Applausi a scena vuota – David Grossman

Dova’le è un cabarettista non più giovane che ancora sale sul palcoscenico come mattatore incontrastato, acclamato dal pubblico a gran voce. Sono tutti nelle sue mani e pendono dalle sue labbra in attesa di ogni sua parola quando si esibisce. E’ un idolo. Schernisce e deride tutto e tutti ottenendo in cambio solo grandi risate. Ma la sera dello spettacolo a Netanya non è occupata da un’esibizione come le altre perché c’è qualcosa di diverso: in uno di quei tavoli ad ascoltare il suo monologo siede il giudice Avishai Lazar, una vecchia conoscenza d’infanzia invitata dallo stesso Dova’le per assistere una performance in cui non andranno in scena le battute e l’ironia soliti ma uno degli angoli più remoti e personali della sua stessa vita.

Grossman ha il dono non solo di scrivere veramente bene ma anche di catturare l’attenzione dopo pochissimo tempo. I suoi libri sono dei vortici che risucchiano lentamente il 9788804648689-applausi-a-scena-vuota_copertina_piatta_folettore e non gli permettono più di uscire da quelle pagine ma solo di scorrerle fino alla fine. Il suo stile è morbido, fluido, leggero, non soffre mai di pesantezze o di meccanicismi e, anche quando sovrappone i pensieri di un personaggio ai monologhi di un altro separandoli solo con delle virgole, la narrazione non perde di vigore e di scorrevolezza; non confonde le idee come per esempio succede in La morte di Artemio Cruz, ma si destreggia invece con maestria nei rimpalli tra uno e l’altro tenendo alta l’attenzione. Grossman accudisce il lettore e non lo molla mai, anzi, si diverte a bruciarlo a fuoco lento in una corsa verso un finale spostato ogni volta di un poco più in là, attizzando “la tentazione – alla quale è così difficile resistere – di sbirciare nell’inferno di qualcun altro.” Il protagonista, Dova’le Greenstein, infatti è il prototipo del comico maniacale sul palco ma profondamente depresso nell’intimo, in cui si nascondono traumi ed infelicità che vengono svelate poco per volta in un calibrato coinvolgimento a salire. L’impianto dei romanzi dello scrittore israeliano è sovrapponibile a questa struttura perché a fronte di un’apparenza leggera e mai calcata si svelano drammi profondi e coinvolgenti, nonostante vengano dal passato o da una quotidianità comune. Come in Qualcuno con cui correre la sensazione è quella di assistere ad uno straordinario antefatto precedente a ciò che ha realmente importanza, ovvero la vita nella sua forma autentica, la quale si sviluppa solo dopo che  si è conclusa la narrazione. Grossman passa il compito di decidere cosa sia accaduto a Dova’le e Avishai (o ad Assaf e Tamar) alla fantasia del lettore. Il finale non è sospeso in quanto non chiaramente definito, ma prosegue invece in un alone di positività che va oltre le righe tracciate dall’inchiostro e finisce nella mente di chi si affeziona ai suoi personaggi ed immagina per loro un destino ulteriore, un futuro.

David Grossman è ateo, ha perso il figlio nella guerra israelo-libanese del 2006 ed è fortemente impegnato a favore della ricerca di una soluzione pacifica della questione palestinese ma più di tutto porta avanti nei suoi romanzi una consolante poetica di umanità e di delicatezza, seppur contestualizzati in paesaggi difficili, di cui c’è un gran bisogno quanto di persone come lui perché in momenti come questo, quando le brutture prendono il sopravvento e le divisioni solcano abissi incolmabili di separazioni, ci vuole qualcuno che costuisca ponti ad unire le due sponde di un burrone.

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