Il sottile piacere delle piccole vittorie

Tornato a casa dopo allenamento mi metto a mangiare e ripeto il solito rito di tutte le sere. Accendo la televisione. Di solito faccio un rapido zapping di 20 secondi in cui realizzo che come al solito non c’è un cazzo e poi spengo. Sono perseverante ed è un grosso difetto in questo caso. Ma questa sera invece finisco per fermarmi a guardare “Fuga per la vittoria” con Sylvester Stallone ancora non anabolizzato e deturpato dalle plastiche facciali. Sarebbe stupido raccontare la trama perché credo che ormai lo abbiano visto tutti. Il problema non è tanto che lo abbia guardato, quanto che mi abbia fatto salire un attimo di magone. E questo non è un periodo in cui mi sento depresso. Anzi, sono insolitamente in pace. Oppure incoscientemente in pace. Comunque, stavo guardando questo film visto e rivisto e improvvisamente mi sono sentito coinvolto. Forse perchè la resistenza al nazismo è di per sé un argomento coinvolgente e anche perché ognuno di noi magari ha coltivato un desiderio di rivincita contro qualcosa che lo ha oppresso. Non parlo di quelle rivincite ignoranti e becere ma di quella sensazione di liberazione che segue alla riuscita di un progetto o al raggiungimento di un obiettivo tanto ambito. Quella sottile sensazione che si ha quando si possiede la piena padronanza di sé, in uno stato mentale di grazia in cui non stai sprecando nemmeno un istante del tempo che ti è concesso perché non esistono esitazioni. Ed è il fatto di essere tanto ambito che lo rende liberatorio.

Solo chi ha sempre perso gusta appieno il reale valore di una vittoria magari anche anche piccola, solo chi ha preso calci in culo riconosce quanto sia preziosa una carezza.

Sono i Fantozzi (“Come sono fantozziano“) oppure i Charlie Brown e gli Aldo di Venerdì 12 ad avere questo gusto profondo. E non perché agli altri non piaccia vincere. E’ solo uno stato mentale diverso. A volte non è necessario fare grandi cose, vincere grandi competizioni o dimostrare di primeggiare sempre. Perché tanto non lo si può fare in eterno. A volte bisogna solo sapersi godere i momenti in cui si ha avuto la possibilità di liberarsi da un certo peso. “Parli così perché non hai mai vinto un cazzo” mi potrebbero dire. Ed è vero probabilmente. Ho sempre simpatizzato per la parte “sbagliata” della barricata. Perché preferisco Davide a Golia e preferirò sempre Ettore ad Achille. Il pelide era solo un frignone capriccioso cosciente di essere praticamente invincibile. Così è facile. Invece Ettore va a combattere sapendo di perdere e questo non è da tutti. In uno dei miei frammenti post adolescenziali avevo scritto che “chi non può perdere mai sarà vittorioso“.

Il titolo era “Ettore“, ovviamente.

Alcuni obiettivi li ho raggiunti, altri li ho mancati ed entrambe le cose si ripeteranno ancora. Però se penso ad un momento in cui mi sono sentito di aver vinto è stato proprio dopo una partita di pallone. Chiariamo subito : odio il calcio e sono una chiavica. Non amo gli sport di squadra perché non ho voglia di farmi rompere i coglioni dalle primedonne ipercompetitive. Preferisco gli sport da combattimento perché sono il solo responsabile di me stesso. Ma più di tutto mi destreggio con la palla come un robocop con i piedi a banana. Non solo, stiamo anche parlando di una banale partita di pallone, per giunta disputata ai tempi del liceo. La cosa più insignificante che possa venire in mente.

Ogni anno si organizzava il torneo di calcetto a cui partecipavano tutte le classi dell’istituto, venivano scelti quelli più bravi (in cui io ovviamente non figuravo) e iniziavano le competizioni. Quell’anno l’insegnante di ginnastica ebbe l’idea di fare una partita intraclasse costruendo ad Hoc una squadra A e una squadra B (ritengo del tutto superfluo specificare i significati delle lettere e in quale delle due giocassi) ma ovviamente era un pro forma tanto per farci fare qualcosa.

La Snai ci avrebbe dati per spacciati dopo 5 secondi dal calcio d’inizio.

Ricordo di aver fatto una battuta ad uno di loro che mi rispose qualcosa del tipo che se avessimo vinto noi sarebbe andato a baciare una ragazza della scuola non propriamente nota per la sua avvenenza.

Beh, non so come abbiamo fatto, ma quel giorno abbiamo vinto noi.

Fanculo alla Snai.

E ripenso ancora alla cosa con piacere.

Non abbiamo vinto la coppa del mondo, ma abbiamo vinto contro un destino che non ci dava speranze. Non è la dimensione della competizione a rendere grande qualcosa ma lo spirito con cui riesci a vivere certe rivincite.

E io avevo goduto come un riccio.

Anche se il mio compagno non ebbe il coraggio di baciare nessuno.

Chiaramente non potevamo andare noi al torneo (non conveniva a nessuno, tutto sommato) e quindi per ovviare a questo evidente problema si fece la partita di ritorno (che non era prevista).

Perdemmo per differenza reti.

A volte non è realmente importante vincere sempre, quanto riuscire a vincere nel momento giusto, fosse anche uno solo.

 

2 pensieri su “Il sottile piacere delle piccole vittorie

  1. Uhmmm, la vittoria è una percezione spesso molto personale di un dato evento.
    Soprattutto in tutti i casi in cui quella vittoria è nei confronti di sè stesso.
    E devo ancora mandarti la mail!

    • Credo che non debba essere una cosa necessariamente condivisibile o riconoscibile per forza da tutti come tale. Assolutamente non scappo e spero di riuscire ad esserti d’aiuto.. 🙂

Secondo me....

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