Lo scorrettissimo vicequestore Rocco Schiavone trasferito da Roma ad Aosta per motivi disciplinari ritorna in questo secondo romanzo in cui dovrà indagare sulla morte di Ester Baudo, trovata morta impiccata con dei fili elettrici all’interno del suo appartamento messo soqquadro. Troppe incongruenze fanno pensare che non si tratti di un suicidio ma che sia stata uccisa, magari dagli stessi ladri. Nel frattempo il passato sepolto torna a farsi vivo..
Nuovo episodio dedicato al vicequestore incazzoso e misantropo che gira in clarks, fuma le canne e non disdegna il politicamente scorretto di due bei pattoni ben piazzati; Antonio Manzini affina decisamente la tecnica ed evita gli “errori” stilistici che avevano reso il colpo di scena di “Pista Nera” telefonatissimo al lettore e conseguentemente lo spiegone finale. Corretto il tiro non troppo funzionante nel primo episodio quello che rimane è un bel giallo-noir leggibile e scorrevole su di un personaggio piuttosto singolare che, pur non avendo ancora la personalità chiara e profonda dei pilastri storici del genere (i soliti, inutile elencarli) e con tratti a volte superficiali, è in evoluzione e crescita verso notevoli miglioramenti. L’amalgama di ironia e di teatrini comici funziona anche se a volte pare forzata mentre Schiavone pare impercettibilmente troppo impostato, ma queste in realtà sono pippe mentali perché è una buona lettura. I numeri ci sono tutti, basta farli fruttare bene. Forse Rocco Schiavone non diventerà il nuovo Montalbano, ma al momento è già arrivato al livello dell’Avvocato Guerrieri di Gianrico Carofiglio.