Guillaume (Guillaume Gallienne) da sempre viene additato come omosessuale da madre (che usava chiamare i propri figli per mangiare dicendo “Ragazzi e Guillaume, a tavola!“[Titolo originale del film]), fratelli, amici, compagni fin dalla sua adolescenza per i suoi modi spesso effeminati. Per “correggere” questa suo modo di essere i genitori lo avevano mandato in svariati collegi e sottoposto a vari tentativi di sport con pessimi risultati. I modi del ragazzo non cambiano e continuano a rimanere pervasi da una identità sessuale confusa ma… e da qui in poi meglio guardare il film.
“Guillaume Gallienne della Comédie-Française ha un complesso d’Edipo talmente esagerato che se deve raccontare sua madre, la interpreta lui.” dice Mauro Gervasini nella sua recensione e sottolinea quella che è effettivamente la trovata geniale di questa commedia autobiografia: in tutto il film è l’attore ad intepretare sia Sé stesso che la propria ingombrante madre. Una trovata irriverente ma allo stesso tempo non totalmente scevra da riferimenti sul vissuto relazionale del suo protagonista, che vorrebbe essere la madre e cerca di imitarla come un esempio da seguire ed ammirare ma allo stesso tempo rimane all’ombra dei suoi giudizi e delle sue imposizioni inconsce nella cornice in cui cerca di relegarlo imponendogli un ruolo e una dinamica che non sono le sue. Del resto, non è poi così raro subire l’influenza dei propri genitori a distanza di anni in maniere totalmente inconsapevoli e che giungono da un passato ormai trascorso e totalmente staccato dal presente ( in modalità più o meno vincolanti).
E dopo questo pistolotto che appesantisce un film da svago andiamo avanti.
Commedia divertente con momenti spassosi (almeno a giudicare dalle risate in sala perché su questo non faccio testo perché non rido quasi mai con i film) e con altri piuttosto delicati. Alcune gag sono irresistibili (per me solo piacevoli) e indiscutibilmente originali mentre altre scadono un attimo nel cliché o nel “mi sembra di averla già vista” ma la discriminante del caso è l’assoluta assenza di volgarità anche in scene come quella del clistere che in mano ai Vanzina (tanto per dire qualcuno a caso) sarebbe diventata invece un monumento al cattivo gusto accompagnato da un tripudio di scoregge. Ci sono luoghi comuni, gestiti con eleganza, risate diffuse e qualche momento serio (forse anche sentito o gigione, non so) e qualche frangente di poesia superficiale come il momento in cui Guillaume è fermo ad osservare con ammirazione tutte le donne che lo circondano intento a cogliere ogni respiro, ogni inflessione della voce, gestualità o dettaglio che si presentano ai suoi occhi visionando una bellezza che spesso agli uomini, al contrario, sfugge
Originale, si ride e non si può definire un brutto film anche se rimane qualcosa che non convince fino in fondo .
O forse sono io che vivo un complesso rapporto con le commedie e finisco sempre per svalutarle.
E’ incredibile quanto sia difficile non sbagliarsi (perfino “Google immagini” fa confusione…) a dire “Tutto su mia madre“. Almodóvar ha lasciato il segno, complice la solita traduzione italiana che, per quanto non fuori tema del tutto e per quanto Guillaume truccato da donna ricordi Agrado, è sicuramente subdolamente ammiccante…
Giudizio in minuti di sonno : Al cinema, quindi niente nanna.