Lorenzo (Rimau Grillo Ritzberger) è un adolescente rimasto orfano che viene adottato da una coppia di Udine (riconoscibile da Piazza della Libertà e la Loggia del Lionello). Apertamente omosessuale, viene da subito emarginato e bollato per il suo essere appariscente e, come se non bastasse, pure osteggiato persino dai professori stessi (o almeno da quelli più dichiaratamente ottusi). I genitori adottivi però lo sostengono e Lorenzo trova anche amicizia in Blu (Valentina Romani), una ragazza a sua volta emarginata perché aveva fatto sesso di gruppo con il fidanzato e i suoi amici. I due, la sera in cui vengono esclusi da una festa di compleanno, decidono di coinvolgere nelle loro uscite anche il solitario Antonio (Leonardo Pazzagli), bravissimo a giocare a basket ma poco popolare e spesso deriso perché considerato stupido e.. da qui in poi è meglio guardare il film.
Interessante terzo lungometraggio di Ivan Cotroneo che si impegna in una trasposizione cinematografica del suo omonimo romanzo e che, sfortunatamente, è passato piuttosto inosservato al pubblico ma leggermente meno in sordina alla critica.
Premesso che negli anni sono state prodotte valangate di film a tema adolescenziale (per stare su quelli disponibili su questo blog, I 400 colpi, American Graffiti, This is England,..), la caratteristica del genere spesso è quella di voler fotografare una generazione nelle sue peculiarità, attraverso un’istantanea che poi diviene subito anacronistica perché quelli che sono i tratti distintivi dell’adolescenza contemporanea vengono inevitabilmente persi nella generazione successiva più prossima. L’adolescenza cambia molto rapidamente e difficilmente se ne può delineare un ritratto imperituro che rimanga immutato, al massimo ci si può riferire ad un breve momento specifico, perché nel giro di poco i giovani modificano costantemente i propri riferimenti, miti e modalità espressive al punto da segnare spesso il famigerato gap di separazione generazionale. Secondariamente sono anche i primi ad assorbire le modifiche contestuali (vedi l’avvento del cellulare) rincorrendo una cultura personale che si discosta sostanzialmente da tutto quello che la precede, in una netta separazione, motivo per cui se prima per la maggior parte si ascoltava musica metal, grunge, punk e poi ska, ora si parla di Young Signorino o Liberato.
La conseguenza è che qualunque ritratto venga fatto degli adolescenti diventa quasi subito passato e non più immagine fedele del presente.
Un bacio, momentaneamente, sembra invece esplorare la realtà adolescenziale attuale evidenziando alcuni punti che sembrano caratteristici senza andare troppo a fondo ma evitando comunque eccessive banalizzazioni.
Intanto il rapporto con i genitori che si presentano molto più orientati ad essere accoglienti emotivamente piuttosto che impegnati ad imporre in maniera autoritaria un modello di adesione coatto alle regole, tendenza rilevata anche nella realtà da alcuni autori di Psicologia (1). I genitori sono tendenzialmente più comprensivi e accoglienti, orientati a spronare il figlio verso la propria realizzazione (le conseguenze di questo atteggiamento non sono trattabili in questo contesto), anche se nello stesso tempo anche visibilmente in difficoltà nella funzione punitiva e di regolamentazione, come i genitori di Lorenzo. Altri invece nascondono tutta la propria delusione ed amarezza rivelandosi incapaci di fungere la funzione di figura di riferimento, come la madre di Blu, costringendo la figlia ad adultizzarsi per prendersi cura della madre stessa, al fine di evitarle ulteriori delusioni. Blu è dovuta maturare precocemente per l’incapacità di una madre di sostenerla e per la necessità di quest’ultima ad essere sorretta che costringe Blu, per salvare la figura della madre, a non confrontarsi con lei sul terreno
su cui potrebbe dimostrarsi più brava, ma che è tanto importante per la madre, ovvero la scrittura. La dinamica tiene fino a quando, giustamente, il carico emotivo su Blu si fa troppo grande per la sua portata e le due sono costrette a ritornare nei rispettivi ruoli sociali, nell’esatto momento in cui la figlia riesce a vedere una realtà che fino a quel momento pensava diversa e sentendosi per la prima volta quello che è, un’adolescente, e a chiedere aiuto. I genitori di Antonio invece vivono nel lutto della perdita del figlio prediletto e nel cercare di salvaguardare quello che è rimasto ma, contemporaneamente, veicolando in maniera sotterranea quella che era una preferenza familiare, probabilmente evidente, la quale alimenta il vissuto di inadeguatezza e le insicurezze di Antonio, costretto in qualche modo a sostenere un ruolo che non è il suo (per esempio andando a caccia), con confronti logoranti e con il fantasma del “avrebbero preferito che fosse accaduto a me”.
Oltre la famiglia c’è il gruppo di riferimento e la scuola che, facilmente, tendono a stigmatizzare e emarginare gli elementi più fragili (non necessariamente diversi), estromettendoli dalla vita comune attraverso il biasimo e la derisione. Le caratteristiche distintive finiscono a fare da bersaglio per gli altri attraverso pregiudizi che vengono alimentati dal sistema educativo (e da alcuni zelanti docenti ottusi) il quale porta avanti lo sbagliatissimo standard di pensiero comune che “se la vittima viene presa di mira ha senza dubbio fatto qualcosa”. Idea pericolosissima perché finisce spesso per ribaltare i ruoli carnefice / vittima, portando a biasimare quest’ultima come causa del proprio male. Emblematico il caso estremo della donna stuprata che, secondo questo ragionamento, solo per il fatto di indossare una minigonna “se la sarebbe cercata”, che non ha senso alcuno perché ognuno ha diritto di fare quello che gli pare senza che nessuno si possa sentire autorizzato ad oltrepassare i limiti degli altri. Non esiste ragione al mondo che lo giustifichi in nessun caso.
E comunque, in netto contrasto con questa sciocchezza della “provocazione”, un’emblematica mostra artistica ha dimostrato quale fosse la vera natura dei vestiti indossati da vittime di stupro i quali erano decisamente quotidiani e non provocanti.
In generale, si toccano non solo omosessualità e accettazione ma anche la questione più recente legata ai cellulari e alle riprese video ossessive, unite ad una difficoltà a decifrare la realtà. Il culto dell’immagine, dell’apparire e la loro violenza esasperata contro ogni forma di intimità la quale diventa prevaricazione e manipolazione dell’altro a fronte della diffusione incontrollata di video privati in cui si viene messi alla gogna mediatica come colpevoli, sbagliati, sporchi quando invece si è solo vittime.
Cast buono rispetto alle prove di attori praticamente esordienti che risultano comunque decisamente credibili e in ruolo. Dal punto di vista registico nulla da far impazzire ma senza dubbio dignitoso, curato e che ha saputo sfruttare con sapienza scorci molto belli di Udine nei frangenti in cui era possibile, visto che è giustamente più focalizzato sulla storia e sulla narrazione.
Da vedere per una panoramica aggiornata intuitiva dell’attualità adolescenziale.
Giudizio in minuti di sonno: Sveglissimo dall’inizio alla fine nonostante l’ora tarda e nonostante avessi appena finito di vedere American Graffiti.
(1) Pietropolli Charmet, G., Bignamini, S. & Comazzi, D. (2010). Psicoterapia evolutiva dell’adolescente. Milano : Franco Angeli.