Il riferimento a Peter Cameron è piuttosto ovvio ma in realtà non è del romanzo che parlerò. L’ho letto l’anno scorso e mi era pure piaciuto benché senza particolari entusiasmi.
Comunque..
Due giorni fa, la sera della vigilia, mi sono messo a pulire camera e avevo bisogno di una colonna sonora. Mi metto a spulciare fra i miei cd e in un angolo remoto emerge qualcosa che era rimasto seppellito da quasi dieci anni: “Fourth Dimension” degli Stratovarius (gruppo metal finlandese, per chi non li avesse mai sentiti nominare).
Erano dieci anni che non avevo il coraggio di ascoltarlo. E questo perché ho una tara (una delle tante). Visualizzo e collego ogni cosa che mi capiti nella vita con periodi o persone. Quindi se si collegano a persone che mi stanno sul cazzo o periodi infelici, automaticamente seppellisco queste cose, non le uso più, non le ascolto, non ci vado, non ci gioco, e così via. A volte le butte anche. Sono capace di non leggere libri o ascoltare certe canzoni solo perché me l’hanno consigliati persone che detesto o perché sono venuto a sapere che sono tra i loro preferiti.
In quel caso non sarei oggettivo (anche se mi sforzo sempre di esserlo) quindi preferisco evitare.
Nel caso di questo album, esso è associato ad uno dei periodo più brutti della mia vita. Quello in cui ero troppo impegnato ad essere depresso per fare qualunque cosa che non fosse deprimermi. Quelli in cui ti senti talmente a disagio, infelice e pieno di sofferenza da non riuscire a vedere un domani, quelli in cui raschi il fondo nel tentativo di cadere sempre più in basso.
L’adolescenza insomma.
“Fourth Dimension” viene proprio da quel momento. Essendo profondamente infelice mi uccidevo riascoltando ogni santo giorno quel cd, assaporando fino in fondo ogni sfumatura di sofferenza che ne veniva. Ascoltare quelle canzoni mi faceva male e io non potevo fare a meno di riascoltarle per farmi ancora più male (era coazione a ripetere o sano autolesionismo?), il che rendeva sempre più difficile il riuscire ad uscire da quello stato mentale funereo. Ci sentivo una sorta di disperazione e malinconia affine al mio stato d’animo (cosa piuttosto comune) e quindi mi rosolavo a fuoco lento nel mio stesso malumore.
Ero il mio più feroce carnefice e più sadico torturatore.
Fino a che non è scattato qualcosa. Mi sono reso conto che con me stesso avrei dovuto passarci molto tempo e forse mi conveniva iniziare a volermi un attimo bene.
Ascoltare quel cd ha perso subito senso e quindi l’ho semplicemente cancellato e tenuto il più lontano possibile.
Per dieci anni.
Fino all’altro ieri.
Lo metto dentro al lettore, alzo il volume dello stereo e inizio ad ascoltarlo mentre metto in ordine e pulisco.
La prima constatazione è che non mi fa nulla.
Nessun ricordo, nessuna malinconia, nessuna tristezza. E già questo è un sollievo (diciamo che se mi sono preso la briga di risentirlo è perché ero piuttosto sicuro che fosse totalmente innocuo).
Quello che mi stupisce è un’altra cosa.
Ci sono canzoni che rimangono sempre belle, a qualunque cosa la si associ o indipendentemente dall’umore in cui si decide di ascoltarla.
“Imagine” è bella. Sempre.
Invece lentamente realizzo una cosa: questo cd fa veramente schifo.
E’ noioso.
Il cantante sembra che si lagni di quanto la sua vita faccia schifo o lo stia prendendo a calci nel culo. Ma cosa sono, Emo? A me gli emo stanno sulle palle. (Sta a vedere che ero un precursore degli emo ma senza pettinature al compressore).
Che due coglioni.
Non riesco ad andare oltre al minuto di ascolto di ogni canzone perché mi sembrano veramente terribili e insignificanti.
Ma cosa cavolo ci sentivo?
Anche con i Nirvana mi sono distrutto le orecchie (e anche loro in quanto ad allegria.. ) però, cazzo, ogni volta che li ascolto li trovo dei grandi!
Apro il libretto per guardare i testi delle canzoni e mi cade l’occhio sulla foto del gruppo. Forse non li ascolterò più con lo stesso orecchio ma i dubbi sono sempre gli stessi:
Il secondo da sinistra è un uomo con tratti femminili o una donna incredibilmente brutta?
(Anche leggendo i nomi non sono mai venuto a capo di questa cosa e sinceramente non mi interessa saperlo.)
L’ultima cosa che realizzo è che nonostante tutto, sono sopravvissuto. E non è una cosa così scontata; sul momento sembra tutto finito, che non ci siano speranze o vie di uscita, che la luce in fondo al tunnel sia solo un camion che guida in senso contrario (o un treno o un aereo nei casi peggiori). Quello che non uccide forse ci rende veramente più forti, se solo si ha la costanza di resistere.
Cervantes diceva che la sorte lascia sempre una porta aperta nelle disgrazie, per mettervi riparo.
E io mi fido di uno che ha avuto una vita sfigata come lui.
Affanculo gli Stratovarius.
Ho messo 1984 dei Van Halen.
E con Jump ero già in volo.