Larry (Andrew Robinson) e Julia (Claire Higgins) si trasferiscono in una casa abbandonata in cui scoprono che aveva vissuto per un certo periodo anche Frank (Sean Chapman), il fratello di Larry. Durante i lavori di trasloco Larry si ferisce ad una mano e il sangue caduto sul pavimento ridona la vita a Frank, il quale era stato fatto a pezzi proprio dentro a quella stessa casa per mano di alcuni demoni chiamati Cenobiti, che lui stesso aveva evocato attraverso il cubo di Lemarchand (una specie di cubo di rubick più suggestivo ed esoterico ma dal funzionamento totalmente casuale. “Ad Minchiam” direbbe qualcuno). Tuttavia Frank assume una forma solo provvisoria, e piuttosto cadaverica, quindi necessita di altro sangue per potersi riformare completamente. Chiede allora l’aiuto della cognata Julia, con cui aveva avuto precedentemente una relazione e…da qui in poi è meglio guardare il film.
Hellraiser, insieme a Nightmare, Non aprite quella porta, Halloween, La bambola assassina, Venerdì 13, La casa, ecc. , è stato uno dei pilastri cult dell’ondata di cinema horror degli anni 70-80 che ha visto entrare nell’immaginario comune personaggi come Freddy Kruger, Leatherface, Michael Myers, Chucky, Jason Vorhees, arcinoti a tutti i divoratori del genere. Nel terzo lungometraggio di Clive Barker fanno il loro trionfale esordio i Cenobiti (o Supplizianti) figure demoniache tra cui spicca l’ormai celeberrimo Pinhead che nei dieci seguiti avrà uno spazio di maggior rilievo vista la notorietà ottenuta.
A dispetto della fama (e forse degli anni che passano) il film è deludente.
La trama è totalmente inesistente, con dialoghi al limite dell‘inutilità e della ridondanza, la tensione è impalpabile e priva di consistenza, in generale, annaspa nella prevedibilità e nella scontatezza mentre gli effetti speciali, beh, quelli sono adeguati al periodo quindi c’è poco da recriminare. Sospetto che sia un problema di età. Fino a che si hanno 14, massimo 16 anni, certi film hanno un certo effetto emotivo ed un chiaro ascendente, dopo iniziano a diventare noiosi o, nel peggior caso, ridicoli e puerili. Leggendo il plot di Schiavi dell’Inferno, il romanzo dello stesso Clive Baker da cui è tratto il film, si ha il sospetto che nella trasposizione cinematografica ci sia stata una perdita in termin
i di contenuto e di fascino. Se dalla parte cartacea c’è molta chiarezza e diversi sviluppi, all’interno della pellicola sembra che molti dettagli si perdano e vengano lasciati talmente al caso e al sottointeso da risultare confusionari e banalizzati. Non che sia necessario fare ricami di ore intere, ma dire semplicemente “succede questo perché succede” sembra parecchio riduttivo e toglie strati a qualcosa che, già di per sé, non può che essere superficiale di suo.
L’unica parte che realmente funziona sono i Cenobiti (Geniali!) ma soprattutto Pinhead, visivamente di grande impatto anche se la sue apparizioni non riescono ad arrivare ad un ammontare di 3, forse, 5 minuti totali su di un film di un’ora e mezza. Si finisce per aspettare per tutto il tempo che ‘sto personaggione appaia e faccia qualcosa di incredibile, invece ogni sua apparizione è piuttosto deludente e statica (per scomodare un paragone un po’ più “importante” è quasi come leggere Moby Dick, aspetti ‘sta cazzo di balena, o capodoglio che sia, per quasi 730 pagine e lei appare solo nelle ultime 30 successive prima della fine), per non parlare poi della modalità insensata con cui viene neutralizzato (lui come gli altri, eh..)..
Non fa un cazzo, una mera esibizione statuaria di estetica horror….statica. Si salva la modalità suggestiva con cui viene annunciato il suo arrivo.
Il finale con il barbone è semplicemente inutile, non aggiunge nulla ed è stato buttato lì con la chiara intenzione di aprire scenari e speculazioni (o conferme) ma invece finisce per essere l’emblema del superfluo.
Escluso tutto questo, Pinhead non poteva che entrare nell’immaginario per il suo carisma implicito. Sta li fermo ed è figo anche solo da guardare.
Ed è così che è entrato nella storia.
Cast di attori abbastanza inutili e piatti, perlopiù smarriti tra pellicole di bassa qualità; l’unico ad aver lavorato di più è Andrew Robinson ma questo non significa che gli siano capitati grandi intepretazioni. Il più fortunato è Doug Bradley con Pinhead che come Robert Englund con Freddy Kruger, ha legato alla propria esclusiva interpretazione la vita di un personaggio divenuto ormai immortale (seppur negli ultimi due sia stato sostituito). E non c’è molto altro da dire a parte che il misterioso barbone è interpretato da un attore di nome Frank Baker. Così, giusto perché il cognome sembrava quello del regista.
A questo proposito, la regia è appena sufficiente, degna di un buon film horror anche se ogni tanto ha delle cadute più da horror trash ma, comunque, impercettibili..
Deludente, due palle infinite, ma da vedere perché, nel bene o nel male c’è dietro qualcosa di generazionale. Se si ama o si ha amato l’horror. Diversamente ci si può fermare alle prime quattro parole in grassetto.
Giudizio in minuti di sonno: Sveglio e annoiato nonostante in questo periodo non mi sia andata altrettanto bene con altri film. Tanto per dirne qualcuno, Garage Olimpo sono a quota 2 tentativi, Effetto Notte 1, Il divo 3, Così ridevano 5, Io Daniel Blake 2, The nice Guys 1, The conversation 4, Bianca 1,..