Comunicazioni di genere

Ogni sera mentre mangio tornato dai miei giri mi ostino a guardare 5 minuti di televisione. Faccio zapping per tutti i canali e poi spengo. E ogni santa sera mi chiedo il perché. Sono 5 minuti della mia vita sprecati che nessuno mi ridarà mai indietro visto che non c’è mai un beneamato cazzo da guardare (Ebbene si, sono perseverante). Stasera però ho beccato la fine de Il Laureato e, porca miseria, non mi ricordavo che Dustin Hoffman nella scena finale del matrimonio, allontanasse gli invitati che cercavano di aggredirlo brandendo un crocifisso. Divento vecchio. E’ il genere di cose che dovrei ricordare e apprezzare. Per la pura dissacralità (non so se si possa dire ma mi piace) del gesto.

Del resto l’amore fa fare cose stupide.

O forse ci si sente stupidi.

Nel mio caso no, ero proprio stupido.

O almeno così dovevano sembrare i miei tentativi di comunicare con l’altro sesso.

A maggior ragione se mi piaceva. Solitamente diventavo goffo e maldestro in maniere abominevoli, riuscivo a dire delle cazzate di cui non ero in grado di capacitarmi (dopo, sempre dopo). Siamo sulla falsariga di quella puntata di Friends in cui Ross e Chandler vogliono convincersi di essere ancora bravi ad approcciare e, avvicinandosi a due bionde, Ross, prendendo spunto dalla prima pagina del giornale che stava leggendo una delle due, dice ” Ah, un’altra inondazione in Honduras [o un altro posto qualunque].. ma voi preferireste morire affogate o bruciate vive?“. Ecco, rende l’idea del livello di disinvoltura che assumo. Che poi forse i problemi di comunicazione ci sono anche dall’altra parte. Se ti voglio offrire un caffè dopo che mi hai fatto un favore non sto necessariamente tentando di entrare nel tuo letto (poi ci sono anche le persone con queste intenzioni); se ti saluto mentre ci incrociamo a correre, non sto tentando di entrare nelle tue mutande, semplicemente si usa così (nello specifico io non sarò un adone, ma questa non era neppure particolarmente avvenente e suppongo nemmeno altrettanto simpatica [ok, magari aveva solo i cazzi suoi però un saluto e un sorriso non costano]). Diciamo che può succedere (insomma, sarebbe anche normale, si cerca di conoscersi anche per quello, no?), ma non è strettamente necessario.

Anche i complimenti sono un problema.

Ormai non puoi più dire “Hai un bel sorriso” o “Hai un bello sguardo” perché sono talmente inflazionati che subito pensano che il tuo reale pensiero sia “Hai un bel paio di tette” e ” che bel culo”. [Non siamo ipocriti, ci si deve piacere anche fisicamente, fa parte dell’essere attratti vicendevolmente, ma, porca puttana, posso anche essere stato colpito da altro, no? Del resto, di questo la colpa è anche nostra…].

Non ha importanza che tu lo pensi, tanto non ci crederà nessuno.

Nemmeno i tuoi amici.

Ovviamente.

Anzi, a loro nemmeno lo devi dire onde evitare di essere bollato come quello “strano”, quello a cui “interessa conoscere la gente”, quello che “con le ragazze ci parla”. Ed è difficile da spiegare quanto questo non precluda il lato fisico, ma semplicemente si dia una successione diversa all’incontrarsi. In realtà inizio a pensare che questa cosa sia chiara solo a me, visto che non trovo comprensione da nessuna parte. Una volta un mio amico mi disse che pretendo di giocare con regole diverse da quelle usate nel campo da gioco. (Forse si riferiva ad altro ma va bene uguale). E in effetti mi ci vedo in mezzo ad un campo da pallone vestito da judoka convinto di non stare sbagliando nulla.

Il che facilita di molto le incomprensioni.

Questi problemi di comunicazione sono sempre rimasti accompagnati alla ferrea convizione che tanto sono le donne a scegliere (pare lo abbia detto Marilyn Monroe ma non mi sono mai preso la briga di verificarlo, quindi non so) e che io mi sia sempre comportato come un sasso, in attesa di essere raccolto. E ovviamente qualche volta è capitato (questa invece l’ho presa in prestito da Erri De Luca, Il peso della Farfalla mi pare).

Il fatto che siano le donne a decidere (non è polemica e nemmeno maschilismo) è stato (più o meno) l’insegnamento di mio padre. E’ stata una scena che in qualche modo mi ricordava di quando Homer Simpson paragonava le donne prima al frigo e poi alla birra (pura poesia), e nel mio caso è stato altrettanto istruttivo:

eravamo in sala e mio padre stava aiutando mia madre a piegare le lenzuola (ogni tanto lo faccio anche io, quindi posso confermare che questa è la pura VERITA’). Ogni volta che piegava da un parte subito mia madre diceva “No, dall’altra”. A quel punto mio padre (non aveva girato dalla parte “giusta” nemmeno una volta) si gira verso di me e mi dice:

<< Vedi, non è importante da quale parte tu giri il lenzuolo, tanto ti diranno sempre che lo hai girato dalla parte sbagliata. >>

(Oppure siamo noi a non vedere quella giusta)

<< E non c’è una parte giusta! Perché quando tua madre e tua nonna lo piegano insieme, non riescono mai a mettersi d’accordo da che parte girare il lenzuolo!>>

Questa era (ed è!!) l’evidenza nonostante mia madre negasse ad oltranza ( non ha mai saputo fornire una spiegazione valida, ripetibile e comprensibile per noi di “parte giusta verso cui girare il lenzuolo per piegarlo”. Semplicemente era “l’altra” rispetto alla nostra).

Ma credo che, a suo modo, mio padre in realtà intendesse dirmi molto più semplicemente (a seconda dei punti di vista) che le donne non vanno capite, vanno amate (Oscar Wilde).

E basta.

Secondo me....

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...