Me ne tornavo a casa nella nebbia accompagnato da Midnight City degli M83 (che mi ostino a chiamare M38 [come una pistola? che abbia una passione soffocata per le armi?] e non ne capisco il motivo). La trovo malinconica e non capisco il perché (non faccio testo, sento malinconia ovunque, anche in I get Around dei Beach Boys [e comunque non cambio idea!!]), sarà perché continua a ripetere “Waiting in a car / Waiting for a ride in the dark” ed il pensiero dell’attesa di qualcosa ha sempre un che di triste (l’estate scorsa ho letto finalmente Il deserto dei Tartari e mi ha devastato la psiche: ho iniziato ad essere fermamente convinto di stare sprecando tempo e buttando nel cesso la mia vita. E se non lo sto facendo, corro pesantemente questo rischio): passare il tempo ad espettare qualcosa non è la migliore delle prospettive. Una persona di cui ho molta stima oggi mi ha nominato il destino ed in questo ritorno in macchina (con il dovuto accompagnamento musicale) e mi sono trovato a pensare a cosa mi possa riservare. La mia bisnonna pare dicesse “Quello che il destino ti ha dato nessuno potrà togliertelo“.
E’ una bellissima frase. Soprattutto perché ho pensato subito a qualcosa di piacevole nel mio futuro. La ferma convinzione e l’inviolabile sicurezza che quello che stai cercando arriverà.
Cazzo che bello.
E se il destino ti avesse riservato anni di rotture di coglioni?
Cazzo, no (Che poi anche la sfiga ha un ruolo importante. E’ formativa. Ma non chiedetemi di essere grato [anche se in un certo senso dovrei anche esserlo] a chi mi ha fatto stare male perché anche a distanza di anni, se potessi, qualche tranvata la distribuirei volentieri con sommo piacere. Tuttavia nel bene o nel male mi hanno fatto diventare quello che sono oggi [i dubbi sul fatto di dover essere “grati” diventano ancora più profondi]) non voglio nemmeno immaginarlo. Mi piace pensare che il destino mi riservi qualcosa di bello (idea vagamente cattolica, il paradiso che ci aspetta, ecc., ma funzionale indipendentemente dalle mie posizioni religiose) e non smetterò di farlo anche se rimarrà confinata tra le speranze, tra gli obiettivi da perseguire e raggiungere.
Perché la mia convinzione è un’altra.
Non credo che ci sia qualcosa di scritto, non credo che tre vecchiacce passino il tempo a filare le trame dei destini (le parche erano tre? ma soprattutto facevano così? La mia cultura classica ha molti vuoti..) e che sia tutto deciso. Credo alla sorte (si va bene, è un modo molto simile per dire “destino” ma non fissiamoci sulle parole) ma intesa come casualità. Le cose capitano per caso, sono imprevedibili ed aleatorie. La differenza siamo sempre noi a farla, semplicemente scegliendo alcune tra le tante possibilità che si presentano, sfruttando un’occasione piuttosto che un’altra. Non sappiamo cosa uscirà con i dadi, ma siamo noi a tirarli e a scommettere sul punteggio che uscirà. La casualità ci assegnerà un punteggio vincente o perdente. Ma non è deciso a priori che si vinca o che si perda. (Con il senno di poi ci riempiamo i cessi, non i fossi) C’è solo una cosa che è il “destino” a scegliere: la nascita; perché non dipende da noi. Il resto è tutta una questione di scelte le cui conseguenze dipendono direttamente o indirettamente dalle nostre azioni. Compresa la morte. L’obiezione che mi ha fatto un amico è stata appunto che le persone non scelgono di morire. E mi ha portato l’esempio di una ragazza che è morta andando ad un concerto dall’altra parte del mondo. Secondo lui era destino. Dal mio punto di vista è vero che non ha scelto di morire, ma ha fatto una scelta, inconsapevole ma comunque una scelta, che l’ha portata (suo malgrado) verso quella conclusione. Chissà quante volte avrei potuto morire se fossi uscito di casa prima, dopo o in orario, quante persone meravigliose in più avrei potuto conoscere (o magari quanti rompicoglioni mi sarei risparmiato!) se avessi girato una strada piuttosto che un’altra. E’ sempre tutto nelle nostre mani, tranne quando subentra la casualità (da altri visto come destino scritto e deciso).
E’ bello, in questo senso, chiedere alle coppie come si sono conosciute. Spesso c’è un’azione che in qualche modo ha fatto la differenza, sedersi ad un tavolo piuttosto che un altro, accettare un invito o rifiutarlo, rimanere o andare, rispondere o tacere.
La sorte dona le occasioni; sfruttarle, aggirarle, rifiutarle sta sempre a noi. Ogni merito e ogni “colpa” sono nostra proprietà esclusiva anche quando non andiamo a cercarla in maniera specifica.
Parlando ovviamente dell’imprevedibile.
Perché se decidi di andare a rigare la macchina di Mike Tyson allora, al contrario, il tuo destino è veramente scritto e le conseguenze del tuo gesto non solo sono perfettamente prevedibili, ma proprio assolutamente certe.
Ma per i giorni di prognosi bisogna rivolgersi al medico competente.
Un pensiero su “Conseguenze di una parola e una canzone”