Lorenzo (Renato Carpentieri) è un burbero avvocato napoletano in pensione che, ormai vedovo, trascorre le giornate da solo in casa. I contatti con i figli Elena (Giovanna Mezzogiorno), che fa l’interprete durante i processi, e Saverio (Arturo Muselli), che fa il mantenuto, sono molto ridotti. A fianco dell’appartamento di Lorenzo trasloca però una famiglia del nord: Fabio (Elio Germano), un ingegnere navale accompagnato dalla moglie Michela (Micaela Ramazzotti) e dai due figli. I vicini fanno amicizia ma una sera in cui Lorenzo rincasa trova..e da qui in poi è meglio guardare il film.
Inseguo Gianni Amelio dal 1998 quando uscì Così ridevano che mi ha sempre incuriosito ma non sono mai riuscito a vedere. Gli ultimi 5 tentativi sono finiti in uno svenimento quasi immediato pur rimanendo convinto del sentore che si tratti di un bel film.
E’ incredibile come possano esistere convinzioni che riescono a sopravvivere per quasi vent’anni anche se non si ha mai avuto modo di metterle alla prova.
Comunque, diciamo che il resto della sua filmografia mi risulta alquanto ignota e per questo “La tenerezza” è stato, alla fine, il mio primo contatto con questo regista.
A dispetto delle recensioni positive che ho letto solo dopo averlo visto, al solo scopo di cercare di capire cosa mi fosse sfuggito o se avessi visto un film diverso, non sono riuscito a cambiare idea in proposito.
Mi spiace, devo essere sincero: non mi ha fatto impazzire, non mi ha emozionato e sul finire mi ha anche abbastanza rotto le palle.
Dopo aver costruito una storia tragica con un colpo di scena volutamente telefonato dalla recitazione di Elio Germano (ci mancava poco che non facesse il Quattro Formaggi di Come dio comanda), la narrazione porta avanti il tutto fino a consumarsi e mi va bene, ma perché poi cambiare storia e svilupparla un po’ come se si andasse a caso solo per riempire il tempo che rimane ed arrivare alle due ore?
Sembra che il succedersi di avvenimenti sia delegato al fatto di dover far accadere per forza qualcosa, buttando lì il tutto un po’ a cazzo, fino ad un finale che lascia esclamare solo “ehmbé?”. Il vero problema intorno a tutti questi sviluppi è che non c’è neppure nessun tipo di emozione palpabile, c’è tanta, tanta, recitazione, di ottimo livello, ma manca la capacità di coinvolgere all’interno di una sfera emotiva tangibile che, al contrario, è ridotta a zero e lascia troppo spazio alla sfera intellettuale e delle speculazioni mentali.
Le emozioni sono per natura assolutamente intellegibili ma risultano irrimediabilmente denaturate se non vengono provate a livello viscerale. L’emozione non può subire la riduzione ad un mero riconoscimento razionale, perché la priva della sua autenticità.
Il fatto è che non arriva nulla di pancia ma è tutto relegato all’interno dell‘elaborazione di pensiero. E quindi, facendo riferimento al titolo, non è difficile capire che Amelio ci sta parlando della separazione tra gli esseri umani, di rapporti distanti, che si sfilacciano, che logorano, che fanno soffrire e ci portano alla deriva nell’amarezza di una solitudine che ci rende emarginati dai nostri affetti ed insensibili al mondo, pur nella speranzosa convinzione che basti veramente un gesto affettuoso per recuperare quanto è stato perduto, ma non lo dice alla nostra anima, non ce lo racconta con il cuore, al contrario ce lo mostra con una freddezza scientifica anche all’interno di un dramma.
Si tratta comunque una scelta comunicativa personale, condivisibile o meno.
Scelta che, ad onore del vero, non sembra una questione lontana dalla consapevolezza del regista “Forse un rammarico. Quello di non riuscire a entrare fino in fondo nella sfera del melodramma, che sarebbe la mia vera vocazione. Forse solo una volta ho centrato il bersaglio, in quello che considero il mio film migliore, Così ridevano.” (Film Tv Anno 25 N 16).
Però, riferendosi alla sua frase “Le emozioni non hanno bisogno di essere giustificate” (sempre Film Tv Anno 25 N 16) si può ricondurre il tutto ad una precisa scelta stilistica che, personalmente non ho apprezzato, ma che riguarda più che altro l’intento personale e le scelte comunicative che ognuno di noi adotta tra le varie alternative e che, scontrandosi con esigenze differenti nei fruitori, possono andare incontro al plauso o al rifiuto o fastidio (o mille altre reazioni) come nel mio caso.
E quando si prende atto di una insanabile divergenza di opinioni e ci si ferma.
La regia è alterna: alcune immagini sono di una bellezza minimale (la scena in cui Lorenzo si accascia a terra o quando è seduto in una stanza bianca [che al momento non ricordo cosa fosse]), altre sembrano poco incisive e persino più da video amatoriale di youtube che da cinema (Lorenzo che passeggia da solo per Napoli). I primi due terzi tengono bene il ritmo e la tensione, ma il finale ha un calo tremendo perché sembra superfluo e non integrato con il resto (va bene, raccontiamoci pure che la vita non è lineare ed è imprevedibile ma comunque sembra manchi qualcosa).
Il cast è ineccepibile, nulla da dire, tutti di alto livello. In particolare Giovanna Mezzogiorno che ha smesso di sfiatare come faceva in L’ultimo Bacio, anche se cede verso la fine con qualche vago respiro pesante.
Certo, magari qualcuno dovrebbe fare presente che in realtà di tutti gli attori nominati nel trailer e nella pubblicità il protagonista è Lorenzo Carpentieri mentre gli altri sono al limite del cameo di partecipazione. Elio Germano compreso, il cui contributo sarà 15 minuti effettivi. Stando larghi.
Mi aspettavo qualcosa di un livello indiscutibilmente più alto, che dire, aspetto di vedere finalmente Così ridevano, da lui definito appunto come “il suo film migliore“.
E che sono sinceramente convinto non mi deluderà perché la convinzione sopravvive alla realtà.
Giudizio in minuti di sonno: Sveglissimo, sul finire avrei sicuramente dormito se fosse andato avanti anche solo un minuto di più senza arrivare ad una conclusione, non necessariamente contestualizzata e coerente, a quel punto me ne andava bene una qualunque.