Le giornate in compagnia dell’ansia sono difficili.
Perché arriva senza preavviso da qualche meandro del cervello e fa sentire la testa assopita e stanca. Un peso inutile alla sommità di un corpo difficile da gestire.
In quel momento prende il sopravvento l’istinto di autodistruzione. Quello che ti farebbe attaccare ad ogni singola bottiglia che incontri. Whiskies torbati scozzesi con quel pregevole retrogusto affumicato, tequila d’agave, vodka, gin, rum. Senza distinzioni. Alcol come ansiolitico per eccellenza, lubrificante sociale come diceva qualcuno, anestetico della mente. Perché forse vomitare distoglie l’attenzione dal malessere interiore e la concentra su quello fisico. Illude di espellere parti di sofferenza. E forse ci riesce pure. Ma porta via con sé anche la parte virtuosa.
Beviti un bicchiere e non ti fregherà più di niente. Le tensioni spariranno. I pensieri intricati si sciolglieranno insieme a quella ingestibile sensazione a cui non riesci dare una forma, priva di quei contorni definiti che potrebbero permetterti un margine di intervento.
Oppure puoi scegliere di sorridere a tutti cercando di dissimulare ogni cosa, aspettando il tempo necessario affinché tutto passi. Un tempo indefinito. A volte lungo. A volte breve.
Un tempo faticoso, ma passeggero.
Sorridi.
Purtroppo, bisogna riconoscerlo, ogni tanto un buon bicchiere di whisky aiuta
Assolutamente d’accordo. Ogni tanto aiuta eccome.
Bere per allentare quella morsa che stringe, quelle spire che cercano di avvolgere e quei pensieri, quelli sì, che annebbiano.
C’è voglia di ritrovare quella leggerezza e quel sorriso che non devono mancare.
C’è voglia di annullarci per esserci. Presenti davvero in un oceano opaco.
un saluto 😉
Il tuo è un bellissimo commento. E non mi sento di aggiungere nulla perché hai già detto tutto, ma ne approfitto per ringraziarti del passaggio..
Un saluto a te.. 😉
Sei molto gentile 🙂
Grazie per l’accoglienza, a presto dunque 😉
Si risponde con gentilezza alla gentilezza.. 😉
Grazie a te, passa quando vuoi.. 🙂
ci si può annichilire e anestetizzare in molti modi, siamo in fuga, in eterna fuga e anche quando siamo altrove fuggiamo ancora per ritornare..da noi stessi…
noi siamo l’origine e la meta.
un abbraccio A.
Non credo di essere mai stato in grado di fuggire da me stesso, per l’impossibilità ovvia della cosa. E ad un certo punto ho realizzato che forse dovrei provare ad andare d’accordo con me stesso vista la quantità di tempo che ci devo passare.
Hai ragione, siamo la meta. La cosa curiosa è che alla prima lettura del tuo commento ho letto “metà”.
Un abbraccio a te, grazie.
E’ solo un modo per allentare la tensione, che poi comunque finito l’effetto alcolico, ritorna inesorabile ad assalirci..
a volte sembra solo la scelta più facile e veloce.
Meno male che questo passeggero oscuro, prima o poi lo riusciamo a scaricare da qualche parte e allora sì, che sorrideremo!
Abbraccio stretto
Esattamente, un palliativo sintomatico..
Anche perché è piuttosto ingombrante, si sta stretti..
Grazie, un abbraccio a te.
una proiezione?
Sopra il lettino dell’analista sarebbe stato sicuramente un motivo per approfondire. In questo caso è sicuramente uno spunto per riflettere..
è sempre un piacere mio caro Jeremy…
un abbraccio e non riflettere troppo che va bene così…
A
Il piacere è sempre anche mio, lo sai.
Ti ringrazio e ti abbraccio anche io.
🙂
Uhm. Non so se ho mai sentito un uomo parlare in questi termini del vomitare, sai?
Mmmm. Cosa vuoi dire?
che pensavo fosse più una roba da sensibilità femminile caricare di significati quel gesto lì. non so, deliro, comunque bel post, comprendo assai.
Può essere, dovresti dirmelo tu perché per me il pensiero femminile rimane un gran mistero per la maggior parte delle volte..
Ti ringrazio..
Sei stato nominato, sallo.
Bellissimo intervento, quoto tutto…
Grazie..