In una stazione del selvaggio west tre pistoleri sono in attesa dell’arrivo di un treno. Scende un solo uomo che suona un’armonica (Charles Bronson) e li elimina tutti. Da un’altra parte, in mezzo al deserto, Brett McBain (Frank Wolff) e i suoi figli vengono trucidati da Frank (Henry Fonda), proprio il giorno previsto per l’arrivo della nuova moglie Jill (Claudia Cardinale). Frank ha fatto però in modo che della strage venga incolpato il bandito Cheyenne (Jason Robarts) in modo da distogliere l’attenzione da…e da qui in poi è meglio guardare il film.
Da sempre in tema “film western” il capolavoro inimitabile per me rimane Il buono, il brutto e il cattivo, non c’è margine di discussione, non c’è nulla di cui parlare. E nonostante la bellezza di C’era una volta il west, personalmente, non cambio ancora idea.
Di fronte ai film di Sergio Leone non si può fare a meno che togliersi il cappello perché, a prescindere dalle preferenze, c’è qualcosa di stratosferico e di inarrivabile nelle sue pellicole. Non credo esistano altri registi capaci di tirare avanti un film per quasi 180 minuti senza avere nessuna caduta. E’ un gigante inimitabile, una pietra miliare del cinema anche a dispetto delle controversie con Kurosawa.
Sergio Leone è il cinema nella sua forma più popolare e contemporaneamente più estetica che si sia mai vista.
Generazioni intere sono cresciute con il fascino dei sui epocali film western potendo apprezzare nello stesso tempo l’opera di un vero maestro. Solo lui ha saputo utilizzare dei primi piani intensissimi (si dice che un giovane Tarantino chiedesse delle “Leone” per far capire il tipo di inquadratura da lui ricercata) e ravvicinati, su volti monolitici in cui il solo sguardo racchiudeva un intero mondo di riferimenti, di sottointesi e di emozioni.
Gli occhi non sono lo specchio dell’anima ma la sua più profonda ed autentica espressione.
Il tempo è dilatatato in attese tesissime, dense di significati, nella ricerca del particolare, dell’insospettabile, dell’ineffabile ma anche del nulla nella costruzione ossessiva dell’attesa stessa, delineata da rumori ripetitivi che riempono fino all’inquietudine, dell’immobilità espressiva di volti scavati dalla vita, dallo sporco e dalla polvere che si allargano in spazi aperti suggestivi, quanto selvaggi e senza speranza. Niente è lasciato al caso, non ci sono dettagli che non contribuiscono alla costruzione di un’atmosfera totalizzante nella sua forma più completa. La colonna sonora stessa dei suoi film è quanto di più incisivo sia mai esistito nella storia del cinema: chi non ha mai sentito il tema di “armonica” almeno una volta? La fusione dei vari elementi è talmente perfetta da non avere eguali paragonabili (e qui la scelta di Ennio Morricone è sicuramente facilitante nel raggiungere un tale obiettivo).
Estetica visiva inimitabile nella costruzione delle immagini e delle atmosfere grazie alla mano di un grande regista. Inquadrature (la camera che riprende la porta che si apre lasciando l’attenzione su di essa e sul viso di Claudia Cardinale, poi la rapida rotazione con moto circolare per svelare chi si celava dietro) e regia semplicemente magistrali.
Cast incredibile in cui svettano tre veri titani: Charles Bronson nella parte di armonica è epocale, freddo, glaciale e ironico con il solo incresparsi dell’angolo superiore della bocca, Henry Fonda è uno spietato sicario senza pietà, come se ne sono visti pochi, riesce ad essere più cupo e feroce di Lee Van Cliff e la sua interpretazione fece scalpore ai tempi perché fino a quel momento aveva sempre ricoperto ruoli positivi o dagli alti
valori etico-morali e, per finire, Claudia Cardinale riesce a riempire da sola l’altra metà di film con il solo sguardo: incredibile. Leggermente offuscato dagli altri Jason Robarts che, pur nella sua bravura, risulta piuttosto in secondo piano. Rimanendo sul cast merita una menzione a parte Frank Wolff che si suicidò due anni dopo le riprese, esattamente come fece Al Mulock, uno dei tre uomini della sequenza iniziale, che invece si uccise gettandosi dalla finestra prima che le riprese finissero.
Intramontabile, epocale, inimitabile, magnifico… e si potrebbe andare avanti ad imperversare con innumerevoli altre aggettivi ma è meglio fermarsi.
Grande Leone.
Giudizio in minuti di sonno: forse qualche assopimento di alcuni secondi ma nulla di più, incredibilmente sveglio dall’inizio alla fine nonostante la visione serale.
(In)credibilmente bello.
Assoluto.
Concordo.