Capitan Futuro solcava i cieli dentro al suo mantello amaranto.
I venti di luna gli scompigliavano i capelli mentre si librava all’interno di rientranze rocciose azzurre. Una montagna bianca svettava sul fondo, dove il mondo rettangolare finiva in uno strapiombo in ripida caduta verticale.
La sua missione era stanare il malvagio sfregiato che si nascondeva in agguato da qualche parte, pronto per lanciare il suo micidiale attacco. Lo chiamava Scar-crow anche se non era troppo sicuro che fosse quello il suo vero nome. Ma a Capitan Futuro questo non interessava. Tutte le sue energie erano tese a salvare il suo amico fraterno Ninja senzatesta.
Stava sorvolando una zona inospitale, piena di vegetazione e fogliame cercando di scorgere presenze umane, quando un calcio alla schiena lo scagliò a terra con forza poderosa. L’urto creò un cratere di devastazione ma Capitan Futuro si rialzò quasi subito e rispose all’aggressione di Scar-crow raggiungendolo in un solo salto e colpendolo al volto con un pugno.
Ingaggiarono battaglia ma un grido fermò improvvisamente ogni ostilità.
<< Come sarebbe a dire che te ne vai?? >>
Si sentì urlare dall’altra stanza.
E Giorgio smise di giocare.
Coricato nel suo lettino, sotto le coperte, lasciò cadere le braccia sul proprio ventre.
Le mani stringevano ancora i suoi due giocatoli preferiti. Il buono e il cattivo. Che poi tanto cattivo non era perché alla fine cambiava sempre idea e diventava buono anche lui.
La testa appoggiata al cuscino, guardava le stelle luminose che aveva attaccato con mamma e papà sul soffitto della sua stanza. C’erano anche i pianeti e la luna. Sembrava di dormire all’aria aperta.
Mamma e papà ora litigavano nell’altra stanza a voce alta.
Giorgio non riusciva a distinguere quello che si stavano dicendo.
Capiva solo che erano molto arrabbiati.
Lo avevano messo in castigo per i capricci fatti per non mangiare la minestra. Stavano litigando per colpa sua. Mamma lo difendeva sempre quando papà lo rimproverava e finivano sempre per alzare la voce.
Giorgio guardò Scar-crow e non avrebbe voluto sentirsi cattivo come lui.
Le urla divennero più forti, si aggiunsero rumori di cose che cadevano e che si rompevano.
Giorgio chiuse gli occhi e abbracciò i giocattoli.
Rimase immobile stringendo gli occhi fino a vedere tanti colori, poi udì la voce di sua madre e la pesante porta d’ingresso che sbatteva.
Arrivò il silenzio.
Tutto era immobile.
La macchina si accese in cortile e si allontanò rapidamente.
Ritornò il silenzio.
Solo i rumori della provinciale si facevano sentire di tanto in tanto.
Giorgio ebbe paura di essere rimasto da solo.
Ma aveva anche paura di muoversi nel buio della stanza.
Scese dal letto scostando le coperte e senza lasciare i giochi dalle mani. Si avvicinò alla porta per guardare dal buco della serratura, la luce della sala era accesa ma non vedeva nessuno. Solo mobili, la parete bianca e il dipinto coloratissimo.
Impercettibile arrivò il rumore di un’anta in vetro che si apriva. Lo conosceva perfettamente. Era quello che faceva il mobile in cui papà teneva lo stereo. Sentì i tasti che venivano pigiati ad uno ad uno in una sequenza ormai automatizzata, vagamente armonica.
Poi la musica lo raggiunse anche se era a basso volume.
Una voce gracchiante iniziò a cantare mentre Giorgio vide il padre sedersi sopra la poltrona, con le mani appoggiare ai braccioli, le gambe incrociate e lo sguardo rivolto al soffitto.
“When I’m lyin’ in my bed at night
I don’t wanna grow up
Nothin’ ever seems to turn out right
I don’t wanna grow up
How do you move in a world of fog
That’s always changing things?
Makes me wish that I could be a dog
When I see the price that you pay
I don’t wanna grow up
I don’t ever wanna be that way
I don’t wanna grow up”(*)
[..]
Il bambino guardò il padre rimasto solo e si chiese se da grande sarebbe diventato come lui o se il papà da piccolo fosse mai stato come lui.
[..]
“Well when I see my parents fight
I don’t wanna grow up
They all go out and drinking all night
And I don’t wanna grow up
I’d rather stay here in my room
Nothin’ out there but sad and gloom
I don’t wanna live in a big old tomb
On Grand Street “(*)
[..]
Giorgio guardò il padre un’ultima volta e decise di tornare sotto le coperte. Si fermò sul soffitto stellato e poi chiuse gli occhi con un solo pensiero: “non voglio crescere”.
–
(*) I don’t wanna grow up – Tom waits
certi racconti ti catapultano in realtà che credevi dimenticate…
Ti ringrazio del commento e soprattutto di aver dedicato un po’ del tuo tempo a leggere il racconto.. 🙂