La prima volta in cui sono stato a Venezia avevo sedici anni ed ero con la scuola. L’età e la situazione giusta per non capire un cazzo di quello che avevo intorno. Infatti ho pochissimi ricordi di quei giorni e negli anni avevo conservato la sensazione che non mi fosse piaciuta più di tanto, peraltro senza aver visto praticamente nulla. Gli anni del liceo sono quelli in cui si fa branco perché si sta ancora cercando la propria identità e gli interessi predominanti sono il “devasto” del sabato sera. C’è sempre stata una gara implicita a chi era il più “devastato” in cui, conciarsi in condizioni pietose, vomitare l’anima e arrivare a non capire cosa cazzo potessi aver fatto la sera prima, era sempre un motivo di vanto. Ci si guardava con un certo rispetto nel ricordarsi vicendevolmente sconvolti. Ci si inorgogliva ad amazzarsi di sedativi (ognuno ha il suo, alcol, fumo, droga) e si viveva l’illusione di essere grandi. Ancora adesso in alcuni c’è quell’insito istinto di superiorità del veterano che implicitamente fa dire “ma no, tu facevi poco, quello veramente devastato ero io!“. E’ tutto un “ti ricordi quella volta?“. E nel ricordare “tutte quelle volte”, perlopiù incentrate nelle camere degli alberghi, le città visitate diventano fantasmi di occasioni perse.
Ho avuto la fortuna di ritornare a Venezia per un paio di giorni e riuscire anche passegiare per le calli in un paio di momenti liberi ed è una città veramente come poche altre. Sembra sospesa nel tempo, chiusa nella magia dell’eleganza che contraddistingue qualunque suo scorcio con il timbro dell’unicità. E’ una città irripetibile, suggestiva e bella come poche altre. Passeggiare tra i canali, dentro le calli strettissime o attraversando ponti è un’esperienza troppo insolita per essere metabolizzata nelle prime ore. L’aria che si respira è quella di un gioiello. Le architetture sono eleganti nella città con le strade fatte di acqua. Il silenzio è surreale. Non si sentono macchine, ma solo i rumori delle barche, qualche grido in veneziano (curiosamente sotto la mia finestra un pomeriggio si sentivano anche delle appassionate tarantelle napoletane) e lo scrosciare delicato del mare. E’ come stare sotto una teca trasparente di un universo parallelo fitto di misteri, tra maschere (tanto per andare sui luoghi comuni) e gondole.
Una bellezza con cui riempirsi gli occhi e da cui sentirsi ispirati.
Ma è purtroppo solo un involucro esteriore. La gloria che rimane è quella delle epoche passate, quella delle Repubblica Marinare e delle potenti flotte (se da quando ti alzi al mattino devi stare sopra una barca suppongo che divenga anche piuttosto naturale avere più dimestichezza con il mare che con la terraferma. A posteriori il suo predominio sulle altre città è fin troppo ovvio) perché Venezia ora è anche una prostituta agghindata in tutto il suo sfarzo per il piacere dei turisti. Le strade sono una babele di lingue. Il leone è ormai drogato e in gabbia. Vedere un enorme cartellone pubblicitario in piazza S.Marco è l’equivalente di un pugno sui coglioni. Ovunque ci sono solo alberghi, ristoranti, boutique per i visitatori a prezzi proibitivi e folli. Ci sono pochissimi negozi per gli acquisti quotidiani o piccoli supermercati perché nella corsa al turismo Venezia non ha perso solo l’anima che la rese una potenza, ma sta perdendo pure i Veneziani perché la vita è troppo cara per poterla sostenere, motivo per cui in molti si trasferiscono sulla terraferma e nella vicina Mestre. La vitale Venezia (o almeno così mi piace pensarla ai tempi delle flotte mercantili) che brulicava di attività, sta morendo lentamente, si sta spopolando fino a divenire un mausoleo dei tempi che furono. Un corpo perfetto che sopravvive alla propria decadenza.
Rimane di una bellezza travolgente, ma la sensazione è quella di visitare un cadavere ben conservato, che ha perso tutta la sua essenza, spogliato del suo spirito più profondo per diventare un oggetto vuoto, il fantasma di vecchie glorie imprigionato in una boccia di vetro per il sollazzo di uno sguardo esterno.
E’ una necropoli, ma ancora non lo sa, si sta addormentando lentamente fino a quando andare a Venezia non diventerà il corrispettivo di visitare le rovine di Atene o dei siti Romani.
La caduta dei grandi commuove e mette malinconia, la sua mercificazione mette anche molta tristezza.
Però “I LOVE VENEZIA“.
“A Venezia“ di Arnaldo Fusinato
È fosco l’aere, il cielo è muto,
ed io sul tacito veron seduto,
in solitaria malinconia
ti guardo e lagrimo,
Venezia mia!
Fra i rotti nugoli dell’occidente
il raggio perdesi del sol morente,
e mesto sibila per l’aria bruna
l’ultimo gemito della laguna.
Passa una gondola della città.
“Ehi, dalla gondola, qual novità ?”
“Il morbo infuria, il pan ci manca,
sul ponte sventola bandiera bianca!”
No, no, non splendere su tanti guai,
sole d’Italia, non splender mai;
e sulla veneta spenta fortuna
si eterni il gemito della laguna.
Venezia! l’ultima ora è venuta;
illustre martire, tu sei perduta…
Il morbo infuria, il pan ti manca,
sul ponte sventola bandiera bianca!
Ma non le ignivome palle roventi,
né i mille fulmini su te stridenti,
troncaro ai liberi tuoi di’ lo stame…
Viva Venezia!
Muore di fame!
Sulle tue pagine scolpisci, o Storia,
l’altrui nequizie e la sua gloria,
e grida ai posteri tre volte infame
chi vuol Venezia morta di fame!
Viva Venezia!
L’ira nemica la sua risuscita
virtude antica;
ma il morbo infuria, ma il pan le manca…
Sul ponte sventola bandiera bianca!
Ed ora infrangasi qui sulla pietra,
finché è ancor libera,
questa mia cetra.
A te, Venezia,
l’ultimo canto,
l’ultimo bacio,
l’ultimo pianto!
Ramingo ed esule in suol straniero,
vivrai, Venezia, nel mio pensiero;
vivrai nel tempio qui del mio core,
come l’imagine del primo amore.
Ma il vento sibila,
ma l’onda è scura,
ma tutta in tenebre
è la natura:
le corde stridono,
la voce manca…
Sul ponte sventola
bandiera bianca!
(Spulciando su internet trovo questa poesia di Arnaldo Fusinato, poeta e patriota italiano, che mi è sembrata una degna conclusione. Non ho capito quale sia il titolo tra “Ode a Venezia“, “L’ultima ora di Venezia” o “A Venezia” ma ho scelto l’ultimo dopo aver trovato su questo sito le foto delle pagine del libro originale in cui veniva indicata la poesia con questa dicitura quindi ho pensato che fosse piuttosto attendibile)
Bella la prima parte (descrizione fra le più accurate lette fino ad ora) e anche la parte di Venezia… anche se, come forse ho già detto un paio di volte, la città non mi esalta particolarmente. Probabilmente sono sempre arrivato con l’animo sconvolto, non ricettivo, ma non mi ha mai portato qualcosa di eccezionale. Dovrò rifare un viaggio e provare a contraddirmi.
Ero anche io della stessa idea, pensavo fosse piuttosto sopravvalutata. Non dico che mi esalti, ma ammetto di esserne rimasto molto affascinato questa volta, probabilmente perché era poco affollata e ho avuto modo di godermerla di più. Quello che però mi ha stupito è stato il realizzare la sua natura di città morente, un trofeo che viene esibito come motivo di vanto..
Probabilmente devo andare a vedermi Venezia fuori dai periodi turistici… forse l’apprezzo di più…
ma no Davide, tu facevi poco, quello veramente devastato ero io!
ahahahah! Cazzone.. 🙂 Come darti torto..
Anch’io ho visto Venezia intorno a quell’età, ma anziché con la scuola ero con il gruppo di chierichetti, prima che me ne andassi. Dunque più che lo sballo degno da Una notte da Leoni, era la noia di salmi e preghiere infinite eheh Detto ciò, ammetto che non mi avesse colpito particolarmente, sì suggestiva da cartolina, ma non la città dei miei sogni. La tua descrizione, mi ha incuriosito però. Chissà che non modifichi la mia opinione 🙂
ahahaha! Mi chiedo se la cosa non abbia comunque sortito lo stesso effetto! 😉
La pensavo esattamente come te, non la definirei la città dei miei sogni (forse perché preferisco vivere in posti isolati) però mi sono dovuto ricredere riconoscendole molto più fascino anche se confuso in un senso di tristezza.. Parlando della tua Genova (ma anche mia alla fine), per esempio (tanto per rimanere tra avversari), forse non avrà la stessa bellezza ma, al contrario, ha conservato una vitalità e una autenticità che a Venezia ormai mancano..