Pietro Zinni (Edoardo Leo) si è laureato a 24 anni in Neurobiologia con il massimo dei voti, ha un master in Neuroscienze Computazionali e uno in Dinamica Molecolare e ha inventato un algoritmo per la modellizzazione di molecole organiche. Ovviamente avrebbe “poca esperienza” per poter fare qualunque altro lavoro e quindi persegue l’insolito sogno (per un paese come l’Italia in cui i titoli di studio sono una nota di demerito mentre l’essere un pregiudicato è una grande porta verso una sfolgorante carriera) di fare il ricercatore e ottenere il finanziamento per portare avanti il suo rivoluzionario progetto insieme ad un contratto a tempo indeterminato. Il professore che lo supervisiona è un coglione incapace e la ricerca di Pietro è così difficile che nessuno della commissione finanziatrice ci capisce niente quindi alla fine l’assegno viene assegnato ad un altro. Non avendo il coraggio di dire nulla a quella rompipalle della sua fidanzata Giulia (Valeria Solarino) e versando in condizioni economiche precarie decide di usare il suo algoritmo per produrre una nuova droga perfettamente legale in quanto se non figura nell’elenco delle molecole illegali del Ministero della Salute è possibile venderla, possederla e usarla. A quel punto organizza una banda per lo smercio e chiama una serie di altri ricercatori alla fame: Mattia (Valerio Aprea) e Giorgio (Lorenzo Lavia), due latinisti di fama internazionali che fanno i benzinai di notte per un cingalese, Alberto (Stefano Fresi) un chimico ex docente universitario che fa il lavapiatti nella speranza di diventare cameriere e prendere 700 euro al mese, Andrea (Pietro Sermonti) Antropolo tradotto in 50 lingue che non riesce a trovare lavoro perché ha fatto “l’errore di gioventù” di laurearsi, Arturo (Paolo Calabresi) laureato in archeologia classica con specializzazione in cartografia archeologica all’undicesimo anno da precario e Bartolomeo
(Libero de Rienzo) mago in Economia Dinamica che applica la matematica al poker con scarsissimi risultati. I disperati si organizzano e..da qui in poi è meglio guardare il film.
Brillante commedia d’esordio del giovane Sydney Sibilia alle prese con il suo primo lungometraggio prodotto da Fandango che si inserisce a pieno titolo in quel filone di tradizione italiana che ha sempre saputo creare dei film degni di questo nome (e che a tratti continua a sfornare) prima del tracollo mentale da cinepanettoni. Smetto quando voglio è un film degno di nota e da non perdere, piacevole, ironico, originale e divertente nonostante si inserisca in un contesto di temi ipersfruttati. Le gag funzionano tutte anche quando strizzano l’occhio ai luoghi comuni; si ride (o si sorride malinconicamente) ma alla fine del film subentra l’amarezza della realtà, perché le cose non sono poi molto lontane dalla finzione. Viene rabbia a pensare che in Italia le menti più brillanti, o in generale anche solo i più “banali” laureati, non riescano ad andare avanti e a trovare un’occupazione qualunque. Chi non ha passato giornate intere a spedire curriculum per mesi senza risultato non sa cosa
voglia dire. In compenso se ne trovano tanti che dicono “beh, cosa ci vuole? basta portarli in giro” e ovviamente sono quelli che non hanno mai compilato in vita loro un curriculum perché lavorano nell’azienda di famiglia o hanno avuto la fortuna di trovare un lavoro tramite amici o parenti. C’è un solo luogo comune che indirettamente viene ribaltato ed è quello secondo cui “nei libri non ci sono le risposte alla realtà” come se non fosse a quella a cui fanno riferimento i ricercatori e come se il sapere e la cultura fossero un peso, un bagaglio inutile. Uno studio ben fatto
varrebbe meno di una “sensazione a cazzo” basata su di una euristica personale. Qui al contrario la “conoscenza” viene usata e sfruttata proprio per ottenere un successo nella realtà.
Grazie, non se ne poteva più.
Cast mutuato in buona parte da Boris con l’aggiunta del sempre bravo Libero de Rienzo (anche se in ruoli regolarmente molto simili) e la partecipazione di un inedito Neri Marcoré. Ottima prova per tutti gli attori e anche per il regista che dopo questo inizio si spera che continui sulla stessa strada con nuovi film allo stesso livello.
Da vedere. La commedia italiana c’è ancora con nuove leve che, se non possono eguagliare le vecchie glorie, quantomeno riescono a portare avanti in maniera convincente un filone attualmente sottovalutato e che non riesce mai ad avere il successo meritato a confronto con abomini inguardabili in cui scoregge e doppi sensi sessuali beceri di infimo livello sono la bandiera da elettroencefalogramma piatto. Non è richiesto farsi rasponi da cinefili ma almeno rimanere ad un buon livello di decenza.
Giudizio in minuti di sonno : Dormito secco la prima mezzora per il pisolino post pranzo, ma dopo aver riavvolto la visione è filata liscia fino alla fine. Pure rivisto qualche giorno dopo.
Però non è un po’ triste essere costretti ad apprezzare film così, perché non riusciamo comunque a far di meglio?
Sarebbe triste se fossimo costretti ad apprezzare un cinepanettone perché non si trova di meglio.. 😀
In realtà commedie come queste non sono da disprezzare ma vanno prese per quello che sono nel loro genere. Divertono e vanno bene per quello scopo come tanti altri film tipo Generazione 1000 Euro, Santa Maradona, Notturno Bus, Non pensarci, Cresceranno i carciofi a Mimongo, Ovosodo, Tutti giù per terra e così via.. Chiaro che se pensiamo a Monicelli (uno a caso) la commedia attuale ne uscirebbe molto malconcia dal paragone ma perché sono due categorie di peso completamente diverso e non possono essere confrontate..
Credo che in Italia ci siano molti registi che fanno di meglio ma non vengono apprezzati (basta vedere le polemiche su Sorrentino) e hanno poca visibilità, se non sono addirittura ostacolati da una logica di vendite che privilegia le fiction oppure film volgari da far impallidire il pecoreccio anni ’70.
Assolutamente d’accordo, su questo: volendo, i buoni registi ci sarebbero, ma funziona un po’ come nella musica, i riflettori vanno sempre e solo alle Emme e Alessandre di turno.
Personalmente non sopporto Edoardo Leo.
Ha la faccia da buono, sempre la stessa, in ogni ruolo che interpreta. Non riesce a distaccarsi dalla sua natura.
Avrei dato molto più spazio a Sermonti che invece mi piace assai, e al buon “Biascica” che comunque non delude mai.
Azzeccatissimo il chimico, che mi ricorda molto il bravissimo Battiston (chissà come ci sarebbe stato lui), un po’ privo di spessore a mio avviso l’economista, e mi è dispiaciuto perché al contrario mi piace De Rienzo. Forse lo avrei sostituito a Leo.
Un bacio.
Edoardo Leo ho dato un’occhiata alla sua filmografia prima di scrivere il post e ho realizzato di non averlo mai visto prima di questo film quindi non saprei proprio cosa risponderti. In questo caso almeno mi pare che la faccia da buono ci stia. Certo se è inflazionata capisco il tuo fastidio.
ahaha! Come Biascica era fenomenale, è vero che ne esce sacrificato ma tutto sommato gli equilibri mi pare che ci siano.
De Rienzo è bravo ma fa sempre ruoli molto simili e lo adoro da Santa Maradona.. In effetti, chissà..
Un bacio a te.
Gran bel film, Santa Maradona…
Non è facile trovare qualcuno che lo abbia visto e anche apprezzato..
Dai, è abbastanza famoso…