…sono più che sufficienti per girare tutto il centro e vedere (quasi) tutto quello che è possibile visitare.
Primo giorno (Domenica)
Partenza in aereo alle 6:45 (il che significa essere svegli almeno dalle 3 di notte con poco più di 2 ore di sonno perché lo zaino si fa sempre rigorosamente all’ultimo) e arrivo a Madrid Barajas intorno alle 9:00. La metro parte direttamente dai terminal dell’aeroporto (si paga un supplemento) e dopo un paio di cambi (50 minuti di viaggio) si arriva comodamente in centro; da questo punto in poi è completamente inutile usarla per spostarsi perché tra i due estremi, Palacio Real e il Museo del Prado, ci sono circa 40 minuti a piedi. Noi alloggiavamo in Calle de Hortaleza, una traversa di Calle Gran Via (una delle principali arterie), che si trova all’incirca a metà e quindi a 20 minuti da entrambe le parti. A Madrid si può andare tranquillamente ovunque a piedi, in particolare da quella posizione. Ubriachi dal viaggio molliamo gli zaini nell’ostello e girovaghiamo per il centro in attesa di poter fare il check-in (la camera sarà disponibile solo dalle 13:00) con tutte le buone intenzioni di andare a vedere El Rastro, il mercato all’aperto più popolare di Madrid che si tiene tutte le domeniche fino alle 14:00, passando per Plaza Major dove lo stesso giorno si teneva un mercatino di numismatica (penso. O forse era solo antiquariato). Il gentile ragazzo che ci ha accolti all’ostello ci dice che a El Rastro <<C’è tanta gente. E guardate che quando dico “tanta gente” intendo “veramente TANTA gente”>>. Ecco, nonostante questo avvertimento, appena arriviamo realizziamo che c’è “tanta gente, ma veramente TROPPA gente” per la nostra tolleranza di sopportazione di folla ammassata ormai ridotta al minimo dal calo di zuccheri e quindi finiamo a mangiare in un ristorante in cui “Hemingway non ha mai mangiato semplicemente perché il locale ancora non esisteva“, come recita ironicamente sul frontone che dà su una delle vie d’ingresso a Plaza Major. Entriamo in stanza per far passare l’ubriacatura di stanchezza e si riparte intorno alle 5 e mezza per vedere il tramonto sulla città al Templo de Debod, un antico tempio egizio regalato alla Spagna dal governo egiziano. Si passa prima per Plaza de España dove, oltre all‘Edificio España e la Torre de Madrid a fare da corinice intorno a questi giardini, è possibile trovare il Monumento a Cervantes (per inciso uno degli scrittori più sfigati mai sentiti: a 23 anni deve fuggire dalla Spagna per evitare che gli venga tagliata la mano destra, l’anno dopo va in guerra, viene ferito al petto e perde l’uso della mano sinistra per un colpo d’arma da fuoco, inviato a fare il comandante di una compagnia viene rapito dai pirati e trattenuto per cinque anni [e dopo quattro tentativi falliti di evasione] fino al pagamento del riscatto, ritorna in p
atria e vive un periodo di ristrettezza fino a quando non lavora all’interno dell’Invincibile Armata [non c’è bisogno di aggiungere altro] incaricato di requisire viveri per l’approvvigionamento [un compito di merda in un posto di merda] che gli valsero un paio di scomuniche per aver sequestrato derrate di proprietà ecclesiastica [un eroico precursore], viene incarcerato per illeciti amministrativi e una volta uscito, per concludere in bellezza, viene sospettato di omicidio per il ritrovamente di un cadavere vicino a casa sua ma viene prosciolto. In compenso vengono sollevati dubbi attribuendone la causa della morte alla dubbia moralità di figlia e sorelle.. ) e a Don Chisciotte insieme a Sancho Panza. La profezia di un amico poco prima della partenza recitava che avrei trovato brutto tempo nonostante il mio scetticismo da “ho guardato il meteo prima di partire e dava massime di 35°C oltre ad un sole che spaccava le pietre” e, in effetti, i nuvoloni grigi e incombenti insieme alla voce serafica del ragazzo dell’ostello che mi dice “a volte capita che qui piova dalle 18 alle 21” avrebbero dovuto farmi temere il peggio. Eventualità a cui comunque siamo preparati perché dotati di ombrello. Rotto. Risultato: verso le sei inizia ad alzarsi un vento pazzesco che solleva nuvoloni di polvere, sposta alberi come se niente fosse e poi inizia a diluviare letteralmente. Non vediamo il tempio e cerchiamo riparo dalla pioggia nell’androne di un palazzo chiuso.
Secondo giorno (Lunedì)
Prendendo una traversa della Gran Via passiamo accanto alla Iglesia de las Calatravas, Edificio Metropolis e Banco de España arrivando al Palacio de Comunicaciones, sede del comune di Madrid. Da qui si snoda un comodissimo viale alberato a passaggio pedonale (al cui inizio in Plaza de Cibeles ci sono dei cessi pubblici) nelle due direzioni che proseguono oltre la Biblioteca Nacional da una parte e fino alla stazione Madrid Puerta de Atocha dall’altra. Si passa davanti al Museo del Prado che, nonostante sia gratuito tutti i giorni dopo le 17, è assolutamente invisitabile per la quantità assurda di persone che fanno la coda a quell’ora e per il numero indicibile di stanze da vedere. Siamo entrati alle 11 e siamo usciti alle 17 (compresa sosta pranzo dentro al self service del Museo), partendo con l’intenzione di vedere tutto con calma e poi iniziando a guardare molto più rapidamente mano a mano che il tempo passa. Considerando che la maggior parte di dipinti precedenti al 1900 mi rompe abbastanza i coglioni perché consiste principalmente in arte illustrativa diciamo che non è proprio il posto migliore in cui possa stare. Non mi faccio rasponi da intellettuale amante dell’arte a tutti i costi perché “l’arte è arte“, infatti mi annoio abbastanza a guardare quadri tutti uguali e ritratti di ricchi stronzi ma ci sono alcune cose per cui vale la pena andarci comunque: 1) Goya, nel periodo delle pitture nere (E.g. Saturno che divora i suoi figli), la Maja
Desnuda (più di quella Vestida) e “Il sonno della ragione genera mostri“. Al Prado è conservato anche “Il colosso“, l’altro dipindo di Goya che mi è sempre piaciuto, ma proprio qui scopro con profonda tristezza che non è suo. Dal 2008 è stato attribuito ad un suo collaboratore, tale Ascensio Julia, di cui, tra l’altro, mi è sembrato di vedere le iniziali piuttosto evidenti in basso a sinistra, per dire eh…. da evitare il Goya “Happy” (come lo ha definito la persona con me) dell’ultimo piano, palloso e preso troppo bene per risultare non anonimo. 2) Hieronymus Bosch, le sue “visioni” sono veramente suggestive quasi quanto quelle dell’italiano a fianco a me che di fronte a “Trittico del Giardino delle Delizie” si è messo a gridare (toglierò ogni sua inflessione dialettale per evitare di portare avanti lu
oghi comuni) : “Ma dai! Questo è Dalì! Vedi? E’ una roba naïf. Mentre tutti dipingevano angioletti lui dipingeva queste cose qua!“. A confronto io sono Daverio. 3) Una suggestiva copia della Gioconda (identica, cambia la luminosità e qualche colore) fatta da un discepolo di Leonardo, si ipotizzano Salai o Francesco Melzi. 4) l’impressionante dipinto di José de Ribera “Magdalena Ventura (The bearded woman)“ in cui è possibile vedere un uomo barbuto con un seno indiscutibilmente femminile allattare un bambino. E questo perché in realtà sarebbe una donna barbuta ma disegnata con tratti marcatamene maschili. 5) Rimanendo in tema di seno, si
può anche vedere un “San Bernardo e la vergine” di Alonso Cano in cui la madonna, volgarmente, si strizza la tetta destra per mandare un lungo fiotto di latte nella bocca del santo. Mi astengo dal commentare ma sottolineo che prima credo di averlo visto solo in questa scena tratta del film “La teta y la luna” in un blob d’annata. 6) Davide e Golia di Caravaggio, l’unico Caravaggio che non sembra un Caravaggio, visto che solitamente si riconoscono a colpo d’occhio anche per un profano. 7) El Greco, le sue immagini religiose sono stupende e colorate. Ma stiamo parlando di una piccola parte rispetto alla quantità di visibile. Ovviamente all’uscita si
avvicina l’ora della consueta pioggia quindi dopo una passeggiata a lato del Giardino Botanico veniamo sorpresi dall’acquazzone delle 18 e cerchiamo riparo nella stazione di Puerta de Atocha dove veniamo invece sorpresi dalla bellezza di un giardino tropicale contenuto al suo interno che vale veramente la pena di essere visitato e fotografato (a proposito qui le foto di Madrid più serie), come vale anche la pena di essere fotografata Plaza de la Puerta del Sol di notte, viva di movida spagnola, in cui vediamo ambulanti irregolari organizzatissimi per non farsi prendere dalla polizia .
Passeggiatina rilassata fino alla Biblioteca Nacional e alle Torres de Colon e poi in direzione opposta sulla stessa strada scendendo verso il Museo Tyssen-Bornemisza, che si trova praticamente di fronte al Museo del Prado con l’intenzione di arrivare per le 12, quando inizia l’orario di visita gratuita fino alle 16. L’assenza di coda all’arrivo insospettisce molto. In effetti è gratuito dalle 12:00 alle 16:00. Ma del LUNEDI’. Entriamo pagando. Il Museo andrebbe visto partendo dall’ultimo piano e poi scendendo in modo da partire dall’arte cristiana per poi arrivare a quella contemporanea, ma noi non lo sappiamo e per sbaglio facciamo il percorso inverso. Quindi usciti da quella avrebbe dovuto essere l’ultima stanza, che si trova al piano terra, dobbiamo rientrare ma nessuno dice nulla. Decisamente un
o dei Musei meglio organizzati e più interessanti per le opere contenute. Da segnalare l’Annunciazione di Van Eyck in cui l’angelo e maria sembrano due statue e invece sono due dipinti, poi oltre a Rubens, Rembrandt, Canaletto, El greco (di nuovo, anche qui), si passa a tutta la schiera di Van Gogh, Gaugain, Munch (un’opera trascurabile), Degas, Manet, Cézanne, Grosz (Metropolis è folgorante), Mondrian, Picasso, Gris, Kandinskij, Rothko, Lichtenstein, Hopper, ecc.. Troppe opere per poterne parlare. Vale sicuramente la spesa dell’ingresso. Molta più grande è invece la pena di dover sopportare la voce di una donna accanto a me che commenta con l’amica “hai visto la luce?” perché ho sempre l’impressione che sia la classica frase prestampata del cazzo da dire di fronte a qualunque dipinto
per darsi un tono intellettuale e che meriterebbe una risposta a scelta tra “Quella del faro che lo illumina?” e “si e sono in missione per conto di dio“. Ma sarà un problema mio… Ubriachi d’arte (inizio a pensare che la Sindrome di Stendhal non sia altro che la conseguenza dello stancante stare troppo tempo iperstimolati in un museo, chiusi, a camminare e guardare tele su tele senza sosta, riposo e vettovaglie. Altro che conflitto passato rimosso, una qualunque persona dopo 4 ore in quelle condizioni è normale che sia satura e bollita..) ci dirigiamo verso
Parque del Retiro dove è possibile rivedere la luce del sole insieme a Palacio de Velazquez, il Palacio de Cristal e il Monumento ad Alfonso XII passeggiando sulla riva del lago. Usciti dal parco in direzione della Puerta de Alcal si ritorna dalle parti della Biblioteca Nacional passando di fronte ai Jardines del Descubrimento per fare la cosa più ovvia: andare a comprare una maglietta dell’Hard Rock Cafè Madrid con il sentore di essere stato un pirla a non averla presa in quello di Macao e concludere la giornata con una bella cena perché nel frattempo si è saltato il pranzo. Fortunatamente la pioggia pare aver dato tregua.
Quarto giorno (Mercoledì)
Mattina all’insegna della camminata fino al Teatro Real, Plaza de Oriente, Jardines de Sabatini, e Campo del Moro. Quest’ultimo è il giardino dei regnanti sostanzialmente divenuto parco pubblico solo recentemente. Ci entriamo passando dal Paseo della Virgen del Puerto (praticamente dall’altra parte rispetto al lato confinante con Palacio Real quindi dopo una lunga e probabilmente inutile camminata) per due motivi: intanto perché non si trovano altri ingressi accessibili visto che il primo papabile è comunque sorvegliato da guardie armate che ti invitano ad andare oltre e poi perché colto dall’impellenza dell’andare al bagno (i gabinetti di Plaza de Cibeles sono maledettamente lontani) non mi rimane che provare alla stazione Principe Pio a lato di Campo del Moro nella speranza che magari si riveli altrettanto interessante come Puerta de Atocha. Ovviamente no, non si può avere due volte la stessa fortuna E non sembra nemmeno un posto da frequentare di notte, per la cronaca. Comunque, trovo il tanto agognato gabinetto per poi trovarne da lì in poi praticamente uno ad ogni angolo di strada compreso nello stesso Campo del moro. Perché quando cerchi una cosa sicuramente non la troverai e quando non ti servirà ci incapperai ad ogni passo. Dopo aver girato un po’ a cazzo per il parco, non frequentatissimo, sentendomi come suggerisce la guida “il delfino di Spagna” e aver constatato che è necessario
ritornare all’ingresso per uscire senza dover fare un giro assurdo, ripassiamo dai Jardines de Sabatini e, raccogliendo tutti gli ultimi zuccheri rimasti in circolo per un ultimo sforzo, recuperiamo il Templo de Debod perso il primo giorno (che troviamo chiuso per la siesta) e poi andiamo dritti a mangiare. Fine pasto, si va a Placa de Armeria a vedere Palacio Real e Catedral Sta Maria La Real Almudena. Il mercoledì l’ingresso al palazzo reale è gratuito dopo le 17:00. Diversamente si pagano 10 euro (mi sembra). Visto che di vedere la casa di potenti casate non me ne frega più di tanto e nemmeno voglio contribuire alla loro ricchezza, evitiamo a pié pari. Ci sarebbe ancora da vedere la Real Basilica de San Francesco ma è tardi e l’idea sarebbe di provare a entrare gratis almeno al Museo Reina Sofia. Metropolitana da Opera fino ad Atocha (questa volta proprio non se ne poteva fare a meno) e, come al solito, la mancanza di coda insospettisce. Arriviamo alle 16:30 pensando che l’ingresso gratuito inizi dalle 17:00 ma scopriamo che è dalle 19:00 fino alle 21:00. Non ne abbiamo azzeccato uno. Paghiamo di nuovo per entrare anche perché, come realizzeremo in seguito, in due ore non si riesce a vedere praticamente niente sia per il poco tempo, sia per la confusione che inizia a regnare da una certo momento in poi. Il Mu
seo Reina Sofia risulta a tratti piuttosto dispersivo nella distribuzione e nell’organizzazione. Si divide in 4 Piani e questa volta, memori del Tyssen-Bornemisza, partiamo subito dall’alto. Se l’ultimo piano è godibile, il terzo è veramente una fuffa perché ci sono due esposizioni temporanee di cui una delle due penso che ci voglia molta fantasia per definire arte (oppure inizia l’ubriacatura da museo) visto che si tratta di installazioni più simili ai festoni di una festa di compleanno per bambini (non sto scherzando) che una qualunque forma di espressione estetico-artistica mentre l’altra risulta, a suo modo, diciamo dignitosa. Ste
sse perplessità mi lasciano una serie di opere concettuali situate nell’ultima stanza al piano terra del Museo consistenti fondamentalmente in dipinti monocromatici con scritta una data. E basta. Mentre le guardo penso a questa scena e di trovare scritto “Garpez” alla voce “autore”. Il secondo piano e il pianterreno sono piacevoli ma non entusiasmanti come ci si aspetta. Fondamentalmente i motivi principali per entrare al Museo Reina Sofia sono diversi quadri di Picasso e Dalì, alcuni artisti contemporanei, ma soprattutto Guernica che è il vero motore trascinante di questo museo e che è assolutamente infruibile per la quantità di confusione e degenero che si trova nella stanza adibita. Personalmente ho trovato suggestiva tutta la parte dedicata ad una serie di illustrazioni satiriche contro la Spagna Franchista (non ricordo il nome dell’autore) che furono mandate in stampa con una prefazione di Hemingway e una tela del quarto piano la cui superficie è in continuo movimento a causa (mi hanno spiegato e si suppone) di campi elettrostatici (ma non ho la minima idea di cosa si stia parlando e se sia il termine giusto). Deludente ma comunque non visitabile nelle due ore di accesso libero che, anzi, sono assolutamente sconsigliate a chi ha bisogno di prendersi tempo e godersi le tele in silenzio perché in 4 ore si riesce appena appena a vedere tutto ma con una certa fretta. Usciti dal museo e in preda alle convulsioni da carenza di cibo ci fermiamo in una piazza sulla strada del ritorno a gustare qualche Tapas e un bicchiere di Sangria (che manco a dirlo non ha nulla a che vedere con quella che beviamo noi) e veniamo ammorbati da 6 persone che ci vogliono vendere qualcosa, in aggiunta a due musicisti che suonano My way (il tutto in meno di 45 minuti) che, con tutto il rispetto, hanno leggermento rotto i coglioni.
Quinto giorno (Giovedì)
Ultimo giorno con mattinata all’insegna di una passeggiata rilassata in centro alla ricerca di regalini e poi ultima tappa prima di partire. Non lo stadio Santiago Bernabéu di cui non mi frega una mazza, bensì Plaza de Toros ovvero dove si svolgono le corride. Evitando ogni tipo di discorso animalista di cui non mi interessa minimante entrare nel merito in questo momento (e nemmeno quando sono sul posto), c’è poco da fare perché è comunque un edificio architettonicamente bello e quanto di più rappresentativo si possa trovare di Madrid. Da vedere comunque la si pensi. Non c’è praticamente nessuno ad eccezione di altri turisti e la curiosità non è tanto relativa all’edificio in sé, quanto alla fermata della metro per arrivarci che, contrariamente a quello che si potrebbe pensare, è “Las Ventas” e non l’omonima “Plaza de Toros” che pure esiste ma non ho idea di dove porti se non lontano da lì. Forse lo hanno fatto per confondere gli animalisti in protesta per le corride. Da questo punto si è leggermente più vicini all’eroporto che dal centro e quindi il tempo per arrivare al terminal si riduce leggermente ma verso le 15:00 si parte per Barajas.
Conclusioni
Il centro di Madrid è a misura d’uomo, suggestivo e girabile comunque in poco tempo infatti si riesce a vedere la maggior parte delle cose che ci sono da vedere. In generale non sono luoghi poi così distanti dall’Italia (in particolare la pulizia delle strade) anche se, al contrario, gli spagnoli, quantomeno con i turisti, si rivelano estremamente gentili e cortesi. Il mangiare non è caro, con 10 -12 euro si trovano menù da due portate, bevanda a scelta e caffè oppure dolce, più che gustosi. Spendendo leggermente di più si mangia anche meglio ma c’è sempre da stare attenti a dove si sceglie di andare. I menù a volte non indicano se i prezzi sono comprensivi o meno dell’IVA (che comunque è intorno al 10%) e spesso c’è una maggiorazione se si mangia all’aperto che comunque è un po’ come quando da noi chiedono il coperto.
In generale è una città veramente gradevole ma non da annoverare tra le mete in cui sarebbe bello ritornare più e più volte. A dispetto di altri luoghi non ci si sente sicurissimi proprio ovunque, nonostante la polizia sia molto presente e la vita notturna sia piuttosto movimentata. Come ogni posto c’è sempre da stare attenti e non tutte le zone sono uguali alle altre. In compenso a Madrid si respira una forte aria di tolleranza (che in realtà è un termine che odio perché sa molto di dover sopportare qualcosa che non piace) nel senso di convivenza pacifica perché, nonostante la Spagna sia cattolicissima quanto l‘Italia, è piuttosto frequente incontrare per strade coppie omossessuali che si tengono per mano o che si scambiano baci come qualunque altra coppia eterossessuale.
E questo è il vero segnale di una società civile socialmente molto più progredita della nostra.
Un post-guida! Terrò presente Madrid per uno dei prossimi viaggi…
Ciao!
Guida molto grezza.. Si riesce a spendere poco tra aereo e sistemazione, da considerare.. Ciao!
Prenderò spunto dal tuo viaggio per il mio itinerario. Grazie!
Magari non fare i nostri stessi errori sui musei se vuoi entrare gratis! 😀 Qualunque cosa tu decida di vedere ti renderai contro che in centro è tutto molto vicino se si ha tempo per camminare.. 😉 Divertitevi!
Ma infatti penso che la metto la useremo giusto per l’aeroporto è al massimo se il mio compagno volesse andare allo stadio. Per i musei vedo di segnarmi gli orari giusti! 😉