Potrei essere su Marte

Il mio gatto è irriducibile. Prima o poi gli dedicherò un post (ci sto pensando da alcune settimane, ho già pronto il titolo) perché le sue idiosincrasie meritano di essere raccontate. Sono otto giorni che deve stare in casa con il collarino perché ha preso l’otite e gli acari nelle orecchie e per lui la cosa rappresenta una tortura. Anche per noi. Sono otto giorni che non viviamo. Miagola insistentemente e ripetutamente con la cadenza di un metronomo. Ogni cinque secondi. L’ho cronometrato. A volte aspetta dieci secondi. Ma dopo fa due miagolii di fila per recuperare. Oggi sono tornato dal lavoro e mi inseguiva per tutta la casa, mentre mi cambiavo per andare a spalare la neve, miagolando con toni, tra il frustrato, l’isterico e il demente. Non ero proprio di umore gaudente ma quando sono passato con la pala da neve sotto la finestra e l’ho visto miagolare insistentemente nella mia direzione, da dietro i vetri, non ho potuto fare a meno di mettermi a ridere da solo. Forte e sguaiatamente. Insisteva anche di fronte all’inutilità della cosa. Lui è veramente l’essere più irriducibile che abbia mai visto o di cui abbia mai sentito parlare (anche in questo momento sta miagolando con tutta la voce che possiede e posso assicurare che manda fuori di testa).

Ho riso. Almeno fino a che non ho riguardato verso quella finestra da più lontano (le cose sono sempre più chiare viste da lontano… o da uno specchietto retrovisore [cit.]); mi sono fermato a guardare quello sfrangiamaroni di gatto (non si metta mai in dubbio il bene che gli voglio) e mi sono accorto che mi sento imprigionato quanto lui. Forse fuori non è il massimo della vita, fa freddo e c’è la neve, ma non è detto che stare chiuso al caldo di una casa sia un’alternativa realmente desiderabile. La sicurezza non sempre è scambiabile con la libertà e allo stesso modo non è con benefit e privilegi che si riesce a motivare qualcuno a fare qualcosa che non sente come proprio.

In altri aspetti non sono come lui. Non sono irriducibile. Mi devo adeguare. (Altrimenti sarei “Choosy”) Anche se in più occasioni ho constatato che le volte in cui ho buttato qualcosa di me nella merda, prima o poi, mi è sempre toccato sporcarmi per andare a recuperare quanto avevo gettato.

In tutto periodo questo penso che potrei essere su Marte (La canzone di Alice Cooper aveva significati e riferimenti diversi ma non posso fare a meno di immaginare certe cose quando la sento) a camminare sul pianeta rosso. E ci vorrei essere veramente. In silenzio, da solo. Lontano. A cercare soluzioni alle domande e ai dubbi. Come se le risposte che cerco fossero realmente così distanti da dove mi trovo ora e fosse indispensabile andare sopra un altro pianeta per trovarle (Non solo, su Marte potrei mettere distanza tra me e questa realtà, tutte le realtà).

Ma c’è una nota positiva: le risposte saranno pure lontane, ma almeno esistono. Che per un pessimista rappresenta una nota di ottimismo pervasivo.

Non sento più miagolare.

Guardo il gatto: si è addormentato.

Non sono diventato sordo.

Un pensiero su “Potrei essere su Marte

Secondo me....

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