La finestra sull’uomo in corsa

La notte non porta più consiglio, porta sonno e basta.

Se stare a pensare fino a tardi aveva un senso fino a poco fa, ora sembra una perdita di tempo se non c’è qualcosa da fare. Perché il tempo è diventata l’unica vera ossessione. L’ansia di sprecarlo senza nessuna direzione e la certezza di finire per farlo realmente proprio perché non si trova una direzione. In compenso scorre ad una velocità mostruosa e sembra non bastare mai. E’ come tenere l’acqua in un colabrodo di cartone e cercare di tamponare le fuoriuscite con degli stuzzicadenti. Non si riesce a tenere insieme nulla, tutto si sfalda in poltiglia e l’acqua fugge via portandosi dietro solo detriti. Il problema non è sentirsi vecchio quando tutti i coetanei si sposano o hanno figli, e probabilmente nemmeno diventarlo realmente nel futuro lontano, ma solo realizzare che tra oggi e le cose che sembra di aver fatto ieri passano in realtà almeno dieci anni. Fallire la prova della collocazione temporale non è mai un buon segno ma ci possono essere segni peggiori. Come alzarsi di notte con l’affanno risvegliati da sogni apparentemente innocui i cui contenuti sono oggettivamente insignificanti. Ma allora perché il respiro corto e l’ansia? Forse è una corsa. Forse il tempo è come correre dentro ad un lungo corridoio sulle cui pareti è aperta una sola finestra e quello che conta è esclusivamente come si viene visti mentre si passa davanti a quell’unico punto in cui si è visibili dall’esterno. Se non sei bravo a correre e cadi continuamente ma davanti alla finestra vieni visto “in corsa” la logica conclusione è che tu sia un bravo corridore mentre se sei così sfortunato da cadere esclusivamente davanti alla finestra la conclusione a cui si giunge è che tu sia un pessimo corridore. Entrambe immotivate, evidentemente. Le finestre di giudizio sono ingannevoli perché troppo brevi per tenere conto dei precedenti e non hanno nemmmeno una natura così evidente da dire dove ci si trovi nel corridoio come punto di osservazione. Sono inutili per un giudizo complessivo. In compenso fanno erroneamente supporre che l’andamento generale sia esattamente coerente con quanto visto da un piccolo spazio. Basta veramente un solo momento in un unico punto a fare la differenza. Un momento di apice (o di degrado) per cui si viene ricordati e rivalutati (o affossati) nel complesso. Come un pittore di cui si ricordano solo le opere che lo hanno reso famoso. I suoi apici in mezzo a miriadi di tele trascurate. O come chi trascina sulle spalle l’unico errore come uno stigma.

La conclusione buonista vorrebbe che il corridore comunque non smettesse mai di provare. Quella illusa vorrebbe che chi sta nella posizione di giudizio impari almeno a tenere conto dei limiti delle finestre.

La realtà invece se ne frega di qualunque conclusione.

6 pensieri su “La finestra sull’uomo in corsa

  1. A me la notte ha portato mal di testa.
    Ma dopo aver scritto questa cosa autoreferenziale (del resto come tutti i blogger son narcisa), leggendoti mi domando cosa in questo periodo ti fa scrivere così.. del colore del tuo blog.

    Che il tempo sia un’illusione lo diceva Einstein (o qualcuno con la sua tiplogia di laurea 😛 ), io spesso l’ho sperimentato sulla mia pelle. Perciò dove corri? Dove corriamo? Passeggia qui con me, ovunque un uomo arrivi in tempo, è solo il punto dell’inizio di una nuova corsa

  2. “…mentre se sei così sfortunato da cadere esclusivamente davanti alla finestra la conclusione a cui si giunge è che tu” magari neppure esista perché nessuno, ma proprio nessuno, ti ha visto passare. Conclusione pessimista assai. 😉
    Mi piace, mi piace molto questo tuo scritto!

    • Pessimista dipende se nessuno ti ha visto cadere o correre.. Il tuo commento è una conseguenza, un’ulteriore evoluzione, perché nel mio caso si dava per scontato che un osservatore ci fosse e che mi ricorda molto quella questione: un albero cade in un bosco; fa rumore anche se non c’è nessuno ad ascoltarlo?
      Ti ringrazio.. 😉

Secondo me....

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