Gervaise (in alcune vecchie edizioni tradotto con l’orribile Gervasia) lavora come lavandaia dipendente a Parigi. Il fidanzato, Auguste Lantier, la molla per scappare con un’altra donna lasciandola da sola a mantenere i loro due figli Étienne e Claude. Nonostante le difficoltà iniziali e lo sconforto Gervaise continua a lavorare duramente per mantenere la propria famiglia in maniera dignitosa, seppur in condizioni umili. Attira le attenzioni dello zincatore Coupeau che dopo un lungo corteggiamento riesce a sposarla e ad avere una figlia da lei, Anna. Grazie ai loro sudati risparmi e ad un prestito da parte del vicino di casa Goujet, che nutriva un affetto particolare per la donna, Gervaise riesce ad aprire una lavanderia di sua proprietà e a portare avanti l’attività con successo nonostante le maldicenza e le invidie dei parenti e nel quartiere. Quando Coupeau si fa male cadendo da un tetto le economie famigliari subiscono qualche complicazione che tuttavia viene tamponata dai guadagni del negozio. Qualcosa però lentamente cambia nell’uomo, prima gran lavoratore, sobrio e gentile, che inizia a diventare sempre più pigro e svogliato, intento più a passare il tempo a bere acquavite all’Assommoir (Scannatoio, Ammazzatoio) dell’oste Colombe che a portare a casa denaro. La spirale dell’alcolismo lo risucchierà lentamente, trascinando con sé anche la moglie e quanto di buono si era impegnata a costuire.
Lo scannatoio fa parte della monumentale opera di Zola il Ciclo dei Rougon-Macquart in cui attraverso il romanzo sperimentale di stampo naturalistico evidenzia l’ereditarietà intergenerazionale del vizio che si tramanda di padre in figlio con uno stile asettico e mai schierato (non platealmente perché la predilezione di Zola per i deboli si intuisce) con cui è possibile comunque denunciare le ingiustizie sociali, le condizioni di vita ma anche le meschinità delle persone con tutti i loro lati morbosi e peggiori della crudeltà umana. La protagonista è Gervaise Macquart figlia di un soldato alcolizzato di cui eredita il vizio e che, a sua volta, trasmetterà ai figli Anna ed Étienne (le cui vicende di prostituzione per la prima e di violenza per l’altro saranno raccontate rispettivamente in Nana e Germinal) con il contributo preponderante del marito ma che non arriveranno a Claude il quale erediterà invece una genialità artistica “contagiata” (per modo di dire) da una nevrosi (L’opera). Lo sforzo nella costruzione di un ciclo simile è sensazionale e prende spunto dalla commedia umana di Balzac con un’ottica influenzata dal marxismo e dal socialismo. Stilisticamente facile alla lettura, con un linguaggio che ai tempi destò scalpore per la contaminazione di termini provenienti “dal basso” che si adeguavano ai principi del naturalismo e che colorivano la narrazione senza risparmiare dati di realtà a cui essa doveva aderire nel princio dell’osservazione mutuato dalle scienze naturali, unisce una visione desolante dell’esistenza e della vita con evidenti intenti di denuncia nei confronti delle ingiustizie sociali a cui ovviamente Zola era molto sensibile (arcinoto è il suo J’accuse sull’Affare Dreyfus che, tra le altre cose, pare possa anche essere la causa della sua “accidentale” morte per avvelenamento da monossido di carbonio).
Gervaise è indiscutibilmente una brava donna, buona d’animo e lavoratrice che tuttavia non riesce a vedere abbastanza lontano da tamponare gli eventi o meglio finge di non vedere e preferisce adattarsi ad una realtà che potrebbe ferire mortalmente, cercando di fare in modo che faccia leggermente meno male, piuttosto che ripartire da zero e lasciare tutto. Stare meno male invece di faticare per stare bene. Si assiste impotenti ed insofferenti alla caduta sempre più in basso di questa donna che aveva carte vincenti in mano ma che permette gli vengano sottratte poco alla volta, dagli altri e dalla propria indolenza. Le sue uniche ambizioni vengono divorate e spolpate fino alla fine senza lasciare nulla. Eppure le occasioni di risollevarsi non le mancano, anche nel momento peggiore una mano le viene sempre porta da un cuore sincero a cui lei rinuncia ad aggrapparsi per continuare a cadere sempre più in basso. Anche le occasioni di risollevarci forse dobbiamo sentire di meritarcele dal profondo per poterle cogliere appieno. A volte ci si affeziona alla condizione pietosa in cui si versa con il sopraggiungere della rassegnazione e dell’abitudine (“L’abitudine logora tutto, anche l’onestà“) fino a quando non si realizza che oltre certi limiti proprio non si può andare, perché appena sopraggiunge la fame oltre a quella non c’è più nulla, nemmeno la dignità.
Struggente e sconvolgente perché crudamente vero.
Lo vedo già, copiato da centinaia di studenti…
Si fa prima a leggerlo..
questo libro e` un capolavoro assoluto.
poco noto, in fondo, rispetto al suo valore.
Concordo..
Verissimo, in effetti Zola viene ricordato più che altro per alcuni titoli a dispetto di altri che finiscono per essere trascurati. Del resto a tutti gli scrittori capita di rimanere legati ad alcune opere nonostante spesso ne producano di migliori..