Neve di primavera – Yukio Mishima

A poca distanza dalla fine della guerra Russo Giapponese (primi del 900) Kiyoaki Matsugae è un giovane rampollo di 18 anni tanto capriccioso, narcisista, egocentrico e spocchiosetto (quindi il ritratto di uno stronzo) quanto allo stesso tempo solitario, malinconico e profondamente sensibile. Appartenente ad una influente famiglia di marchesi in cui vige una rigida etichetta tradizionalista ossessionata dall’apparenza e dall’appartenenza, Kiyoaki vive in maniera adolescente ed infantile l’amore nei confronti di Satoko Ayakura, a sua volta d’estrazione aristocratica ma di un ramo caduto in disgrazia, senza avere consapevolezza dei suoi reali sentimenti nei confronti della ragazza. Tale confusione lo porterà a riconoscere la profondità del suo amore solo quando sarà irrimediabilmente troppo tardi, Neve di Primaveramotivo per cui Satoko verrà promessa in sposa ad un principe. Nonostante l’impedimento istituzionale, rimarrano ugualmente travolti dalla reciproca passione e romperanno tutte le etichette e i formalismi di un Giappone sempre più influenzato dall’occidente, ma pur sempre attaccato alle proprie origini, incuranti delle conseguenze dei loro gesti di cui dovranno pagare un caro prezzo.

Sorvolando sul fatto che per tutta la prima metà il protagonista potrebbe anche sembrare un perfetto rincoglionito (è chiaro a tutti meno che a lui di quanto sia innamorato di Satoko; pur avendo 18 anni sembra ancora fermo alle elementari quando si tiravano i capelli alla bambina che ci interessava [Si. Da piccoli noi maschi non siamo capaci di esprimere l’affetto in maniera coerente.]) Yukio Mishima è senza dubbio uno scrittore di grandissimo talento, in possesso di una prosa profondamente elegante, poetica e carismatica al pari del controverso personaggio pubblico quale era lo scrittore giapponese. Culturista, artista marziale, patriota in odore di nazionalismo, forse omosessuale, nostalgico decadente, fondatore della Società degli Scudi (Tate No Kai) da qualcuno indicata come il suo esercito personale, sono tutti aspetti che convivono nella stesso uomo, estremamente colto, il quale scelse di suicidarsi seguendo il rituale dei samurai (seppuku) dopo l’occupazione forzata di un ufficio del Ministero della difesa nel 1970 insieme a alcuni membri del Tate No Kai, il cui ultimo gesto prima di morire fu inneggiare all’imperatore e allo spirito del Giappone tradizionale (“La vera eleganza infrange i divieti, anche i più sommi.“). Episodio questo che ha un sapore sicuramente nazionalista ma anche romantico (o forse da miope esaltato) sotto altri versanti, in particolare pensando che poco prima della sua azione dimostrativa lasciò nel proprio studio un biglietto su cui scrisse “La vita umana è breve, ma io voglio vivere per sempre“. Tuttavia, scansando per un attimo la portata idealistica (o folle) e altrettanto violenta di un gesto così “potente”, appaiono in esso anche aspetti purtroppo involontariamente tragicomici. Dopo che Mishima si pugnalò al ventre, l’amico che avrebbe dovuto infliggergli il colpo di grazia decapitandolo sbagliò per due volte e dovette passare il compito ad un terzo presente prima di suicidarsi a sua volta per la vergogna di non essere riuscito ad assolvere al compito assegnatogli.

I suoi fraseggi affascinano e ammaliano nel delineare una storia drammatica e disperata, pregna di quello spirito di sacrificio ed immolazione che tanto riempiva gli anime con cui la mia generazione è cresciuta e che è evidentemente (e piuttosto chiaramente) un’ideale molto ben radicato nella cultura del Sol Levante. La delicatezza che conferisce ai suoi personaggi e contemporaneamente a ritmi narrativi che non conoscono stallo (seppur dalla seconda metà in poi si faccia decisamente più avvincente) avvolgono e accompagnano nella lettura del primo romanzo della tetralogia conosciuta come “Il mare della fertilità” il cui filo conduttore è in realtà Honda, un personaggio secondario che funge da narratore e che interagirà con i protagonisti delle storie successive; in Neve a primavera è l’unico amico intimo Kiyoaki e nei capitoli a seguire lo si ritroverà cresciuto e in momenti diversi della sua vita.

Mishima racconta una storia che ha sfumature molto adolescenziali ed immature eppure ha la capacità di stravolgere quel punto di vista che spingerebbe a sottovalutare impietosamente un amore sbocciato in un ambiente studentesco come una futile passione passeggera e trasformarlo invece in un amore eterno e travolgente, di quelli che consumano, e si consumano, fino alla fine.

Un amore semplicemente totale stritolato da un Giappone in cambiamento e in rotta di collisione verso il proprio futuro.

Al mondo ci sono persone che si dedicano alla coltivazione dei fiori solo per poterne strappare i petali.

Secondo me....

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