James Clayton (Colin Farrell) è un giovane esperto di informatica che viene assoldato dal reclutatore Walter Burke (Al Pacino) per entrare a far parte della CIA. L’addestramento di James avviene in un campo chiamato “La fattoria” (con quel sapore vagamente da Reality [e in effetti c’erano telecamere ovunque per controllare gli allievi {Walter Burke sospetto sia un guardone} esattamente come nello squallido format televisivo di cui sopra]) dove viene sottoposto a svariate prove e test in cui emerge come una delle reclute più intelligenti del suo corso e al termine del quale viene incaricato di trovare una talpa all’interno dell’agenzia. La principale sospettata è Layla (Bridget Moynahan [mi dicono abbia recitato ne “Le ragazze del Coyote Ugly“. Mai visto. E nemmeno credo colmerò questa lacuna], una compagna di corso con cui James inizia una relazione e su cui inizia contemporaneamente ad indagare.
Le regole che Burke ripete fino alla nausea sono “non fidarsi di nessuno” e “niente è ciò che sembra” e forse è per questo che ogni colpo di scena è assolutamente prevedibile. Non mi piace svelare troppo i film o rivelare i finali quindi non vado oltre ma devo comunque dire che la trama scorre all’insegna del “Ah, ora succede questo” o dei “secondo me viene fuori che..“.
E non si sbaglia mai.
Dal primo minuto fino all’ultimo si sa già quello che succede, nessuna sorpresa. Poca suspance e azione, scorre tutto come da copione già visto e rivisto. E’ un film da vedere in quelle serate in cui anche Die Hard sembra troppo impegnativo. La regola del sospetto infatti non impegna con strane macchinazioni cervellotiche o sforzi mentali. L’ideale per quelle serate in cui si vuole solo passare il tempo, guardando un film che dopo cinque minuti si dimenticherà di aver visto.
Il pregio è comunque quello di avere nel cast una sacra icona come Al Pacino che sa essere trascinante e godibile sempre e comunque, anche in film trascurabili come questo. Stesso discorso vale per Colin Farrell la cui carriera a quei tempi era in forte ascesa dopo film come “Phone Booth – In linea con l’assassino” di Joel Schumacher, “Tigerland” (che mi risulta essere un bel film benché non l’abbia ancora visto] e “Minority Report“, tanto per citarne qualcuno. Rivaluto per un attimo la bravura di Colin Farrell quando leggo che a 17 anni aveva partecipato ad un provino per far parte dei Boyzone, ma catalogo il tutto come errore giovanile e proseguo oltre.
Sinceramente dopo aver visto le scene di addestramento dei marines in Full Metal Jacket o anche solo quelle del più blando Gunny ( il cui motto “Improvvisare, adattarsi e raggiungere lo scopo!” viene riproposto in una fiacca e poco incisiva reinterpretazione senza personalità) e quelle proposte in questo film, ho maturato la solida convinzione che gli uomini della CIA siano degli sfigati anche di fronte a uno come Johnny English.
Ma che cazzo di missione può mai essere quella di andare in un bar ad abbordare una donna?
Mi è quasi sorto il dubbio che la CIA, questo spauracchio mondiale temuto ovunque (come dimenticare il noto successo ottenuto nella Baia dei Porci? I cubani ridono ancora adesso [scherzi a parte, non oso immaginare che casini facciano]), in realtà avesse la stessa professionalità di quelle Agenzie che propongono corsi su internet per diventare investigatori privati. E a giudicare dall’espressione dubbiosa (?) di James qui sotto sono quasi certo che prima di approdare alla CIA deve aver sicuramente frequentato uno di quei corsi farlocchi.
Giudizio in minuti di sonno: Venti minuti buoni a metà film. Mi addormento che James è al computer e mi sveglio che è di nuovo al computer. Quasi non mi accorgo del vuoto temporale…
Facciamo un appello ad Al: non buttarti giù, anche se hai fatto questo film del menga, non vuol dire che tu debba fare l’ospite fisso ad Amici di Maria. Riprenditi, Al.
Evitare certi eventi sarebbe un buon inizio…