La risalita (terza parte) – Racconto

(Seconda Parte)

Erano tutti sporchi e visibilmente emaciati, imbruttiti dalla magrezza malcelata da lunghe barbe incolte e da baschetti spioventi sulla testa. Fu Adele a vederli per prima mentre si avvicinavano alle case e corse con la sua andatura saltellante fino da Cesare per avvertirlo dell’imminente arrivo. Il fucile era inutile di fronte a dieci uomini armati quindi li aspettò senza tenere nulla tra le mani. Quando furono vicini, uno di loro si staccò dal gruppo e gli andò incontro.
<< Salve. >>
<< Salve. >>
ripetè Cesare osservano uno degli uomini armati, un ragazzo giovanissimo senza un filo di barba, che si strofinava violentemente il naso tenendolo tra l’indice e il pollice.
<< Siamo del Fronte di Liberazione Nazionale. Siamo qui per chiedere la vostra collaborazione. C’è stata una battaglia a valle con gli uomini dell’esercito di Valpreda e una serie di ufficiali e soldati sono riusciti a scappare al giudizio dei tribunali popolari. Sono criminali senza pietà che hanno ucciso migliaia di prigionieri politici ed oppositori del regime. Se vi capitasse di vederne qualcuno avete l’obbligo di denunciarli e consegnarli a noi. Diversamente si viene considerati collaborazionisti traditori e la pena è la morte. >>
Cesare sprofondò dentro sé stesso mentre fuori rimaneva impassibile, ben protetto dalla sua lunga barba bianca inespressiva. Non disse nulla e si limitò a fissarlo sperando che non proseguissero oltre. Non sapeva nulla di Mario. Poteva avergli mentito ed essere un militare. Mario è un nome talmente finto da essere imbarazzante. Era certo del suo errore ma ora non poteva tornare indietro. Se lo consegnava ed era veramente un ufficiale, prima o poi i militari sarebbero venuti a saperlo e li avrebbero uccisi tutti. Se non lo consegnava e veniva scoperto, sarebbero stati i guerriglieri ad ucciderli tutti. Le possibilità che Mario fosse veramente un operaio erano poche. Ma non voleva essere comunque responsabile della morte di uno sconosciuto. Di politica non si interessava da tempo ormai e con l’esperienza era arrivato alla conclusione stare da una parte piuttosto che dall’altra non c’era differenza. L’unica discriminante era il potere. Chi lo ha usa tutte le sue forze per sopraffare gli altri. E in quella situazione tutti avevano la forza dalla loro parte, meno la povera gente che si trovava in mezzo alla follia di due fazioni in lotta totalmente disinteressate al benessere e al bene comune.
Si affidò alla fortuna.
Allargò un braccio in direzione delle case in segno di benvenuto dicendo
<< Potete guardare dove volete, se lo ritenete opportuno. >>
e così dicendo si volse indietro gridando ad alta voce
<< GIOVANNA! ADELE! STATE TRANQUILLE E LASCIATELI ENTRARE A GUARDARE QUELLO CHE VOGLIONO! >>
sperando che Mario lo sentisse e avesse l’accortezza di nascondersi.
Il capo del manipolo fece un cenno e gli uomini si diressero verso le case con molta calma per ispezionare le abitazioni. Indossava un’uniforme militare verde sgualcita e lisa insieme ad un paio di scarponi molto consumati; teneva saldamente il suo mitra mentre non distoglieva lo sguardo da Cesare che rimaneva impassibile.
<< Quanti siete in questo paese? >>
<< Quattro famiglie. Ma due non sono qui in questo momento. Una si è spostata più a valle per andare dai parenti mentre l’altra sarà di ritorno tra qualche giorno. >>
Il capo si accese una sigaretta e ne offrì una anche al vecchio che rifiutò.
<< E’ un bel posto questo. Sapete nulla di quello che succede per le strade? >>
<< Sappiamo che è scoppiata una guerra. >>
Disse lui sintetico.
<< Le truppe del generalissimo sono sempre nutrite ed armate. Noi ribelli stiamo cercando di resistere per instaurare il nuovo governo del popolo ma per sopravvivere abbiamo bisogno dell’appoggio di tutti. Compreso del vostro. La collaborazione di tutti è fondamentale per rovesciare quel tiranno di Valpreda. >>
<< E chi non volesse farlo? >>
<< O si è con noi o si è contro di noi. >>
<< Non lasciate molta scelta.. >>
<< In guerra non ci sono scelte, ma solo necessità. >>
Nel frattempo i guerriglieri non trovarono nulla e ritornarono tutti in direzione del loro capo. Uno di loro stava portando dietro a sé una mucca mentre un altro teneva due galline per il collo. Cesare si avvicinò a loro protestando ma uno degli altri si mise in mezzo, gli puntò subito il fucile contro il torace e gli intimò di allontanarsi.
<< Calmati amico mio.. >> gli disse il capo << …non siamo dei volgari ladri. Questo è’ un esproprio rivoluzionario per il bene della causa. Con queste bestie stai finanziando il movimento di ribellione con cui verrà costruito un nuovo governo. E in cambio ti lasceremo una nota di credito con cui ti verrà rimborsato tutto il loro valore quando avremo preso il potere. E forse anche qualcosa in più, al momento opportuno.. >>
Lo sguardo di odio misto ad impotenza di Cesare era emblematico. Sapeva di non poter fare niente e riuscì solo ad esprimere tutto il suo disprezzo al soldato tesoriere che gli porse un sudicio foglio di carta scritto a mano.
<< Mi mangerò questo quando moriremo di fame?? >>
Sventolandolo all’aria con impeto, prima di venire colpito al volto da uno dei guerriglieri e cadere a terra con un labbro rotto.
<< Fermi! Nessuno lo tocchi! >>
Gridò a quel punto il capo vedendo che altri si stavano avvicinando all’uomo. Attese che si rialzasse e poi si allontanò dal paese insieme ai suoi uomini.
La rabbia per il sopruso subìto non accennava a passare, in compenso si faceva strada un senso di sollievo per la prontezza di Mario nell’essersi nascosto. Lasciò passare un quarto d’ora buono e poi si recò nella stalla.
<< Dove sei? Puoi uscire! >>
Disse ad alta voce.
In uno degli angoli vide un cumulo di pagliericcio muoversi e da esso uscire l’uomo tutto sporco il quale sorridendo si complimentò per l’improvvisazione.
Cesare si sentiva umiliato e scosso. Stava fisso con lo sguardo a terra pensieroso. Senza alzare la testa, pietrificato nella sua posizione, gli chiese chi fosse facendogli presente che aveva appena rischiato la vita per lui e che erano stati salvati da un colpo di fortuna.
Mario esitò un attimo e poi ammise di essere un ufficiale dell’esercito governativo scampato ad una strage.
<< Siamo capitati in un’imboscata da parte di un battaglione di ribelli. Eravamo in pochi perché il nostro era uno spostamento segreto, sconosciuto anche alle alte sfere di comando. Forse il loro piano era preparato per altri, fatto sta che ci siamo finiti di mezzo noi. Abbiamo lottato per un giorno intero poi ci siamo dovuti arrendere. Ma loro avevano già deciso di non fare prigionieri. Ci hanno portati lontani dal paese e poi hanno iniziato ad ucciderci uno dopo l’altro gettandoci dentro una fossa all’interno delle grotte. Pensavano che nessuno sarebbe riuscito ad uscire da quel posto ma invece ci sono riuscito. >>
<< Terribile.. >>
commentò Cesare sedendosi sopra lo sgabellino che era solito usare per la mungitura. Sospirò e poi guardandolo finalmente negli occhi continuò
<< Eppure so che anche voi non siete molto meglio. Le notizie arrivano anche da noi. Abbiamo sentito di rastrellamenti, di pulizia etnica. Storie terribili di donne violentate e uccise brutalmente, contadini impiccati e squartati, torture di ogni tipo…chi ci finisce di mezzo siamo sempre noi che stiamo tra due fuochi. >>
E ritornò a guardare a terra poggiando i gomiti sulle ginocchia e lasciando le mani ciondolare nel vuoto. Chinò il capo fino a toccarsi il petto con il mento e poi sussurrò
<< Privilegio e potere. >>
Alzò le mani e se le mise in testa a sorreggerla come se stesse sostenendo un peso ben più grande e gravoso, un macigno insostenibile delle dimensioni del mondo intero. Un Atlante contadino che teneva tra le mani un cumulo di orrori di un mondo straziato dalla violenza e dalla sopraffazione. Aveva paura. Per la propria vita e per quella della sua famiglia. Rita non meritava di vivere in un periodo tragico come quello. Ma c’è veramente qualcuno al mondo che meritava di vivere gli orrori della guerra, della fame, della miseria?
Guardò Mario cercando una risposta che non poteva avere e che forse non voleva sapere. Si chiese quante volte avesse partecipato ad una di quelle azioni di cui in paese avevano sentito l’eco. Il sangue grondava dalle sue mani quanto in quelle dei loro oppositori. In natura si dice che quando il leone giovane scalza quello vecchio la prima cosa che fa è uccidere la prole del predecessore per avere nuovamente le femmine in calore e generare la propria stirpe. Chi prende il potere non è diverso, chiunque esso sia o comunque la pensi. Deve cancellare l’esistenza dei predecessori e può riscrivere la storia ignorando le zone buie ed esaltando i momenti di gloria in un meccanismo perverso che violenta la verità. La sola appartenenza diventa una colpa a prescindere dalla bontà e allo stesso modo può essere un merito a prescindere dalla malvagità. Non sappiamo giudicare gli uomini per quello che sono interiormente ma solo per le categorie a cui appartengono. Esistono altri modi peggiori di questo per morire?
<< Mi hai mentito. Voglio che tu te ne vada. >>
Disse con un sospiro, rialzando la testa e poi rimettendosi in piedi.
In quel momento si sentirono in lontananza degli spari e delle esplosioni.

CONTINUA

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