Legend – Brian Helgeland

Reginald Kray (Tom Hardy) e Ronald Kray (sempre Tom Hardy) sono due fratelli gemelli accomunati solo dall’essere entrambi due gangster perché totalmente diversi di carattere: tanto affascinante e razionale il primo, quanto paranoico e letteralmente fuori come un cocomero il secondo. Nell’East End di Londra degli anni ’50 i due si fanno strada all’interno della malavita organizzata inserendosi nel giro d’affari legato ai casinò grazie al benestare della mafia americana rappresentata da Angelo Bruno (Chazz Palminteri). Dei due la vera mente è però Reginald che, oltre indexa portare avanti la sua relazione con Frances (Emily Browning), è anche costretto a gestire gli affari illeciti e parallelamente tenere a freno non solo il fratello schizzato ma pure Scotland Yard che..e da qui in poi è meglio vedere il film.

Se si considera la filmografia di Brian Helgeland come regista probabilmente Legend è il migliore dei film da lui diretti fino a questo momento, al contrario del versante di sceneggiatore (numericamente molto più nutrito) in cui invece potrebbe avere qualche degno rivale. Tutto questo per dire che se già di partenza il livello non è particolarmente alto  difficilmente potrà uscire un capolavoro. Legend infatti è una buona pellicola, ma senza infamia e senza lode, in cui tuttavia si riconosce una evidente crescita creativa rispetto ai lavori precedenti. Aldilà dei limiti evidenti bisogna comindexeeunque spezzare una lancia in suo favore perché è riuscito a realizzare qualcosa di dignitoso seppur all’interno del genere “film di mafia” ci siano una carrellata di nomi straordinari con cui competere è praticamente impossibile, basta nominare Martin Scorsese, Francis Ford Coppola, Brian de Palma, Sergio Leone, Micheal Cimino, Francesco Rosi per avere una vaga idea di quanto sia accidentato il terreno di gioco.

Nel complesso quindi questo film biografico funziona piuttosto bene nel trasporre sullo schermo l’ascesa e la caduta dei Gemelli Kray, sia dal punto di vista registico che della sceneggiatura, ma quello che è il suo vero punto forte (e probabilmente maggior motivo per guardarlo) è invece la notevole interpretazione di Tom Hardy che simagesi riconferma un eccellente talentuoso (vedi Locke per esempio), impressione che trova conferma non solo nella varietà ma anche nella difficoltà delle interpretazioni sostenute fino ad ora. L’impronta caratteriale che riesce ad imprimere in questi due ruoli è veramente impressionante e così evidente nella gestualità, nei toni di voce, negli sguardi da non far pensare che si tratti dello stesso attore, per quanto sia un dato evidente. Sostanzialmente tutto poggia sul suo protagonista e sulla singolarità della sua interpretazione e questo nonostante sia circondato da un cast di buon livello. Tuttavia tutti passano in secondo piano rispetto al magnetismo del protagonista. Emily Browning è alle prese con quello che sembra essere il suo primo ruolo di una certa impoimageseertanza e ne fa le veci senza forzature e senza eccessi risultando credibile fino in fondo. Chazz Palminteri è invecchiato e dimagrito terribilmente ma bucherebbe lo schermo anche se stesse fermo davanti alla camera senza fare nulla. L’altro su cui il tempo ha fatto sentire la sua opera è Christopher Eccleston visibilmente gonfio e appesantito rispetto alla prima stagione della nuova serie del Doctor Who che, tra tutti, risulta anche quello meno convincente ed efficace forse perché troppo legato alla figura grottesca del “dottore”. Trascurabili e irriconoscibili Taron Egerton (l’Eggsy di Kingsman) e Paul Bettany (Jock in Mortdecai); David Thwelis sarebbe al medesimo livello dei due nominati precedenti se non avesse una faccia indimenticabile. Di tutti i suoi film ho visto soloindexdd Il bambino con il pigiama a righe , direi sette anni fa, eppure non appena è apparso in Legend il pensiero è stato subito “questo l’ho già visto”..

Non è un capolavoro ma nemmeno una cagata orrenda, un film piacevolmente medio. Si attesta in una di quelle sufficienze che vengono ricordate più per le loro particolarità (la doppia interpretazione di Tom Hardy) che per le reali qualità complessive che diversamente condurrebbero irrimediabilmente al dimenticatoio.

Giudizio in minuti di sonno: Dopo la prima ora è stata una sequela di pisolini e assopimenti della durata di quarti d’ora che hanno causato diversi riavvolgimenti per riuscire a vedere tutto dall’inizio alla fine.

Nel complesso un film di quasi due ore è diventato di tre ore e quaranta circa.

Secondo me....

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