Joy Mangano (Jennifer Lawrence) è una ragazza che fin da piccola si era dimostrata molto creativa ed ingegnosa a cui il destino ha invece riservato l’ostacolo di vivere in una famiglia estremamente castrante e difficile. Il padre Rudy (Robert De Niro) dopo il divorzio da sua madre, una donna confinata nella stanza da letto a guardare telenovelas, cambia diverse compagne, deve spesso farsi ospitare in casa da Joy ed ha un rapporto fortemente conflittuale non solo con la ex-moglie ma anche con l’ex marito della figlia, Tony (Edgar Ramìrez), che a sua volta si fa ospitare perché non ha un lavoro e insegue vanamente l’aspirazione a diventare un cantante. Come se gli ostacoli non bastassero ci sono anche le invidie e i rancori della sorellastra Peggy (Elisabeth Röhm) ad aggiungersi alle già numerose difficoltà che la costringono a dividersi tra lavoro come assistente di volo e famiglia (non dimentichiamoci delle due figlie da accudire) in un turbine tale da snervare e prosciugare di ogni energia vitale praticamente il più resistente di tutti gli esseri umani. L’unico elemento di sostegno per Joy è la nonna Mimi (Diane Ladd), fermamente convinta che la nipote riuscirà a riscattare la famiglia. Un giorno durante una gita sulla barca di Trudy (Isabella Rossellini), la nuova compagna del padre, Joy ha l’idea per un nuovo prodotto commerciale rivoluzionario e…da qui in poi è meglio guardare il film.
“Squadra che vince non si cambia” deve aver pensato David O. Russell alla sua terza collaborazione con Robert De Niro, Jennifer Lawrance e Bradley Cooper dopo i successi de Il lato positivo e American Hustle, ma purtroppo l’operazione questa volta non pare essere perfettamente riuscita come nelle occasioni precedenti. Joy è un film che non riesce a convincere fino in fondo e a tratti annoia pure per la ripetitività dei dialoghi in alcuni frangenti, monotematici e privi di qualunque forma di introspezione e approfondimento che non vadano oltre il prevedibile. La storia è quella vera dell’imprenditrice che ha inventato il Miracle Mop (comunemente noto in Italia come “mocio”) e che riuscì ad arricchirsi vendendo il suo prodotto su canali di televendite, tuttavia sviluppata nella solita ripetizione ossessiva di quello che è il “sogno americano”, “terra di opportunità per chi si rimbocca le maniche e non si ferma davanti a nessun ostacolo” dove l’individualismo fa da padrone (il che non rappresenta esclusivamente un male, sia ben chiaro) ormai vista in tutte le salse e sotto una miriade di prospettive diverse. Basti
pensare che sull’argomento persino il nostrano Muccino durante il suo periodo Hollywoodiano ha avuto modo di dire la sua con La ricerca della felicità. La differenza è nel gigioneggiamento: in Muccino la chiave del film era sviluppata sul versante emotivo e orientata alla ricerca della commozione in un pianto liberatorio finale, in Joy pare non ci sia un grande coivolgimento emotivo che non sia legato alla rabbia. Nella pellicola di Russell in certi frangenti si vorrebbe sparare a praticamente tutta la famiglia di Joy per quanto sono ottusi e stupidi, nonché pessimi consiglieri. Nel caos di invidie e rancori, per fortuna, ci sono comunque persone positive che accompagnano la protagonista e in un certo senso tutto questo è una perfetta metafora del reale: bisogna sempre saper scegliere da chi farsi affiancare, nell’ottica di un’evoluzione rivolta alla crescita, indipendentemente da qualunque
tipo di legame e di relazione pregressa esistente. Come nel caso dell’ex marito che sarà pure un fannullone fancazzista ma allo stesso tempo è sinceramente affezionato alla ex moglie e vuole il suo bene. Saper individuare i pesi dannosi (l’inutilità è sopportabile, la nocività è pericolosa) e scaricarli quando è il momento giusto (cioé prima possibile appena lo si realizza) è il primo indice di salute. Il solito messaggio di essere determinati e persistere nel proprio obiettivo è efficace e fin troppo chiaro, quello che realmente manca in tutta la storia è un’anima tangibile perché non è un film epocale, non ha particolari pregi od entusiasmi e finirà in fretta nel dimenticatoio come occasione mancata.
Passando al cast, la protagonista Jennifer Lawrence svetta tra gli interpreti per la sua notevole bravura che continua ad emergere in ogni occasione ma che tuttavia in questo specifico caso non basta a sostenere un film piuttosto debole e privo di mordente. Bradley Cooper è una presenza un poco posticcia e infilata nel film probabilmente per poter mettere il suo nome nei titoli di coda e di testa (o per la storia della squadra) perché è relegato in un ruolo secondario e trascurabile, ma determinante, per cui forse non era il caso di scomodarlo; è comunque sempre innegabilmente molto bravo. Robert De Niro fa piangere perché se era riuscito a sollevarsi con Il lato positivo, ogni volta in cui partecipa ad un nuovo film sembra che scavi sempre più a fondo nella profonda fossa dentro la quale ha seppellito quella credibilità residua che ha ucciso in uno scrupoloso lavoro di pochi anni recenti. C’è sempre da sperare che rinsavisca ma sembra ormai inarrestabile nella sua discesa. Non resta che consolarsi guardando le vecchie glorie in cui dimostrava tutto il suo reale talento in un’atmosfera luttuosa di rimpianto. Per quanto riguarda gli altri, Diane Ladd è stucchevole, Elisabeth Röhm è perfetta nel ruolo della sorellastra antipatica, Edgar Ramirez è tenero quanto credibile mentre Isabella Rossellini, mio dio quanto è invecchiata!
Troppo fiacco per competere con le due pellicole precedenti, guardabile ma non al punto di motivare la spesa di un prezzo pieno per il biglietto del cinema. Alla fine dei conti trascurabile, lo si vede per la curiosità di sapere qualcosa in più su di un argomento su cui nessuno si prenderebbe la briga di andare ad approfondire, seppur si tratti di un esempio incoraggiante.
Manca di mordente e più di tutto, di un’anima.
Giudizio in minuti di sonno: Sveglio dall’inizio alla fine nonostante qualche vago calo di attenzione scatenato dalla delusione per l’aspettativa creata da un trailer visto qualche mese prima, subdolamente montato in modo da farlo sembrare un film pieno di tensione, suspance e al limite del thriller.
Niente di tutto questo invece.
devo proprio vederlo questo film …
Bentornata! Era da un po’ che non ti si vedeva.. 🙂
Secondo me c’è di meglio ma mi saprai dire..
grazie , ti farò sapere! 😉
Attendo.. 😉
come promesso sono di nuovo qui. Ho visto il film qualche giorno fa. Lei bravissima come al solito ma al posto del mocio avrei messo qualcos’altro XDXDXD
*Robert De Niro , un grande, talmente bravo nella sua parte che mi veniva d’ammazzarlo XDXD
Credo tu sia la prima ad aver mantenuto questa promessa quindi grazie per essere ritornata.. 🙂
Anche se su De Niro ho delle riserve..
immaginavo perché ho letto gli altri commenti.. Si, sono finiti i tempi di “taxi drive” .. ma non si può dire che non riesca più a recitare. ovviamente gli anni passano e i ruoli cambiano ! 😉
Certo è vero, ma ho la sensazione che non faccia proprio un minimo di selezione. Mi viene sempre spontaneo il confronto con Al Pacino che, al contrario, mi sembra mantenga un livello molto più alto pur nel passare degli anni e nei ruoli che cambiano..
Ok, escludendo Danny Collins che faceva veramente schifo.. 😀
sisi, anche io preferisco Al Pacino … nessun dubbio !!!
Grazie, ero incuriosita dal film e soprattutto dall’interpretazione di Roberto De Niro che ormai, secondo me, recita qualsiasi emozione con un’unica espressione. Quindi grazie perché dopo averti letto risparmio i soldi e lo vedo in streaming comodamente sul divano.
Non è legale lo streaming ? Non ho detto streaming signor Giudice giuro sono andata al cinema! 😛
Bentornata! 🙂
De Niro ormai è imbarazzante, fa soffrire solo a guardarlo. Assolutamente è meglio risparmiare i soldi del biglietto..
:DDD ovvio… 😉