“Siamo una generazione con l’ansia!” conclude la mia amica dopo che le dico di essere “un attimo in ansia“.
Non è una novità, ci convivo perché nel mio caso non è nulla di invalidante e perché ho imparato a tenere a bada quello stato con mezzucci (oltre al fatto che viste le prospettive generali non è poi così strano non essere proprio tranquillissimi). Se sono agitato cerco di fare qualunque forma di attività fisica stancante che faccia circolare un poco di positività artificiale. Non è poi così diverso da drogarsi, bere o altro. Inganno il mio cervello. I sintomi spariscono, tutto diventa più gestibile e razionale, ma l’inquietudine disorganizzata rimane. E mi rendo conto che sto bene solo quando sono via, perché è come non esistere, non esserci più, semplicemente mi volatilizzo e sono altrove a fare altro, a tenermi impegnato, in moto; più di tutto a non pensare. Perché stare fermo mi annichilisce. Ogni preoccupazione si esaurisce nella distanza, che rende tutto così lontano da non permettere di vedere più nulla della rappresentazione degli incubi messi in scena dalla mie inquietudini.
E’ una fuga, sto fuggendo.
Non a caso, ho comprato “L’elogio della fuga” (e spero mi arrivi presto). Proprio perché spero di trovare qualche risposta o qualche suggerimento, una qualunque metafora o chiave interpretativa (penso basterebbe anche una semplice giustificazione) che possa aiutare a focalizzare la questione sotto la luce adeguata ma temo che, come al solito, non troverò alcuna rivelazione. Non esistono verità rivelate. Dovrei andarmele a cercare. Ma a partire da dove? La fuga è la certezza di un’ottima soluzione temporanea. Andare via mi fa sempre stare bene. Ma è l’andare via o la distrazione? E soprattutto, andare via da cosa? Dalle persone? Dai luoghi? O da me stesso? Se fosse quest’ultima (banalmente probabile) non posso fare a meno di ripensare alla solita cazzo di frase di “Radiofreccia” che ogni tanto mi viene in mente (che sicuramente qualcuno avrà detto in un modo migliore) :”Credo che la voglia di scappare da un paese con ventimila abitanti vuol dire che hai voglia di scappare da te stesso. E credo che da te non ci scappi neanche se sei Eddy Merckx“.
E mentre ci ripenso mi immagino a fuggire dalla mia ombra nel tentativo di tenerla il più lontano possibile da me. Mi sento stupido perché non mi posso separare da lei. Ma mi sento ancora più stupido quando realizzo che nel cercare la luce non faccio altro che aumentare l’ombra. Le faccio assumere una forma più grande e più piccola, lunghezze diverse oppure maggiore o minore intensità. Ma lei sarà sempre lì. Capisco, mio malgrado, che l’unico modo per cancellare l’ombra non è la luce, ma proprio il buio. Solo in quel modo le ombre possono sparire inghiottite da qualcosa di più grande. Entrare dentro ad un profondo buio di pece (che non è mai troppo rassicurante ed invitante) è la soluzione. Ma nella pratica come si traduce questo? Mi convinco che al buio si possono scoprire strade diverse da quelle già pronte, che risultano allettanti solo perché alla luce del sole appaiono come le uniche percorribili, ma forse non riesco a convincermi fino in fondo che le cose stiano in questo modo perché ancora mi mancano i mezzi e la convinzione per poterlo fare.
Ma fare che cosa?
Per il momento rimane solo la fuga temporanea, efficace almeno fino a quando lo stallo non riprenderà forza e concretezza e mi si ripresenteranno le stesse questioni irrisolte.
Dovrei spegnere la luce, lo so, ma non vivo in un film e intorno a me non c’è la musica di Bachman Turner Overdrive.
di notte
apro gli occhi
e rallento
la corsa…
la fuga…
bellissimo post
grazie
[LeMiEGioR
nATeDiP
lAstIcA]
I.
No, grazie a te..
probabilmente spegnere le luci potrebbe significare distaccarsi da ogni distrazione e capire il problema alla base, e quindi affrontarlo. Ovviamente in questo modo è tutto fin troppo semplice.
E’ una possibilità..
Certo, non esistono alternative semplici anche quando le soluzioni sono a portata di mano..
Io sono così ansiosa da pensare che anche le mie ansie hanno l’ansia! 😀
E non trovo via di fuga, se non la convivenza a tratti con un peso sul petto, a tratti il cuore che pulsa nelle tempie. Morirò d’infarto, prima o poi! 😀
Un soffio!
😀
La fuga alternativa alla convivenza prima o poi si trova.. 😉
L’ansia, compagna malefica. Me la ricordo tenermi compagnia al mio primo esame di guida. Un disastro… e come se la rideva! La tecnica per allontanarla è stata fingere, fingere che poco mi interessava delle cose e farle senza troppe seghe mentali. In realtà un bel pantorc, ma ancora meglio un antistress (esclusivamente di metallo che quelli di gomma li ho sfasciati XD). Credo che l’ansia come altri problemi, siano sempre da affrontare. Non esiste fuga che tenga, ci stanno appresso finché non li incontriamo faccia a faccia e ognuno ha le sue armi o tecniche.
Un saluto 🙂
ahahah! Alla faccia dell’agitazione all’ora.. credo anche io, ma per il momento non mi posso permettere che dei mezzucci e sperare che anche la fuga si riveli funzionale almeno nel breve termine. In fin dei conti, anche a cambiare direzione si fanno nuove scoperte.
Un saluto a te.