Fa troppo freddo per morire, La prima indagine di Contrera – Christian Frascella

Contrera è un investigatore privato che beve regolarmente birre Corona e usa la lavanderia a gettoni di Mohamed come ufficio per ricevere i clienti. Non per qualche motivo di anonimato e riservatezza ma solo perché un ufficio vero non se lo può permettere e nemmeno una casa propria, infatti vive nell’appartamento della sorella, dormendo insieme al nipote, sotto le minacce continue del cognato di sbatterlo fuori.  E’ un uomo alla deriva: ex poliziotto cacciato per corruzione, divorziato dalla moglie che lo odia quanto la figlia adolescente, senza una casa, Contrera ha perso tutto. Gli rimangono solo una panda Young, l’affetto dei nipoti, della sorella e la licenza da investigatore. Quando è lo stesso Mohamed ad ingaggiarlo per aiutare Driss, il nipote che improvvisamente ha iniziato fa troppo freddo per moriread indebitarsi con un malavitoso di origini albanesi, Contrera viene risucchiato in un’indagine dai risvolti imprevedibili.

Frascella è uno scrittore decisamente versatile. Sa muoversi agevolmente nei territori dell’adolescenza, come ha dimostrato con il suo splendido esordio in Mia sorella è una foca monaca, ma anche in territori molto più intimi e personali, come quelli esplorati in Il panico quotidiano in cui ripercorre a generosità del lettore un pezzo doloroso della propria vita, ed ora entra a gamba tesa nel settore noir con la prima indagine di Contrera. Lo stile è sempre ironico, quale andatura caratteristica e preziosa di ogni suo romanzo, coadiuvato da una narrazione molto scorrevole eppure allo stesso tempo magnetica nell’agganciare da subito alla lettura. Il suo inestinguibile punto di forza è la costruzione dei personaggi, sempre ben delineati nelle loro singolarità, credibili comunque anche nel surreale di certi frangenti. Contrera ha tutte le carte in mano del più classico degli investigatori hard boiled (seppur in spolvero moderno), a cui lo stesso Frascella ammette di aver preso ispirazione, nella rappresentazione di un uomo sbandato, bastonato, ma comunque un “duro”, uno di quelli che si portano cucita sulla pelle la propria disillusione, attaccata alla croce delle colpe passate che gravano come un pesante fardello verso cui la redenzione sembra inutile. Ogni gesto per migliorare è seguito da altri tre passi indietro a ricordare l’infamia di fronte al quale si può solo rispondere cercando di essere migliori di quello che si è stati. Nessuno è perfetto e tutti hanno qualcosa da nascondere, gli integerrimi apparenti sono solo colpevoli a cui ancora non è caduta la maschera, mentre Contrera vive la sua vita come un reietto, ai margini di una dignità interiore che conserva nell’orgoglio con cui cerca di non cadere ulteriormente in basso. La sua è l’amarezza di chi ha fatto tanti errori e prova a rimediare sapendo che non ne avrà alcun riconoscimento in cambio perché la colpa da scontare ha un prezzo enorme.

Un personaggio veramente ben costruito, ironico, sfigato ma non per questo che scende nel ridicolo dei suoi fallimenti, tutt’altro, è l’esempio di coloro che ogni giorno provano ad andare avanti anche a fronte di una quotidianità che non risparmia dolorosi colpi al volto che si incassano con la grandezza del perdente e dei suoi sbagli.

L’esordio di Contrera è assolutamente esplosivo e ha il suo cardine nell’aver donato un carisma importante ad un personaggio, quanto è stato fatto precedentemente per altri protagonisti di polizieschi come Rocco Schiavone, Salvo Montalbano, Philip Marlowe, Marco Coliandro, ecc (cito i miei preferiti ma si potrebbe andare anche su più classici), che rappresenta per ognuno il fattore di successo.

Dal punto di vista della trama e della narrazione non c’è nulla da dire, in alcune parti iniziali sembra che faccia fatica a prendere il ritmo ma è una vaga sensazione perché in realtà il susseguirsi di eventi è tutt’altro che scontato e prevedibile. A metà romanzo si pensa di aver capito tutto ma in realtà Frascella illude con maestria perché si sta solo accompagnando Contrera nel processo investigativo senza poterne anticipare le conclusioni. Ed è senza dubbio un obiettivo raggiunto che, per esempio, invece Antonio Manzini aveva clamorosamente mancato in Pista nera, il primo della serie di Rocco Schiavone.

L’unico aspetto non particolarmente convincente è la parte di scrittura conclusiva, si parla proprio delle ultime righe, che pare un pochino troppo retorica e sembra Frascella calchi la mano nel dare drammaticità, ma si tratta di un dettaglio insignificante e inutile perché è veramente un romanzo di valore, con un personaggio che si affiancherà certamente ad altri illustri protagonisti, se seguito con amore e cura.

Secondo me....

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