Dio esiste e vive a Bruxelles – Jaco Van Dormael

Dio (Benoît Poelvoorde) esiste e vive a Bruxelles rinchiuso in un appartamento senza uscite verso l’esterno insieme alla moglie (Yolande Moreau) e alla figlia Ea (Pili Groyne), sorella minore di Gesù, che lei amichevolmente chiama J.C., il quale non vive più con loro da quando decise di scendere sulla terra, salvo comunicare ogni tanto attraverso una statuina con la sua effigie. La famigliola è tutt’altro che serena: Dio infatti è in realtà un miserabile meschino che trascorre le giornate in ciabatte e accappatoio divertendosi per noia a seviziare l’umanità comodamente seduto dal suo pc, inventando ogni giorno nuove fastidiose regole quotidiane (identiche alleDio-esiste famose leggi di Murphy) con cui far soffire le persone per il proprio sollazzo personale, in aggiunta alle già numerose calamità con cui può flagellare l’esistenza. Il suo carattere dispotico non si esprime solo con l’umanità impotente ma anche con la moglie sottomessa e schiavizzata che umilia ripetutamente e con la figlia verso cui è irascibile e violento. Stanca di tutto questo e contrariata dal suo atteggiamento, Ea decide di ribellarsi e sabotare il padre inviando a tutte le persone della terra un SMS con la data della loro morte per restituire agli uomini il libero arbitrio e poi di recarsi sulla terra dove…e da qui in poi è meglio guardare il film.

Rischiosissima operazione cinematografica perché la possibilità di girare una solenne stronzata era assolutamente ai limiti del probabile, invece il quarto lungometraggio del belgaimages Jaco Van Dormael si rivela un’operazione assolutamente riuscitissima e abbastanza ben calibrata, i cui brillanti meriti vanno distribuiti equamente tra sceneggiatura, regia e attori. La sceneggiatura è divertente e regge anche per merito della collaborazione con Thomas Gunzig (che si è pure ritagliato un surreale cameo sul finale [mi sembra di aver intravisto il suo nome nei titoli di coda insieme a quello della figlia/o]) considerato in patria uno dei migliori autori viventi del belgio per la sua ironia e per i suoi testi taglienti e che, lavorando insieme a Van Dormael, hanno “scritto Dio esiste come se fosse una favola: la vita non ha un inizio, una metà e una fine, e non ha significato, è solo tempo che può essere interessante e divertente.” (Film TV 2015, Anno 23 N. 47 – N.1192) senza h la chiara intenzione di provocare, ma nemmeno quella di non farlo assolutamente. Le trovate sono geniali e riescono a reggere egregiamente in video anche se a tratti si ha la sensazione che avrebbero avuto maggior forza attraverso uno scritto perché un certo tipo di scelte surreali facilmente potrebbero sconfinare nel ridicolo. Invece a questo punto interviene una regia assolutamente sapiente che alterna momenti ironici a momenti di rara delicatezza e di poesia, senza mai perdere il gusto estetico di appagamento visivo, riuscendo a non cadere mai di qualità nemmeno quando prova ad azzardare. Riesce a far ridere e a commuovere allo stesso tempo ma solo se si accetta il patto di comunicazione imposto dal regista e dalle provocazioni di un testo dissacrante ma sempre molto intelligente. Certe inquadrature sono ricercate e visivamente appaganti (Ea che si riflette con la mano appoggiata al vetro, la metropolitana) quanto alcune scene risultano delicatamente poetiche (la mano che balla sul tavolo), nonostante un corpus che si pone principalmente sul piano del grottesco (imperdibile il dialogo tra Ea e Gesù). Le sfumature ironiche e seriose si imagesbalternano continuamente in questa coraggiosa pellicola, su alcune direzioni forse prevedibile ma mai scontata, in un’allegoria che è un poco più profonda di quello che vorrebbe apparire perché, parafrasando le parole del regista, Dio esiste e vive a bruxelles è un film il cui tempo “può essere interessante e divertente”, anzi, lo è senza dubbio alcuno. Per avere un’idea del livello registico di Van Dormael basta confrontarlo con il più azzardato ma sicuramente meno raffinato (e penalizzato dalla carenza di denaro) Jesus Christ Vampire Hunter (che comunque rimane un capolavoro del trash) per apprezzarne le differenze abissali nonostante una tematica simile. Infine, il terzo elemento a funzionare è senza dubbio il casting: Benoît Poelvoorde è perfetto nella parte di Dio, di cui in questo caso viene sfruttata una impressionante somiglianza con il Robert Englund di Nightmare (che non era così evidente in Kill me Please) la quale lo rende ancora più inquieindextante e sadico di quanto  non sia, Yolande Moreau è talmente convincente a livello facciale e corporeo da non aver nemmeno bisogno di parlare e Pili Groyne è brava quanto tutti gli altri attori, seppur di giovane età e abbia iniziato a fare l’attrice nel 2014. Tuttavia una menzione a parte la merita Catherine Deneuve per la capacità di rimettersi in gioco e risultare credibile anche quando avrebbe potuto non esserlo in una situazione bizzarra di cui è protagonista.

Film che merita attenzione e che andrebbe valorizzato, per le idee, per le qualità registiche e per l’amore verso il cinema che traspare non solo nella sua stessa realizzazione ma anche nel gusto della citazione (evidenti sono sicuramente American Beauty, Shining, The ring) e, più di tutto, nel puro divertissement della messa in scena a beneficio di una rara intelligenza dissacrante mai banale.

Non epocale ma indubbiamente geniale.

Giudizio in minuti di sonno : Nemmeno un minuto perché ero al cinema, neanche un assopimento o un qualunque cedimento di sorta.

2 pensieri su “Dio esiste e vive a Bruxelles – Jaco Van Dormael

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