In un periodo in cui il tempo è diventato sempre più un’ossessione forse sarebbe stato molto più fico (perché anche nel citare una canzone è sempre molto importante darsi un certo tono per sembrare profondi e un poco intellettuali, non può mai trattarsi di una canzone qualunque) far tracimare qualche vago pensiero in proposito sulle note di Time dei Pink Floyd, che pure mi capita di risentire a più riprese ultimamente (e questo nonostante non sia un fan sfegatato), invece pare che l’atmosfera giusta sia stata quella di Away & Anywhere di John Frusciante. Credo di averla sentita per l’ultima volta quando avevo ventanni. Per un attimo è stato come scavare in strati di melma sepolta, ficcare le mani in un fango lontano di cui è rimasta in realtà solo una indefinibile sensazione. Uno strascico di brividi che non riesco a focalizzare. Una semplice distanza di separazione con luoghi in cui non riesco a più a collocarmi a livello spaziale e nemmeno temporale. Perché sento sempre più il tempo passare. Se ai capelli radi mi ero rassegnato già da tempo guardando mio nonno e mio padre, le prime rughe intorno agli occhi mi hanno spiazzato. Per un paio di secondi. Non è il cambiamento del corpo a turbarmi quanto il semplice scorrere del tempo, l’idea che gli anni passino rapidamente e che la vita sia una sola e troppo breve per sprecarla. E il tempo in certi momenti mi sembra sempre maledettamente sprecato. Perché non basta mai. Perché vorrei divorare in quantità abnormi ogni cosa il più rapidamente possibile e non riesco ad incastrare tutto come vorrei.
Non credo si esaurisca tutto nel trascorrere l’esistenza facendo quello che si desidera. O almeno trovo abbastanza sciocco dire che il tempo sprecato è quello che non usi facendo quello che vorresti. Non credo che non avere rimpianti significhi aver speso bene il proprio tempo. Chi può veramente dire di non aver rimpianti? Di non aver mai fatto una cazzata o di non essersi pentito di qualcosa? La macrosituazione è buona, ho fortuna, ma se guardo al passato vedo tante occasioni in cui avrei voluto gridare e ho taciuto, altre in cui avrei dovuto stare in silenzio e invece ho parlato, momenti in cui avrei voluto avere un gesto gentile e non mi è riuscito perché mi vergognavo, giorni in cui avrei voluto far tremare il mondo e mi sono rassegnato subito perché in quel momento non me ne fregava niente di niente. Sicuramente ho commesso delle ingiustizie. Ma esistono anche occasioni in cui suppongo di aver fatto la scelta giusta, anche se non avrò mai modo di sapere se potrò definirla realmente tale. Perché forse la scelta giusta per sé è semplicemente quella che si prende, qualunque essa sia. Scegliere una strada è sempre meglio che stare ad un incrocio. Invidio, o forse compatisco, chi sostiene di non avere rimpianti. Perché certe sicurezze mi sono sempre mancate. Perché ogni volta in cui approfondisco fino al particolare trovo facilmente troppe lacune. Tante grida inascoltate, tante azioni inagite, tanti respiri soffocati sotto una coltre bituminosa. Se pensi di non aver mai sbagliato forse è perché, realmente, non hai mai provato sul serio. Gli errori non sono una colpa da nascondere e da deridere, sono un valore, una pelle, una bandiera. Sono quelle cicatrici che, se sei fortunato, rendono la scorza un poco più dura, lo spirito più disilluso ma magari ancora vivo sotto le ferite. Se pensi di non aver mai sbagliato forse è perché, realmente, non hai mai provato. Se non hai nulla di cui pentirti forse significa che sei sempre fermo al punto di partenza. Sono gli errori che, a volte, insegnano. Sono quegli stessi errori da cui, a volte, non impari mai.
Alla fine, sono solo voci nella nebbia.
Provo le stesse, identiche, sensazioni.
E sono di fronte a una scelta importante, radicale, ormai ho deciso cosa fare ma ancora mi sto chiedendo se è quella giusta.
In bocca al lupo..
Per quanto mi riguarda, quando si è trattato di fare scelte importanti, il punto fondamentale si è rivelato essere solo il semplice fare una scelta..