Vorrei poter dire di essermi ritrovato parecchie volte a guardare in aria con fare romantico e pensoso, tipico degli animi profondi come luogo comune e ancor più tipico nei cialtroni che recitano una parte non loro, ma nella realtà dei fatti credo che mi sia capitato ben poche volte di fermarmi per un attimo a guardare le stelle in un momento che non sia la notte di San Lorenzo. Rincasando a notte fonda un paio di volte mi sono trovato di fronte a notti estive insolitamente uniche (che poi così uniche non dovevano essere se già erano più di una) da lasciarmi la sensazione di vivere in una sfera di vetro, di quelle che quando le giri inizia a cadere la neve finta. Ed era infantile la paura che qualcuno potesse girare quel piccolo angolo limpido e facesse cadere tutte le stelle, seppur anche così tangibile allo stesso tempo . Non c’era nulla di diverso da rendere così particolari quellle notti da altre notti in cui sono rincasato alla stessa ora, erano talmente consuete e banali da non ricordare nemmeno cosa avessi fatto, eppure in quelle due occasioni il cielo sembrava una cupola irraggiungibile, altissima e illuminata da un’atmosfera trasparente e brillante che non sempre riesco a vedere con la stessa intensità.
A chi importa se vedi il cielo come una cupola anche se sai che non lo è?
E in quel momento tutti i rimasugli mnemonici di Scienze della Terra del liceo (già esigui e che ormai si riducono alla sola Forza di Coriolis, utile esclusivamente nel caso in cui incontrassi un malintenzionato con una pistola in mano al grido di “O mi spieghi la forza di Coriolis o ti uccido” la quale esula da ogni realistico pronostico di senso compiuto) vanno un po’ a farsi benedire insieme a tutti gli inutili tentativi fatti negli anni di trovare la stella polare. Perché in quel tappeto di puntini luminosi finisco per trovare l’orsa maggiore e l’orsa minore praticamente ovunque unendo stelle a caso, anche dove so con certezza che non può esserci alcuna stella polare visto che immancabilmente finisco per riconoscerla ad ovest. Verso nord non l’ho mai trovata.
Il cielo che ho visto qualche sera fa era sempre dallo stesso punto di vista, dallo stesso cancello, durante una notte meno brillante ma pur sempre una notte psicologicamente estiva solo per il forte odore dell’erba appena tagliata. Non so se fosse lo stato di sopore da antistaminci / allenamento / mi sono addormentato penosamente sul divano dopo i titoli di testa di un film ma la frase che mi si materializza in testa è immediata e netta : “Questo cielo non è il tuo“.
E mentre prende corpo e si ripete come un mantra ossessivo che cresce impetuoso e rimbomba tra le pareti delle mie orecchie, cerco di interrogarmi su quale significato profondo possa nascondere, su quale messaggio il mio inconscio stia cercando di comunicarmi approffittando del mio stato di rimbambimento.
Ma rimane solo la scia di una frase senza senso perché in nemmeno un minuto sto già dormendo di nuovo, tanto la mattina non è lontana.
Comunque, questo cielo non ti appartiene.
“Questo cielo non è il tuo” a me farebbe pensare una sola cosa. O meglio, fa. La stessa che penso tutte le sere alzando gli occhi quando rientro a casa, anche se le costellazioni sopra di me le conosco a menadito e so esattamente dov’è la stella polare. Che questo cielo non lo sto guardando dal posto giusto.
E’ quello che è venuto in mente anche a me. Ma visto che non si è trattato di un pensiero cosciente (di solito funziono per immagini e non per frasi) mi è venuto spontaneo credere che forse ci potesse essere dell’altro..
Questo solo tu puoi saperlo 🙂
In teoria.. 😉