Dopo che qualche sventurato naufrago del mare di internet (di cui questo blog rappresenta un po’ lo scoglio in mezzo alle balle della nave che va tranquilla per gli affari suoi) ha visualizzato il post dedicato a Naha, nel rileggerlo a mia volta, ritrovo la voglia di scrivere della settimana di Febbraio trascorsa nella città di Losanna.
Il titolo dice già molto sulla predisposizione d’animo che avevo in quel periodo e la distanza di tempo che intercorre di certo non mi aiuterà a ricordare il tutto con precisa dovizia di particolari. Tanto per rendere l’idea, originalmente il post iniziava con questa frase: “Il destino segue strade imprevedibili e alle volte finisce per trascinarti in posti in cui non avresti mai pensato di trascorrere una settimana della tua vita.” e poi non ho mai proseguito oltre.
Di certo anche quello era piuttosto emblematico.
Losanna si trova in Svizzera su una sponda del Lago Lemano (o Lago di Ginevra) sulla cui riva opposta si trova la Francia. La città deve la sua notorietà al fatto di essere sede del Comitato Olimpico Internazionale da quando nel 1994 fu dichiarata Capitale Olimpica. Tuttavia, se dovessi basarmi solo sulla prima impressione, già da subito mi era capitato di osservare qualcosa di bizzarro (agli occhi di un italiano non particolarmente chiassoso, ma pur sempre italiano). La prima sera, avvicinandomi ad un locale su una strada del centro, avevo infatti iniziato a sentire musica a volume piuttosto sostenuto, indice quindi di una festa che un cartellone posto all’esterno indicava gaudentemente come “festa in parrucca“. Già solo con questi due elementi nella mia testa si materializzarono scenari di delirio generale, bevute, caos. Invece quando ho guardato dalla vetrina ho visto una schiera di persone con parrucche improponibili provenienti dai peggiori anni ’80 e nelle tonalità di colore più improbabili (dal verde evidenziatore al bianco Warhol con pieghe che andavano dal modello Carrà fino a Platinette) che però sedevano perfettamente immobili discorrendo con la più normale
pacatezza di questo mondo. L’effetto da fuori era semplicemente comico, come vedere un carnevale bene ordinato di persone che sfilano inquadrate manco fossero l’esercito in marcia o due pugili che ad ogni pugno si chiedono scusa. Intravedo sicuramente della civiltà (tutto si può dire tranne che non siano civili e ligi alle regole) ma anche una certa rigidità. E non sono di certo uno di quelli che alle feste si lascia andare come un pazzo, ma almeno ogni tanto rido o dico qualche cazzata in più del solito.
Il tenore della città è comunque più o meno quello, ordinato, pulito ma con qualcosa di terribilmente spento, poco caloroso e vitale (mi viene in mente la canzone “Se si prendono te” dei Ministri in cui si dice “e siete tristi come la Svizzera“). Non è stata la prima volta che trascorro del tempo questo Stato e ho sempre un po’ avuto questa impressione ma, stando a quello che dicono gli abitanti, pur ammettendo di non essere estroversi parlatori “si divertono comunque parecchio”, quindi il problema sarà un altro.
Spulciando le indicazioni turistiche ci sarebbero molte cose da vedere ma per quanto riguarda alcune di quelle che sono riuscito a fare ci sarebbero molte riserve da esprimere. Partendo dai Musei, ce ne sono diversi : di Zoologia, di Archeologia, di Geologia, dell’Ermitage e dell’Elisée, di cui non posso dire nulla perché non li ho visti, come il Museo Olimpico che era chiuso l’unico giorno in cui avrei potuto andare. Chi è stato al Museo dell’Art Brut mi ha detto che era molto bello anche se alla domanda “cosa sarebbe l’Art Brut?” mi sono sentito rispondere “Arte Brutta“, il che apre interessanti scenari sull’esistenza di possibili universi paralleli fatti di ipotesi alternative e malvagie speculazioni.. Però sono stato al Mudac (Museo di Design e arti applicate contemporanee) e posso dire che non c’è niente, letteralmente niente. Diviso in quattro piani, uno era in ristrutturazione (quindi vuoto) e quello che ospitava la biblioteca era chiuso. Negli altri due piani erano contenute delle opere ritenute di design (vedi foto).
Ma c’era una bella vista!
Ora, apriamo una piccola parentesi. Personalmente non ho mai sopportato che nei negozi mi si propongano
degli oggetti il cui costo lieviti vertiginosamente con la pretesa di essere “di design” a cui peraltro spesso segue un rapporto di proporzionalità inversa con la sua reale praticità all’utilizzo, per non parlare di utilità. Più di tutto non sopporto chi si riempe la casa di ciarpame e si giustifica dicendo che “è di design” come se il possedere un oggetto di quel tipo conferisca uno status sociale (o intellettuale) differente. Per questo mi si è aperto un mondo quando una persona vicina mi ha parlato del concetto di design come pratico, semplice, facilmente riconoscibile e alla portata di tutti (in questo senso, mi dice, il cavatappi è di design), che risolve problemi pratici senza crearne ulteriori ed è soprattutto usabile da chiunque (a differenza dello Spremiagrumi Stark che sarà anche figo ma è
inutilizzabile) riuscendo ad essere anche bello (idea portata avanti da designer come Munari e Norman credo, ma potrei anche dire una solenne cagata ad attribuire loro questo pensiero quindi rimando gli approfondimenti a chi è interessato e per me ad un momento successivo ). Mi fermo per non divagare ma a questo punto, dopo aver trovarto conferma alle mie rimostranze, inizio a provare una certa ammirazione per chi vende costoso (ed inutile) design a chi è così tonto da comprarlo solo per sentirsi superiore agli altri. Se la questione è solo di bellezza allora meglio prendere un’opera d’arte, a lei non è chiesto necessariamente di essere utile a livello pratico.
Tornando al Mudac, anche nel caso in cui si fosse appassionati di quel tipo di design, non vale la pena entrare perché ci sono veramente pochissime cose e il biglietto d’ingresso è di quasi 10 euro. In proporzione si paga molto meno per vedere il Museo Tyssen-Bornemisza a Madrid….e non è proprio la stessa cosa! Se non altro per la mole di stanze e di opere contenute. La Svizzera dal punto di vista dei costi è infatti pure molto cara. Però sul Mudac non voglio calcare la mano. Non tutto è da buttare perché ricordo distintamente di aver visto all’interno dello shop una specie di capuccio oblungo con la forma vagamente fallica che sembrava in tutto e per tutto uno scaldapene (a proposito di design eh!) ma che, mannaggia a me, non ho fotografato perchè ero diventato vergognoso per un attimo.
Il lato positivo del Mudac è che si trova esattamente di fronte alla Cattedrale di Notre Dame che merita sicuramente una visita, se non altro perché dall’ingresso principale c’è un punto panoramico da cui si può vedere tutta Losanna. Avrei avuto piacere di entrare ma per qualche ragione a me non chiara ogni volta c’era messa o riunione, o comunque c’era sempre qualcosa. A proposito di punti panoramici (e posti che non sono riuscito a vedere per l’indisposizione da scazzo/nervoso del titolo) c’è la Torre Sauvabelin (che non è il nome del “cappuccio” in vendita al Mudac in genovese) da cui si dovrebbe godere di una splendida vista dall’alto della città e che si trova dopo il Parco dell’Hermitage in cui si trova la fondazione omonima (altro posto che non ho visto per la panciata di incazzatura di prima). Le distanze da coprire a piedi non sono esagerate, se si ha voglia di passeggiare, ma la città è comunque fornita di una efficiente metropolitana che non è dotata di transenne all’ingresso ma di scrupolosi controllori che girano chiedendo il biglietto!
Procedendo verso il lago, in corrispondenza dell’omonima stazione metropolitana, c’è il quartiere Flon, la vera attrazione della città, che ai tempi era occupato da magazzini ed industrie abbandonate ora invece è coloratissimo e moderno ed ospita locali di vario tipo per la vita notturna. Ed è proprio quello il luogo ideale per fare una passeggiata insiema alla movida (sempre incontenibile come quella del locale dell’inizio) e perdersi in un arcobaleno circondati da edifici decisamente molto ricercati architettonicamente (qui le foto un po’ più belle di Losanna).
Ultima tappa sicuramente una passeggiata sulle rive del lago magari premurandosi di andare nel giorno di apertura del Museo Olimpico, se interessati, che non è molto lontano. Altrimenti ci sono un sacco di cigni e di navi da guardare (giusto quelli..)! Sempre per rimanere in tema non bisogna perdersi l’uscita della Metro Ouchy-Olimpique fatta come le griglie di partenza per le gare di corsa (mi sembra di ricordare). L’altro edificio visibile subito fuori dalla metro è lo Château d’Ouchy un tempo sede di vescovi ora di un albergo. Inevitabilmente una delusione per quello che dovrebbe essere un bene culturale di importanza nazionale. Però penso a quanti edifici infinitamente più belli abbiamo in italia a cui nemmeno diamo l’importanza di “bene” (neanche di “culturale” o “Importanza nazionale”) e taccio.
In realtà un’altro posto sono riuscito a visitarlo (peraltro senza più uscire perché tutti gli ingressi erano bloccati), ed è il Giardino Botanico che, essendo inverno, non era proprio il massimo della visione. Non c’era nulla ovviamente. Però avevo notato delle cassette per fare il miele sul tetto di un edificio in pieno centro…
Vabbè, lì l’aria è buona anche se ti attacchi al tubo di scappamento di una macchina quindi..GNAM!
Interessante e decadente resoconto.
La festa di parrucche era in realtà una festa di parrucconi!
Evidentemente si!