Il grande Gatsby – Francis Scott Fitzgerald

Navighiamo di bolina, barche contro la corrente, riportati senza posa nel passato.

Il romanzo di Fitzgerald si conclude con questa frase che incarna uno dei temi principali e la vera ossessione del suo protagonista: il passato. Jay Gatsby (pseudonimo di James Gatz) è un uomo che vive nel desiderio di riprendere un sogno lasciato in sospeso 5 anni prima, quando si era innamorato di Daisy e con cui aveva iniziato una breve relazione interrotta dalla sua partenza per la guerra.

L’appartenenza a due mondi separati, ricca lei, di umili origini lui, rappresentavano un ulteriore ostacolo alla loro unione. Gatsby è consapevole di tutto questo ma non demorde mai, nemmeno quando scopre che Daisy si è sposata con l’odiosissimo9788807948886 Tom Buchanan (tra l’altro poco dopo la sua partenza in guerra, per dire..). Ogni suo sforzo diviene quindi orientato al portarsi allo stesso livello sociale della donna, per poter interloquire alla pari e per poterle dare quella sicurezza economica di cui lei sentiva la necessità e che lui sentiva di doverle dare. Il denaro e il potere che Gatsby ottiene negli anni mediante attività illecite tuttavia non sono lo scopo primario ma solo un mezzo per arrivare a quello che è il suo vero oggetto del desiderio: Daisy. Non ha vero interesse per la ricchezza, perché si muove sempre con indifferenza tra i beni e i simboli del potere che potrebbe ostentar di cui invece parla sempre con eleganza e distacco, il suo è in realtà un percorso parallelo per arrivare ad un bene superiore. Un sogno d’amore che lui insegue tenacemente e anche stupidamente, se vogliamo. E’ troppo immerso e cristallizzato nella sua passione per andare oltre rimanendo avviluppato ad un passato di vecchi splendori che interiormente però fungono da motore del suo successo.

Gatsby riesce infatti ad ottenere ciò che gli era necessario per il suo scopo anche se andando fuori dalla legge. Non è un brigante, un bandito, anzi, è un uomo dalle movenze distinte e gentili ed è la vera vittima di un sistema superficiale di legami, di affetti e di apparenze opportuniste. Quando è fuori dalla casa di Daisy preoccupato per la sua salute, lei sta nel frattempo progettando la fuga insieme a Tom per mettersi in salvo dalle conseguenze dell’incidente che lei stessa aveva provocato ma che ricadranno fatalmente su Gatsby (“La disonestà in una donna non è mai qualcosa che si biasima fino in fondo.” dice Fitzgerald riferendosi però ad un altro personaggio del romanzo [chissà che non si riferisse alla sua Zelda]). Come dice Silvia Plath (e ho adorato questa definizione pienamente azzeccata ma atroce) “Il cavaliere aspetta fuori; il drago va a letto con la principessa.” Questa è un’affermazione innegabilmente vera e allo stesso tempo terrificante perché mette Gatsby nella condizione di essere il gobbo Quasimodo, puro, limpido e come tale, uno sconfitto e non l’uomo di potere che era diventato.

Tutto è stato inutile e i sogni e gli idealismi di Gasby si infrangono come l’illusione che erano durante un bagno in piscina (Non voglio svelare il finale perché per me è stato un vero colpo di scena).

La realtà era effimera e si palesa nel finale tutta la solitudine di Gatsby che fino a quel momento era più una sensazione, un’intuizione nascosta e celata dalle miriadi di feste e dalle persone che lo circondavano le quali erano, in realtà, solo schifosi opportunisti.

Forse perché dove ci sono affari, non ci sono affetti; gli amici non esistono.

Premesso che ho incontrato qualche difficoltà iniziale con questo romanzo (ma non mi è chiaro se per qualche limite mio o per il suo stile) Fitzgerald ha la capacità innegabile di aver costruito un romanzo sul “vago”. Benché il protagonista sia Gatsby in realtà viene presentato fisicamente solo a romanzo inoltrato, fino a quel momento è solo un nome che si ripete in maniera indefinita, una presenza evanescente e nebulosa senza alcuna sostanza. Tutto quello che gli riguarda è mistero, leggenda, pettegolezzo. Distribuisce un continuo vociferare, spesso maligno, tramite gli altri personaggi o comparse intorno ad un uomo che quando finalmente si rivela dimostra di essere sostanzialmente un pulito nei modi di fare (del resto Fitzgerald ci avverte anche che “Quasi tutti gli atteggiamenti affettati celano qualcosa alla fine, anche se all’inizio non sembra“). Viene giudicato sulla base dei suoi giri illeciti, ma è nell’animo veramente “grande” come recita il titolo. Le descrizioni delle situazioni e dei dialoghi hanno qualcosa di cinematografico e visivo, Fitzgerald gioca sui tempi, sulle sospensioni, sul sottointeso, sul non detto, sulle scene semplicemente tagliate e di cui ci vengono presentate le dirette conseguenze. La trama è destrutturata nella sua linearità e viene ricostruita solo procedendo nella lettura, raccogliendo indizi, perché tutto il romanzo è come un enorme puzzle di cui i pezzi vanno a posto un poco per volta e ci portano a scoprire chi fosse Jay Gatsby, o meglio, cosa avesse fatto perché il “chi fosse” ci viene detto solo alla fine: una vittima.

Del resto già dalle prime pagine lo scrittore ci ricordava che “la personalità è una serie ininterrotta di gesti riusciti.

2 pensieri su “Il grande Gatsby – Francis Scott Fitzgerald

  1. La bellezza del Grande Gatsby è proprio legata alle sue movenze ad un’eleganza patinata che ti trascina nel corso di tutto il libro, anche nelle parti più drammatiche. Era un’eleganza, quella di Fitzgerald che ho ritrovato anche in Tenera è la Notte, dove una vita lenta ed agiata è scandita in un ritmo di vita (sicuramente per privilegiati!) fatto di preziosi attimi avvolti da una luce sempre morbida dai confini appena sfumati.

Secondo me....

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