1971. L’elezione di Anna (Micaela Ramazzotti) come “mamma più bella” in uno stabilimento balneare della riviere livornese incrina gli equilibri della famiglia Michelucci. Il padre Mario (Sergio Albelli) ha una crisi di gelosia e costringe Anna ad andare via con i figli piccoli, Bruno e Valeria. E’ proprio Bruno (Valerio Mastandrea), diventato un adulto infelice, a rievocare la propria storia personale e famigliare, in occasionedell’incontro con la madre (Stefania Sandrelli) malata e ormai invecchiata, partendo proprio da quella fatidica estate in cui tutto ebbe inizio.
Candidato 2011 agli Oscar per miglior film straniero, ricevette 18 Candidature ai David di Donatello 2010 ma vinse solo 3 premi: per la miglior sceneggiatura (scritta da Virzì insieme a Francesco Piccolo e Francesco Bruno), miglior attrice protagonista e miglior attore protagonista.
La prima cosa bella è, di primo acchito, difficile da inquadrare rispetto alla produzione precedente di Virzì. Tralasciando N (Io e Napoleone), il cui ricordo finisce per svanire facilmente, il primo pensiero inevitabilmente riporta a quel capolavoro che era Ovosodo ma anche, marginalmente, al non eccelso seppur gradevole, My Name Is Tanino. In entrambi prevaleva un senso di leggerezza mescolato all’ingenuità con cui si muovevano i protagonisti in contesti decisamente più grandi di loro, di cui scoprivano le contraddizioni nei rispettivi viaggi di crescita e formazione, non lontani da cocenti delusioni.
Qui invece è come se ci fosse stata una virata rispetto a queste pellicole.
Non in senso di migliore o peggiore ma semplicemente verso campi diversi. Dalle delusioni si passa a sfumature più amarognole. Nel raccontare una storia famigliare Virzì fa spazio ad una maggiore profondità di visione, intrisa di una malinconia e di un sentimento che rimangono però imprigionati in uno sviluppo più rigoroso e meno ruspante delle altre pellicole. L’operazione non lo priva di efficacia comunicativa ma gli conferisce, diversamente, sfumature più realiste ed intime di narrazione.
Il ritratto famigliare è il pretesto per dipingere le responsabilità dei genitori nella crescita dei figli, il loro affetto, la contemporanea presenza di liti e di amore nella difficile incomunicabilità della vita fatta di drammi e strappi, di non detti e di occasioni in cui non si può più tornare indietro.
Forse di fronte al passato l’unica reazione possibile, ma anche la più difficile, è accettarlo per come è andato.
In tutto questo si finisce per rimpiangere l’ironia a cui Valerio Mastandrea ha abituato il pubblico in tutti i suoi film di cui, purtroppo, fa sfoggio in una sola occasione verso la fine, mentre per il resto rimane bel saldo nel ruolo dell’infelice musone. Bravo come sempre e come tutto il resto del cast in cui sono presenti, oltre alle già citate Stefania Sandrelli e Micaela Ramazzotti, anche Claudia Pandolfi, Paolo Ruffini, Marco Messeri e Dario Ballantini per un film che convince e lascia con un piacevole senso di straniamento.
Come se avesse parlato in maniera sotterranea di qualcosa di molto più importante rispetto a quanto possa sembrare.
Da vedere ma nel momento giusto, dimenticando Ovosodo e consapevoli di entrare in una stanza con uno sguardo diverso da quella a cui aveva abituato fino a quel momento.
Giudizio in Minuti di sonno: Visto al terzo tentativo dopo non essere riuscito ad arrivare oltre il quinto minuto per diverse volte.