Henri Charrière (Steve McQueen), detto Papillon per via di una farfalla tatuata sul petto, è uno scassinatore che viene condannato ingiustamente al carcere a vita per l’omicidio di un pappone e poi mandato a scontare nella Guyana Francese, una delle peggiori colonie penali conosciute, nota per la durezza dei trattamenti e la disumanità del regime a cui venivano sottoposti i detenuti. Durante il viaggio conosce il falsario Louis Dega (Dustin Hoffman) e si offre di fargli da guardia del corpo durante la prigionia e in seguito, proprio per difenderlo da una guardia, finisce in isolamento. Dega riesce allora a fare arrivare del cocco di nascosto a Papillon ma le guardie scoprono gli extra e lo mettono in regime di restrizione (mezza razione, buio totale in cella,..) a meno che non si fosse deciso a rivelare il nome del benefattore. Non cede al ricatto e riesce a sopravvivere, arrivando anche a mangiare insetti pur di andare avanti e ad un passo dalla follia e dalla morte. Terminato il periodo punitivo Papillon inizia ad organizzare la fuga con la complicità di un uomo conosciuto in infermeria.. e per sapere il resto basta guardarlo.
Tratto dalla storia vera di Henri Charrière (che si dichiarò sempre innocente) e basato sul romanzo omonimo in cui narra la sua esperienza nella Guyana Francese (benché tale Charles Brunier sostenne che in realtà fosse ispirata ai suo tentativi di fuga, in quanto anche lui detenuto nella stessa galera, pure lui con una farfalla tatuata sul petto e ovviamente francese), i soprusi, le violenze e alle rocambolesce evasioni che l’hanno caratterizzata. Il film uscì nel 1973, lo stesso anno della morte dello scrittore per un tumore alla gola.
Papillon è stato sicuramente un grande successo di Schaffner (noto anche per “Il pianeta delle scimmie” e “I ragazzi venuti dal brasile“) che mise insieme l’arcinoto Steve McQueen e l’ormai consolidato Dustin Hoffman ( fino a quel momento: “Il laureato“, “Un uomo da marciapiede“, “Il piccolo grande uomo“, “Cane di Paglia“, “Alfredo, Alfredo“) in un film che ha fatto storia ed è entrato nell’immaginario collettivo di quei tempi. Il film è duro, granitico, pervaso dal desiderio di libertà e di fuga del suo protagonista che non si piega mai in nessun momento, portando avanti fino alla fine propositi impossibili e realizzabili solo nell’immaginazione. Si alternano momenti di critica a momenti di poesia in una cornice che è perlopiù quella di una storia avventurosa che coinvolge ma sempre ad una certa distanza, portando l’attenzione sugli avvenimenti piuttosto che sui vissuti che, tuttavia, sono piuttosto intuibili dalle apparenze (insomma, non ci vuole molto a capire come possa stare il protagonista dopo l’isolamento). Impressiona, a volte arriva come un pugno e in altri momenti stupisce per l’umanità. La violenza messa in scena soffre, per uno spettatore attuale, di una carenza di efficacia perché il pubblico contemporaneo ormai è abituato a vedere cose ben peggiori, ma quarantanni fa (giusti giusti) doveva scuotere non poco.
Momenti memorabili : alcuni intermezzi ironici (la visita del dottore e la “caccia” al coccodrillo), il periodo di isolamento, Papillon in infermeria appena uscito dall’isolamento, durante il quale si era nutrito solo di insetti, che afferra una cavalletta e la “libera” buttandola oltre le sbarre; l’incontro con il capo dei lebbrosi, il successivo addio e ovviamente il finale del film con la sua frase conclusiva (“Hey, you bastards, I’m still here!“), grido di rabbia e di rivendicazione di chi sopravvive a tutto.
Momento di rabbia: la suora con le sue frasi del cazzo su dio per giustificare il fatto di essere stata sostanzialmente un’infame di merda meritava di essere presa a calci da quel momento fino alla fine del film (e sarebbe stato comunque poco).
Grandiosi i due interpreti, Steve McQueen sarà anche il protagonista con la faccia da duro (E la vita realmente spericolata…droghe, alcol, velocità [apprendo oggi che era anche una delle vittime designate da Charles Manson nella famosa notte in cui Sharon Tate fu massacrata, ma pare si salvò perché la donna che doveva accompagnarlo preferì stare in intimità con lui]) ma Dustin Hoffman è decisamente superiore e più convincente.
Datato, ma sicuramente un ottimo film, è assolutamente da vedere per aver fatto la storia del cinema.
Giudizio in minuti di sonno : Un quarto d’ora durante l’isolamento e poi da metà film in poi. Però urgeva guardarlo tutto in una volta sola ed è stato indispensabile rimandare tutto indietro. Tre volte. Colpa mia, ho iniziato tardi e dura due ore e mezza che, a parte i miei problemi di sonno, scorrono decisamente molto veloci e senza noia.
Film molto significativo, mi ha emozionato.
Significativo é proprio la parola che lo definisce meglio!
Beh poi quel mostro sacro di Hoffman non ne sbaglia una.
Assolutamente. Lui e anche Al Pacino. Avrei aggiunto pure Robert de Niro ma secondo me qualche cagata l’ha fatta negli ultimi anni..
Si purtroppo anche il vecchio Bob ha toppato qualche volta.
bellissima recensione complimenti…
Ti ringrazio..