molto bella la scena in cui Luca (Giovanni Calcagno) non ha le forze perindex alzarsi dal letto e Nello si ritrova coricato a letto con lui, per non farsi picchiare, ma anche in un gesto di empatia che ricorda un po’ il Walking in my shoes che cantavano i Depeche Mode. Per provare a capire cosa provasse (empatia è camminare nel mondo di un altro come se fosse il nostro ma senza mai perdere la caratteristica del “come se”) scopre anche una enorme varietà di conseguenze sullo stesso fatto.

C’è spazio per la comprensione, per il dolore (appena accennato in alcuni frangenti) ma c’è a anche l’ironia di alcune scene e la risata che viene perlopiù delegata a Bisio. Quando parla vis a vis con il venditore del mobilificio è indimenticabile.

Cast buono anche se non particolarmente brillante. Claudio Bisio rifà sempre sé stesso con le sue modalità tipiche (non è né un pregio e nemmeno un difetto, è così) ma è comunque dfcsadeguato. Anita Caprioli è convincente (che sorpresa vederla dopo Santa Maradona e Non pensarci) e sicuramente calata nella parte, per quanto marginale. Di tutto il resto del cast si può dire che spesso passeggiano nei pressi del rischio macchietta senza troppi approfondimenti ma non inciampano mai completamente. Tutti bravi: Andrea Bosca, Giovanni Calcagno, Michele de Virgilio, Carlo Giuseppe Gabardini (figurante in alcuni spettacoli di Paolo Rossi come Romeo e Giulietta e noto per il suo ruolo di Olmo in Camera Cafè) Andrea Gattinoni, Natascia Macchniz, Rosa Pianeta, Daniela Piperno, Franco Pistoni e Pietro Ragusa. Giuseppe Battiston nel ruolo del “basaliano” Dott. Furlan è forse il più bravo di tutti, specialmente in luce dei suoi cambi di ruolo con coloriture spesso molto diverse. Basti pensare alle differenze in film come Pane e Tulipani, La giusta distanza, Un aldo qualunque, Non pensarci, Perfetti sconosciuti  e Chiedimi se sono Felice.

Assolutamente da vedere. Quando il cinema italiano è fatto bene si sente perché sa essere efficace ed incisivo, pur seguendo uno schema spesso prevedibile, ma puntando tutto sull’inestinguibile capacità di arrangiarci e di muoversi con umanità.

Giudizio in minuti di sonno: Primo e secondo tentativo nella prima serata andati a vuoto per dormite diffuse. In realtà ripiego su Si può fare dopo aver dormito per un paio di ore davanti a JFK di Oliver Stone. Lo recupero la mattina successiva e lo vedo tranquillamente dall’inizio alla fine.

Si può fare, non JFK, che è rimandato ad un altro momento.

Secondo me....

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